Volete rovesciare un tiranno? Chiamate OTPOR
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Dopo la Georgia, l’Ucraina. I militanti del movimento serbo OTPOR, dopo aver cacciato Milosevic nel 2000, stanno esportando la rivoluzione nonviolenta. Prossima tappa la Bielorussia di Lukashenko: l’Europa continuerà ad ignorarli?
A Kiev manifestazioni di piazza a 8 gradi sotto zero non accadono per caso. Per il presidente Ucraino Leonid Kuchma, la sigla OTPOR (in serbo “resistenza”) è diventata un incubo. Come ai tempi della rivoluzione anti-Milosevic un gruppo di attivisti serbi vive da mesi a Kiev e Minsk ed impartisce lezioni di rivoluzione (nonviolenta) a decine di giovani esausti dalla corruzione e dall’oppressione di quei regimi.
Tutto cominciò in Ungheria
Tutto cominciò a Budapest. All’inizio del 2000, la polizia di frontiera serba registrò in pochi mesi un flusso inconsueto di giovani serbi in visita al monastero serbo di Sant’Andrea in Ungheria. In realtà, erano tutti attesi all’Hilton di Budapest, dove un colonnello americano in pensione Robert Helvy li avrebbe formati alle più avanzate tecniche di azione nonviolenta, sulla base delle dottrine di Gene Sharp. Milja Jovanovic, che ha ricevuto per OTPOR il premio Free Your Mind da MTV, ricorda la risposta sorda dell’Unione europea alle loro richieste di aiuto: “inviate un modulo a Bruxelles, vi risponderemo tra sei-otto mesi”. Dall’America, invece, arrivarono nel giro di due settimane le risorse necessarie ad aprire 70 sedi del movimento in tutta la Serbia. Iniziarono i bombardamenti sulla Serbia, OTPOR scelse come simbolo il pugno chiuso nero, una parodia del vecchio simbolo bolscevico tanto amato da Milosevic. Ed iniziò la sua lotta contro la legge che imponeva il controllo del governo su università ed informazione. Una lotta basata sull’ideologia della resistenza individuale nonviolenta e su quasi due milioni di adesivi incollati ovunque, contro i pilastri del regime: la polizia e l’esercito. Pochi mesi dopo il regime di Milosevic si eclissò.
Prossima tappa la Bielorussia di Lukashenko?
Oggi il movimento OTPOR ufficialmente non esiste più, dopo l’adesione di una parte dei militanti al partito del presidente Boris Tadic e la costituzione di un “Centro per la resistenza nonviolenta” che esporta la via serba alla rivoluzione democratica. Aleksandar Maric è il ministro degli esteri della nuova organizzazione. Ha formato i giovani di KMARA (“Abbastanza!”), l’organizzazione georgiana che ha pilotato la “rivoluzione delle rose” contro Shevardnadze ed ha passato mesi, insieme alle centinaia di osservatori indipendenti coordinati dalla ONG americana Freedom House, a dare istruzioni nonviolente ai militanti di PORA (“E’ tempo”) in vista delle decisive elezioni presidenziali in Ucraina.
PORA, senza prendere le parti né di Yushenko, né di Yanukovic, ha trasmesso all’occidente ora per ora le notizie in diretta dalla piazza, ha permesso ai militanti sparsi in tutto il paese di scaricare materiale informativo e di raccogliere le denuncie delle irregolarità elettorali.
Le bandiere gialle di PORA erano le più evidenti sul tappeto di neve che copre Piazza Indipendenza. Ma sono state ignorate dall’Unione europea, così come per 13 anni sono stati ignorati gli sforzi di democratizzazione in Ucraina, continuando a negoziare “partnership” per evitare la piena adesione. Ed inosservati sono passati anche i micidiali sforzi dei ragazzi terribili di OTPOR in Serbia, di KMARA in Georgia, di PORA in Ucraina.
La prossima tappa, il prossimo obiettivo di questi “rivoluzionari di professione” saranno le elezioni del 2006 in Bielorussia, che potrebbero spazzare via il più autocratico ed isolazionista regime dell’ex impero sovietico, quello di Lukashenko. Sarà lo stesso obiettivo dell’Unione europea?