Violenza di genere: una lotta contro il labirinto dell'Ue
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Irene CecconiSi approvano le proposte della Presidenza spagnola per un osservatorio e un numero unico contro le violenze di genere, ma la discussione su un sistema di protezione europea rimane nel limbo a causa di problemi di competenze tra istituzioni
La violenza di genere è un problema che non conosce né limiti né frontiere: secondo i dati dell'Agenzia dei Diritti Fondamentali dell'Ue, il 45% delle donne europee è vittima di un qualche tipo di violenza nel corso della propria vita. Per questo, una delle priorità della Presidenza spagnola è stata proporre misure di difesa. Il primo risultato concreto sarà la creazione di un Osservatorio Europeo sulla Violenza di Genere, per raccogliere e scambiare informazioni affidabili e un numero di aiuto per le vittime, il 116, simile al principio del 112 per le urgenze in generale.
La seconda proposta si riferisce a un ordine di protezione per le vittime a livello europeo, conosciuto come euro-orden. Ciò presupporrebbe il riconoscimento, in qualsiasi paese dell’Unione, di un ordine di protezione emesso in un altro stato membro. Nel 2008 si emisero nell'Ue circa 115.000 ordini di questo tipo e, in certi casi, le beneficiarie erano di altri paesi. In Spagna, ad esempio, ci sono attualmente circa 8.000 persone rumene con ordine di protezione.
Una maggioranza degli Stati membri del Consiglio Europeo (la maggioranza è considerata necessaria per sviluppare una proposta) si è già pronunciata a favore e il Parlamento Europeo sta lavorando a un testo a questo proposito. Tuttavia, c’è una voce discordante: la Commissione.
Il NO della Commissione
Viviane Reding, commissario alla Giustizia e agli Affari Interni, affermò – nella conferenza stampa che seguì il Consiglio in cui la Spagna ottenne la maggioranza necessaria - che non avrebbe funzionato, che i sistemi legali sono troppo diversi, che ciò causerebbe più lavoro per gli avvocati e provocherebbe insicurezza legale nelle vittime. Perché? Il motivo è alquanto tecnico. La proposta della Presidenza spagnola si basa in una novità del Trattato di Lisbona, la capacità cioè di un gruppo di stati membri di avere un potere legislativo in questioni criminali. Tuttavia, in ambito civile, solamente la Commissione Europea possiede l’iniziativa legislativa e il problema sta nel fatto che l’euro-orden si riferisce tanto a questioni criminali quanto civili. Difatti la sua vocazione è proprio questa: ci sono paesi in cui un ordine di protezione è una questione civile e in altri criminale; dato che la proposta ha una vocazione universale, ciò rende difficile che le donne ottengano tale riconoscimento.
«Una base legale incerta può produrre insicurezza legale per le vittime»
Questo crea, senza dubbio, un chiaro problema di competenze tra istituzioni. La Commissione, attraverso le parole di Mattew Newman, portavoce del commissario Reding, aggiunge che «una base legale incerta può produrre insicurezza legale per le vittime». In ogni caso, è certo che la proposta, se ottiene l’appoggio del Consiglio Europeo e del Parlamento a giugno, potrà diventare realtà indipendentemente dall’intervento della Commissione, a meno che questa non decida di giocare una carta estrema e denunci lo stesso Consiglio davanti al Tribunale di Giustizia. Non considerando questo caos istituzionale la domanda fondamentale è: questa base legale può ledere le vittime a livello pratico? José Molinos Cobo, consigliere di Giustizia della Rappresentazione Permanente della Spagna all’Ue, afferma che la base legale della proposta è ben ancorata e garantita dalla relazione del Servizio Giuridico del Consiglio. «Siamo sicuri che non esista tale insicurezza giuridica».
La Commissione Europea, comunque, gioca le sue carte e presenta le sue proposte. La sua soluzione è frenare l’iniziativa spagnola e presentare entro un anno una nuova proposta (stavolta con basi legali civili e criminali) proveniente direttamente dalla Commissione, ma che non sia specifica per le vittime della violenza di genere. Per le associazioni come Juntos contra la Violencia Doméstica ("Insieme contro la violenza domestica"), presieduta da Maria Quintana, è importante che ci sia una proposta specifica. «Non è che altri settori debbano essere meno protetti, ci sono lagune legali anche per quanto riguarda la protezione di testimoni o di minori, però non dimentichiamo che siamo a metà maggio e solo in Spagna sono già morte 26 donne vittime della violenza domestica; non esiste nessun altro gruppo che registri tante morti, pertanto merita un’attenzione speciale», segnala. La Presidenza spagnola appoggia la proposta della Commissione, ma in prospettiva futura. «Possono contare sul nostro pieno appoggio, ma reputiamo opportuno e desiderabile avanzare fin da ora in questa iniziativa», sottolinea Molinos Cobo.
«Molte delle donne con cui lavoro vengono da paesi extraeuropei e affrontano una situazione ancora peggiore nel loro paese di origine»
Dall’altra parte, Quintana afferma che bisogna andare oltre il riconoscimento europeo: «molte delle donne con cui lavoro vengono da paesi extraeuropei e affrontano una situazione ancora peggiore nel loro paese di origine. Chiedo pertanto all’Ue che firmi delle convenzioni anche con altri paesi». Sarà difficile, ma non un’ utopia. La baronessa Verma, in nome della camera dei Lords del Regno Unito, e la eurodeputata Emine Bozkurt si sono espresse a favore di una idea simile, specialmente con paesi come la Turchia, candidata ad integrare l’Unione Europea.
Al momento dobbiamo prima intenderci tra di noi. I prossimi passi sono il Consiglio dei ministri della Giustizia e affari Interni e la sessione plenaria del Parlamento Europeo, entrambi a giugno, per cui entro un mese sapremo se la possibilità di uno spazio unico europeo di protezione delle vittime di genere è un sogno o realtà, e a quali condizioni.
Foto: TBWA\Paris per Amnesty Internacional Francia; Daquella manera/flickr
Translated from La protección contra la violencia de género choca con el laberinto de la UE