Youth Media Days a Napoli: precari di oggi, giornalisti di domani.
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di Jacopo Franchi Per una volta, un Festival dedicato al giornalismo ha affrontato il tema della precarietà. E lo ha fatto a Napoli, dove più del 60% dei giornalisti è precario. Una condizione lavorativa che non dipende solo dalla (insufficiente) retribuzione. La precarietà che i giovani cronisti vivono nel Sud Italia è quella delle tre E: emotiva, esistenziale ed economica.
“A disoccupazione pure è un grave problema a Napoli, che pure stanno cercando di risolvere... di venirci incontro... stanno cercando di risolverlo con gli investimenti... no, soltanto ca poi, la volontà ce l'hanno misa... però hanno visto ca nu camion, eh... quante disoccupate ponno investi'? [...] cioè, effettivamente, se in questo campo ci vogliono aiutare, vogliono venirci incontro... na politica seria, e ccose... hann' 'a fa' 'e camiòn cchiù gruosse.” Massimo Troisi.
Il 23 settembre 2012 soffiava un vento leggero nella calura di Napoli: era, quello, l’anniversario numero 27 della morte di Giancarlo Siani. Il primo giornalista ucciso dalla camorra.
Nello stesso weekend, al Palazzo delle Arti di Napoli, sotto la direzione di Simone D’Antonio, presidente di Youth Press Italia, abbiamo potuto toccare con mano la situazione del giornalismo in questa parte del Belpaese. Davanti a un pubblico misto di ragazzi e ragazze, dall’età adolescenziale a quella fascia d’età dove si dovrebbe essere già giornalisti fatti e finiti, si sono alternate sul palco storie di “giornalismi coraggiosi” ( Lirio Abbate, Pino Scaccia, i ragazzi di Radio Siani), giornalismi universitari, digitali e “abroad” (tra cui Cafebabel ).
Quando ti ritrovi dalla parte del pubblico, ascolti e ti interroghi sulle ragioni di tanto vociferare sul precariato e la dignità del cronista. Arriva la prima pausa, ti alzi dalla sedia, ti metti a vagare da un piano all’altro per ingannare il tempo, e viene naturale parlare con i tuoi vicini di posto. Basta qualche domanda, e scopri che questo è un giornalismo di prima linea, dove la precarietà non vuol dire soltanto “5 euro ad articolo, senza contratto di assunzione”.
“Dopo la pubblicazione di un articolo sulla camorra, due uomini mi hanno strattonata violentemente in mezzo a una strada”, racconta una ragazza dello staff, alta sì e no un metro e sessanta. “Quando non è la cronaca nera, ci sono i politici che ti guardano e ti dicono ‘basta con questi virgolettati’”, continua. “L’articolo è uscito lo stesso. Ma il giorno dopo ho smesso di scrivere. Per 5 euro a pezzo, non ce la facevo più”. Frasi riportate velocemente, storie che passano dietro le quinte del Festival e che confermano quanto viene detto sul palco da reporter più noti.
Questa ragazza, vittima di un’aggressione, per il momento ha smesso di scrivere. E come darle torto? Ma l’articolo per cui l’hanno aggredita, è uscito lo stesso. Lei ha vinto. Gli editori, i politici, tutta la società che non è in grado di tutelare (economicamente, socialmente) i suoi servitori dell’informazione, ha perso.
Numerosi sono stati i tributi al giornalista napoletano dopo il suo assassinio: dal cortometraggio Mehari di Gianfranco De Rosa, a Fortàpasc di Marco Risi, passando per E io ti seguo di Maurizio Fiume. Nel 2004 è stato istituito il Premio Giancarlo Siani vinto nel 2006 da Roberto Saviano.
“Il giornale per cui scrivevo vuole farmi pagare il 70% di una condanna di risarcimento, vale a dire ”. A parlare è , collaboratrice precaria del quotidiano Il Mattino. La somma corrisponde alla multa inflitta dal giudice in seguito alla pubblicazione di un articolo nel gennaio 2007. L’articolo in questione recava la notizia che il boss Luigi Vollaro sarebbe rientrato in possesso di una villa sequestrata, che “per errore” non era stata confiscata nei tempi previsti dalla legge. La notizia, passata ai cronisti da un avvocato e rilanciata da altri giornali, si rivelò infondata. Amalia fece di tutto per far pubblicare la rettifica nei giorni successivi. Ma, da collaboratrice esterna, non poteva far nulla di fronte ai ritardi e ai silenzi della redazione. La rettifica fu pubblicata sul Mattino solo 3 settimane dopo, e in una posizione del tutto incongrua. Da qui, la denuncia al quotidiano del gruppo Caltagirone Editore, che ora cerca di scaricare la multa sulla giornalista.
52.000 euroAmalia De Simone
La multa, ai sensi di legge, è comminata a editore, direttore e giornalista. La prassi comune vuole che a pagare sia l’editore, che si assume il rischio d’impresa. Nel momento in cui i collaboratori dovessero pagare per ogni multa o processo intentato da chi si ritiene “oltraggiato”, ne verrebbe seriamente compromesso.il diritto alla libera informazione
Amalia de Simone non è la prima a incorrere in queste vicende, ma è tra le poche collaboratrici precarie a essere citata in giudizio dal suo stesso giornale. E non è una novellina: è stata finalista al premio Ilaria Alpi, ha vinto il “Cronista dell’anno”, ed è stata ricevuta due volte dal presidente Napolitano. La vicenda non l’ha demoralizzata: assieme ai ragazzi di Radio Siani, non ha rinunciato del tutto a fare informazione.La giornalista Amalia De Simone alla tre giorni dello Youth Media Days.
Radio Siani è nata nel 2008-2009, quando un gruppo di ha ricevuto dal comune la possibilità di gestire un appartamento confiscato al boss Giovanni Birra, durante l’operazione “Reset”. Da allora il gruppo si è ingrandito, fino a 40 membri, e ha lanciato una web radio intitolata a Giancarlo Siani, l’unico giornalista ucciso dalla camorra nel 1985, a 26 anni.