Wendy, i sogni europei di una trans ecuadoriana
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Laura D'AngeloWendy è nata in un corpo sbagliato. Sin dall'infanzia in Ecuador negli anni '80 ha dovuto combattere affinché i suoi stessi familiari accettassero la sua identità femminile. In questo Paese fino al 1997 l'omosessualità era considerata illegale, motivo che spinge Wendy a trasferirsi in Europa. Professionista del sesso da circa 25 anni, oggi ci parla con orgoglio della donna che è diventata.
Questo ritratto è stato pubblicato da Sans_A.
Un morso prima o poi è garantito. Più profondo di quello inflitto da un cane randagio della periferia di Guayaquil, prima città dell'Ecuador. E' invisibile, ma solida. E' la morsicata della vergogna. Nel dicembre del 1985, Leo* , 10 anni, si trova nell'anfiteatro della scuola, assieme agli insegnanti e agli alunni che lì si riuniscono in occasione della fine dell'anno scolastico. La direttrice viene avanti e annuncia alla folla di bambini, con l'intento di ferire e senza compassione alcuna: "Leo è un ragazzo che crede di essere una ragazza." Il segreto è stato rivelato. Sotto lo sguardo soffocante degli astanti, la vergogna la investe. Leo cerca di sfuggire a quella morsicata, e tremando di rabbia a causa dell'affermazione della direttrice le dà un calcio, in risposta all'umiliazione subita. "So di essere una donna intrappolata in un corpo maschile sin da quando avevo 3 anni", Leo confessa - o meglio Wendy* , come si fa chiamare ora.
Wendy ha oggi 42 anni. Picchietta le dita sul tavolino, una malizia fiduciosa trapela dai suoi occhi, gli zigomi alti. Abita in un confortevole appartamento al piano terra di una piccola corte sita nel centro di Nantes, ed è qui che riceve i suoi clienti. "Vecchi, giovani, neri, bianchi, di tutti i generi," ci spiega. "Pagano la prestazione 150 euro all'ora, molto di più di quanto chiesto dalle ragazze dell'Est che lavorano in strada per 50 euro, perché a casa si sa, si sta più comodi, c'è discrezione, c'è la doccia. Wendy si sistema uno dei suoi selvaggi riccioli marroni e dichiara: "Ormai lo faccio da 20 anni."
Intrappolata nel corpo di un uomo
Sono passati 20 anni da quando Wendy ha lasciato l'Ecuador. La sua famiglia gestiva un negozio al piano terra della loro abitazione, in un quartiere popolare di Guayaquil. "Eravamo poveri ma non lo sapevo," afferma. "Quando si è bambini povertà e ricchezza sono concetti alieni." I suoi genitori divorziarono che era ancora bambina. Suo padre se ne andò di casa mentre sua madre si trasferì in Venezuela a lavorare. Leo restò a vivere con la nonna e la zia che insegnava nella sua stessa scuola. Leo però non si sentiva a suo agio in quel corpo. "All'età di 10 anni mi chiedevo cosa mi stesse accadendo. Diversamente dai miei coetanei, non mi attraevano nè le ragazze nè il calcio. Noi transessuali nasciamo con questo senso di diversità. Gli altri ci accusano di essere strani e con questa stranezza ci conviviamo." Le prese in giro riesce a evitarle diventando un crudele membro della banda Gavroche, con la quale vive un'esistenza sconsiderata nel quartiere. "Era per me una specie di ribellione all'ordine imposto. L'Ecuador a quei tempi era un Paese estremamente conservatore e ipocrita, in cui l'omosessualità era punita con la prigionia e l'educazione sessuale confinata all'idea di rimanere vergini fino al matrimonio."
La sua banda agisce in un ambiente protetto. "Mi vestivo come un ragazzo ma tutti sapevano che ero una donna. I miei compagni però non mi trattavano diversamente. I bambini infatti non giudicano, sono gli adulti a condannare. Se alcune persone sono cattive è a causa dell'intolleranza inculcata loro dai genitori." I suoi comportamenti però la imbarazzano. I vicini commentano con disprezzo. Vorrebbe spiegare ai suoi famigliari di essere una donna intrappolata in un corpo maschile, ma ha paura di ferirli e di scatenare delle rappresaglie. Sicura di sè, decide di confidarsi con la sua insegnante: "Essendo una donna pensavo mi potesse capire," e le chiede di parlare con la zia. Quella però va subito a informare la direttrice, che successivamente umilia Wendy dinanzi all'intera scuola. "Dopo il calcio fui espulsa."
