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World Press Photo 2015: gli italiani in concorso

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Firenze

Un commento sul significato trasmesso dalla "Photo of the Year 2014" di Mads Nissen e un approfondimento sul lavoro dei fotoreporter italiani premiati in questa edizione del concorso internazionale.

La fotografia diventa icona

A pochi giorni dall'annuncio della foto vincitrice del prestigioso World Press Photo 2015, tutti ormai avranno ben presente chi siano “Jon and Alex”, la coppia omosessuale fotografata dal danese Mads Nissen, il quale ha centrato esattamente l'obiettivo narrativo che dovrebbe avere un'immagine giornalistica: far conoscere al mondo le diverse realtà che lo popolano.

Trovo che questa foto di Nissen, scelta tra quelle del suo reportage “Homofobia” – e puntualmente finita nell'occhio del ciclone dopo la premiazione –, abbia molto di quello che trasforma un'immagine in una rappresentazione iconica, altamente comunicativa, direttamente evocativa delle atmosfere che in essa sono condensate. Michele McNally, direttrice della fotografia e assistant managing editor per il New York Times”, afferma: «It is an historic time for the image… the winning image needs to be aesthetic, to have impact, and to have the potential to become iconic. This photo is aesthetically powerful, and it has humanity».

L'audio dell'intervista è disponibile su Vimeo. Nello screenshot: Mads Nissen/Scanpix/Panos Pictures

Un discorso a parte: l'Italia

Ora vorrei concentrarmi in particolare sul riconoscimento assegnato al lavoro svolto dal fotogiornalismo italiano, che ha conquistato ben 10 premi nelle diverse categorie. 

Andrea Rocchelli

Tra questi spicca il nome di Andrea Rocchelli, fotoreporter e fondatore del collettivo indipendente Cesuramorto lo scorso maggio durante gli scontri armati in Ucraina. Con il suo progetto Interni Russi”, secondo classificato nella categoria Portraits (Stories), la vita in Russia è di nuovo al centro dell'attenzione della giuria del WPP ma sotto altri punti di vista. Non ci troviamo più a partecipare in modo quasi voyeristico all'intimità di coppia di Jon e Alex, ma entriamo in un mondo tutto al femminile: le donne russe e gli interni casalinghi – che nel loro iperdecorativismo ricordano molto l'ideale barocco del boudoir francese – in cui sono libere di essere sé stesse, accettando di mostrarlo anche davanti l'obiettivo del fotografo. Nessuna negazione di diritti o discriminazione da far risaltare, ritratti che non smuovono nessun sentimentalismo archetipo ma catturano per la curiosità che risvegliano. La domanda che nasce spontanea quando ci si sofferma su uno dei 10 scatti è cosa stiano pensando, immaginando, provando, desiderando per la loro vita e per loro stesse. E quanto di tutto questo hanno lasciato trapelare, anche a loro insaputa, all'interno del ritratto?

(Il progetto di Rocchelli è visibile in questa galleria.)

Paolo Marchetti

L'altro reportage fotografico su cui vorrei portare l'attenzione è Cold Blood Colombia di Paolo Marchetti, fotogiornalista freelance dedito a questa professione solo da pochi anni, ma forte dell'esperienza pluriennale accanto ai direttori della fotografia del cinema internazionale che ha inciso profondamente sullo stile dei suoi scatti.

Il lavoro presentato al WPP 2015 si è aggiudicato il terzo posto nella categoria “Nature” (Stories) e porta davanti agli occhi di tutti una realtà distante anni luce da quella in cui vivono i futuri acquirenti del prodotto finale in questione: la pelle di caimano, altamente ricercata nel mercato della moda di Asia ed Europa. Al di là di polemichepseudo-animaliste che scatti del genere portano inesorabilmente di nuovo a galla, la realtà che traspare attraverso queste foto è più complessa e legata alle persone che vivono di questo lavoro. Perché in Colombia queste nuove farm sono diventate la risposta legale al mercato nero, al bracconaggio e al rischio di estinzione di una specie animale all'interno di una nazione. Legalizzazione a parte, questa nuova specie di allevatori ha poco a che fare con la salvaguardia della specie ma molto di più con il loro valore di mercato. A scene di vita quotidiana di quello che potrebbe essere un lavoro come tanti, si contrappone il ciclo della vita degli animali, che è al tempo stesso ciclo di produzione delle pelle dei caimani. Il tutto raccontato con una ricercata costruzione nella composizione degli elementi e una grande cura nella scelta dell'illuminazione. Una combinazione tra fotogiornalismo e cinema molto ben riuscita.

(Il progetto di Marchetti è visibile in questa galleria.)

Rocchelli e Marchetti sono solo due dei fotografi italiani premiati in quest'edizione 2015. I nomi degli altri 8 fotoreporter sono: Bugani, Calafato, Di Sturco, Palazzi, Sestini, Tripodo, Troilo, Verzone. Per vedere le loro opere cerca i loro nomi sul sito ufficiale di World Press Photo 2015.