Ha inizio una lenta discesa all'inferno. "La rivelazione ferì mia zia che non sapeva che fare. Mi portò da due psichiatri incapaci di capire quello che mi stava accadendo. Mi misero degli elettrodi sulla testa, mi diedero degli ormoni maschili, ma non c'erano soluzioni. Non volevo che mia zia vivesse tutto questo ma era l'unica opzione disponibile." Elettrodi, ormoni, psicologi non aiutano però Leo che continua a sentirsi donna. Sua zia lo iscrive a una scuola professionale cattolica, ma tale scelta si rivela presto un fallimento: Wendy scappa per evitare le umilianti punizioni. "Ho raccolto la mia roba e abbandonato casa a 11 anni. Volevo essere una donna: fuggire era l'unica valida alternativa."
Sotto l'ala protettrice dei trans di Guayaquil
Wendy trova rifugio a casa di Erika, una parrucchiera trans incontrata a un bar clandestino di Guayaquil. "A quei tempi la maggior parte dei transessuali gestiva saloni da parrucchiere," ricorda, una delle poche professioni che trans e gay potevano svolgere senza essere perseguiti. Erika si prende cura di Wendy. "Mi offrì una stanza situata dietro il salotto. In cambio ogni giorno aiutavo con le faccende domestiche: spazzavo il salotto, facevo la spesa... con Erika ho anche imparato a cucinare e a fare i capelli, quella che poi in seguito è diventata la mia professione." Wendy impara a essere indipendente ma la sua famiglia le manca."Soffrivo nel non vederli e ancor di più nello scoprire che non mi stavano cercando nonostante fosse abbastanza semplice poiché non abitavo molto lontano. Forse sapevano che non potevano aiutarmi, che dovevo farcela da sola."
Una mattina come tante Wendy è seduta alla finestra della sua stanza a guardare i passanti. Improvvisamente tutti si voltano a osservare una creatura meravigliosa. "Camminava lentamente, con sicurezza. Allora andava di moda la breakdance e questa fanciulla indossava una tuta sublime e tanti gioielli. Ricordo il suo viso come fosse oggi, i suoi lunghi capelli assomigliavano a quelli di una Charlie's Angel. Uno stile androgino, molto chic e glamour. Una transessuale. Rimasi fulminata. Decisi che non sarei tornata a casa se non fossi prima diventata come lei, come avevo sempre voluto essere: ricca e bella."
Gli anni '80 in Ecuador sono caratterizzati da un'ondata migratoria di transessuali all'estero. Molti dei leader della communità locale abbandonano le loro professioni e le loro case per trasferirsi in Europa. "Quasi fosse una moda, andavano via tutte per lavorare come prostitite a Parigi," Wendy ricorda. "Non mi ero mai prostituita prima e per curiosità mi unii a quel movimento." Wendy riesce a ottenere un visto turistico per l'Olanda e a comprare il biglietto aereo con i soldi prestati da un amico. "Dato che era troppo difficile ottenere un visto per la Francia, ripiegammo tutte per Amsterdam." Nella capitale olandese Wendy soggiorna da alcuni amici ecuadoriani e inizia a lavorare fin da subito.
"La mia prima volta è stata simile a un gioco. Vedi tutti questi ragazzi adorabili pronti a pagarti, è confortante, ma quando l'atto sessuale inizia è uno choc. Perchè farai cose che non sei abituata a fare, perché gli uomini toccheranno i tuoi genitali... non era la prima volta che dormivo con degli uomini, ma in quel caso è stato molto diverso, a volte spaventoso, nulla a che vedere con una relazione romantica. Venivamo da un Paese conservatore e l'Olanda a paragone era molto più aperta, anche più perversa. C'era libertà sessuale, e così mi riscoprii in un corpo diverso."
L'inferno di Bois de Boulogne
Wendy rimane ad Amsterdam per due settimane prima di partire per la Francia con un'amica, in cerca di nuove opportunità. A Brussels incontrano un traghettore disposto ad accompagnarle a Parigi per 1,000 $. Durante il viaggio incontrano altri 3 trans latino-americani diretti a Bois de Boulogne. "Quando arrivammo a Parigi fu l'inferno. Dovettimo lavorare fuori, in un freddo terribile, contro gli alberi. A volte, durante l'atto ci accorgevamo che altri 15 uomini ci guardavano masturbandosi. Lasci che accada, perché questo è quel che vedi nei film porno." Wendy ricorda che i clienti erano spaventati dalla polizia che perseguitava le prostitute nei boschi. "A quei tempi c'erano prostitute in detenzione ogni giorno." Per un mese Wendy gioca al gatto e topo prima di essere arrestata e mandata nella prigione di Nanterre, trascorrendovi 15 giorni in isolamento a causa della sua transessualità. Poi viene rispedita in Ecuador. "Tutti i trans cercano di mettere da parte abbastanza soldi per le proprie famiglie." Per Wendy questo è un ritorno alla base.
Una volta in Ecuador Wendy torna a lavorare nel salone da parrucchiera, sperando di riallacciare i contatti con i propri familiari. Rivede sua madre anni dopo la fuga avvenuta all'età di 11 anni. L'incontro è cordiale, quasi caloroso. "Mi disse: ti accetto così come sei, e ciò mi dà sollievo." In quel momento scopre che anche suo padre la sta cercando. Lo invita a uno spettacolo meditando vendetta per i 15 anni di assenza. Per l'occasione indossa una minigonna, scarpe décolleté e tanto trucco. "Quando entrò lo salutai, ma lui non mi riconobbe. Si sedette, e dopo pochi secondi mi venne incontro dicendomi: sei tu. Non era arrabbiato perché di buone maniere, un commercialista in un impresa, quindi l'unico modo era accettarmi per come ero. Questa fu una lezione che imparai: se accetti te stesso gli altri agiranno di conseguenza."
Un sogno transatlantico
Due mesi dopo, Wendy decide di tornare in Europa e arriva Brussels. Siamo nel 1989 e la legge belga, più tollerante nei confronti della prostituzione, permette a Wendy di lavorare e guadagnare 33,000 franchi belgi al giorno, all'epoca circa 1,000 $. Affitta una stanza e lavora in proprio per tre mesi fino alla scadenza del visto. "Poi come da usanza avrei lasciato il Paese per richiedere un nuovo visto altrove, in Danimarca per esempio." Una tecnica che le consente di rimanere in Europa senza il rischio di essere deportata. Per 5 anni Wendy viaggia per il continente spostandosi in aereo, lavorando ad Amsterdam, Parigi, Brussels, Antwerp, Lussemburgo, Madrid, Barcellona, Ginevra, Zurigo e Basilea. Bei tempi.
Vuole infine stabilirsi in Francia ma la minaccia della prigione la spinge ad andare in Spagna. Per ottenere i documenti si dichiara donna delle pulizie, seppur continuando a esercitare la prostituzione con discrezione. Wendy tenta anche di cercare un lavoro normale, "... ma essendo straniera e transessuale, quale altra occupazione avrei potuto trovare, con i datori di lavoro che ti guardano come se fossi una scimmia?" Gli anni passano e Wendy paga le tasse e finisce per ottenere la cittadinanza spagnola, un lusso che le consente di viaggiare e vivere ovunque in Europa. Quando infine la situazione si stabilizza decide di far trasferire la sua famiglia. "Trovai un appartamento a Ibiza per mia madre, e feci venire i miei cugini e i miei zii in Spagna. Oggi a Guayaquil si è fortunati ad avere un figlio trans perché porta ricchezza dall'Europa."
A volte Wendy torna in Francia perché "... è dove ho più clienti. I francesi amano i transessuali. Con noi sfogano molte delle loro fantasie, nonostante siano meno socievoli degli spagnoli ma comunque molto calorosi nell'intimità. Dicono sempre: voglio provare, solo provare, ma poi ritornano sempre e ci provano di nuovo." La routine del lavoro genera dei vizi, e per scampare loro Wendy rimane sull'attenti, rifiutando proposte indecenti e pericolose. "Alcuni clienti vogliono farlo senza preservativo o ti chiedono di assumere coca. Non accetto. Ho amici con problemi di alcol e droga e la prostituzione, se non si sta attenti, può distruggerti. Gli altri godranno della tua bellezza e delle tue debolezze, ma rimarrai pur sempre un fantasma."
Con i tacchi alti
Affronta le avversità che tale professione riserva con intraprendenza. "Non rischio, pago solo per ciò che posso permettermi e ho a cura la mia igiene. Bisogna prestare attenzione al prodotto che si vende... " afferma mebtre prende la macchinetta del caffé. "Ma non è solo il mio corpo quello che vendo. Gli uomini non vengono solo per il sesso. Quello accade alla fine. Ciò che realmente offro è la scoperta. Con me si possono fare tutte quelle cose vietate nelle mura domestiche, come ad esempio travestirsi da donna, qualcosa che un marito non si azzarderebbe mai a fare di fronte alla moglie. Insomma li metto a loro agio. I trans hanno un'aura di mistero per molti uomini."
Wendy ha rinunciato al Bois de Boulogne e allo stress della vita parigina stabilendosi a Nantes. Qui, dove è giunta per caso, ha trovato la calma. Non si mischia neppure con le altre prostitute per paura che la polizia pensi che c'è la mafia di mezzo. "Se permettessi a una delle tante ragazze lì fuori di vivere con me potrei essere accusata di sfruttamento della prostituzione." Dunque rimane sola con Wesley, il suo cane, che tenta di scappare attraverso il bovindo, ma Wendy lo ferma prima per poterci giocare un pò. Lo ha chiamato così in onore dell'attore americano di film d'azione Wesley Snipes. Eppure la sua vita rassomiglia piuttosto a un film di Almodóvar, di cui lei apprezza il pensiero."E' ironico, racconta la verità nascondendola, come noi transessuali facciamo."
Il ritorno della donna prodigio
Oggi Wendy si rifiuta di lavorare in strada e non visita più i clienti. "Ho paura che mi uccidano e seppelliscano nel giardino," mormora. "In questo lavoro corri rischi ogni giorno. Si incontrano psicopatici ad esempio. Non sono mai stata né derubata né violentata, ma a molti è accaduto." Ed è per questo che usa solo siti certificati. In caso di problemi e da cittadina europea potrebbe chiamare la polizia. Una cattolica praticante, accende una candela nell'altare dedicato alla Vergine Maria, che pende da uno delle pareti rosa del suo salone. "Non si sa mai." Ogni settimana Wendy guadagna circa 900 euro per una dozzina di clienti. "Prima della crisi del 2008, guadagnavo circa 5000 euro al mese. Oggi guadagno meno perché lavoro meno. Sono agli sgoccioli ma ho raggiunto i miei obiettivi: ho comprato sei case in Ecuador e tolto dalla povertà la mia famiglia."
Il prossimo anno, di sicuro, smetterà. "Non voglio finire a sentirmi vuota, voglio essere viva." Così pianifica di tornare nel suo Paese per aprire un salone di bellezza o un servizio di catering personalizzato. Le manca l'Ecuador. L'ultima volta che vi è tornata, ha bussato alla porta dell'ufficio della zia, nella sua vecchia scuola. Ad aprire la porta è la direttrice. Wendy fa un balzo di sorpresa, ma lei non la riconosce. Fa finta di niente a a causa della vergogna o del senso di colpa per quell'affermazione anni or sono? Wendy vuole credere a ciò. "Alla fine non conta. Ho realizzato il mio sogno e posso morire serenamente, mi mancheranno soltanto la mia famiglia e gli amici." Nelle strade della sua infanzia, la piccola Leo ammira Wendy, fiero della donna che è diventata.
* I nomi reali sono stati modificati
Una storia raccontata da Matteo Maillard e illustrata da Manon Baba
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Questo racconto è stato realizzato da Sans A_ media, il cui scopo è rendere visibile l'invisibile e incoraggiare la partecipazione attiva della comunità. Per la sesta stagione "Prostitute speaks out", grazie a una serie di ritratti di Sans A_, dà voce a coloro che lavorano come prostitute. Per saperne di più www.sans-a.fr.
Translated from Wendy, rêves européens d'une trans équatorienne