Vicinato: se la frontiera diventa legame
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Trasformare l’arco di instabilità in un “anello di amici”. E’ questo è l’obiettivo di Bruxelles. Che ora vuole rendere la politica di vicinato uno strumento di politica estera.
L’effetto più visibile dell’ormai imminente allargamento dell’Unione Europea consiste nello spostamento delle sue frontiere. Ad est, i confini terrestri della nuova Unione a 25 si estenderanno fino a toccare la Russia e gli stati di indipendenza recente quali l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldavia. A sud, in seguito all’ingresso di Cipro e Malta, l’UE si troverà a fronteggiare l’intero arco di Paesi della costa sud e sudest del Mediterraneo.
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Ma nuovi confini significano innanzitutto nuovi vicini. E l’Unione non vuole farsi trovare impreparata nel gestire i rapporti con gli Stati che dal 1° maggio si affacceranno sul suo territorio. Al contrario appare ben intenzionata ad avviare con loro una nuova stagione di rapporti bilaterali. Un ventaglio di rapporti che non saranno semplicemente approfonditi, ma ricompresi in un nuovo concetto dei rapporti di vicinato. L’intento è quello di garantire la strutturale stabilità dell’area a ridosso delle nuove frontiere, offrendo ai Paesi confinanti, secondo quanto dichiarato dalla Commissione l’11 marzo 2003, niente di meno che “la prospettiva di una partecipazione al mercato unico europeo e a un’ulteriore liberalizzazione e integrazione per promuovere il libero movimento di persone, beni, servizi e capitali”.
Attenti al fattore opinione pubblica araba
Coinvolgere su un piano di parità i Paesi vicini interessati garantisce maggiore realismo – e perciò maggiore efficacia – alle condizioni di allineamento alla legislazione comunitaria poste dall’UE per godere degli effetti dell’apertura del mercato unico. Ma la continua sollecitazione delle legislazioni nazionali dei Paesi vicini potrebbe dar luogo, soprattutto nei Paesi mediterranei, a non poche resistenze culturali. Il rischio è alimentare una percezione ‘invasiva’ dell’azione dell’Unione nell’opinione pubblica di quei Paesi. Diventa cruciale quindi elaborare una strategia moderata e progressiva, tanto nel tempo quanto nello spazio, che scongiuri questa possibilità. Nel tempo in forza di un’applicazione della politica di vicinato graduale, prevista dalla Commissione in due fasi (2004-2006 e dal 2007 in poi), che prima si affianchi ai programmi già esistenti e poi li sostituisca elaborando un strumento unico di vicinato sulla base di un quadro giuridico e finanziario ad hoc. Passando poi alla dimensione spaziale della politica di prossimità, è necessario fornire questo strumento di prossimità della massima flessibilità, in vista del suo diverso impiego nei Paesi vicini, diversi tra loro sul piano politico, giuridico e culturale.
Per Prodi condivideremo “tutto, fuorché le istituzioni”
La strategia della nuova politica di vicinato tende quindi a far sì che, a termine, l’UE a 25 e i Paesi confinanti condivideranno, come ha suggerito il Presidente della Commissione europea, Romano Prodi, “tutto, fuorché le istituzioni”.
Ma, al di là del suo valore specifico, la nuova politica di vicinato presenta diverse novità di rilievo. In primo luogo, è da giudicare positivamente l’intento della Commissione di unificare in un unico disegno strategico le relazioni esterne dell’UE con i suoi vicini. Sistematizzare significa infatti definire con maggiore chiarezza i contorni dell’azione esterna dell’Unione, e sotto questo rispetto la politica di prossimità renderebbe più visibili i contorni nei quali svolgere la troppo altalenante PESC.
Ma soprattutto la politica di prossimità rafforza l’idea che l’UE rappresenti una novità storica di modello di sviluppo. A questo riguardo è interessante notare come il Parlamento europeo abbia ritenuto necessario articolare la politica di prossimità proposta dalla Commissione in tre aree: una di carattere politico, umano, civile e culturale; una seconda relativa alla sicurezza interna ed estera; una terza all’insegna del “co-sviluppo” economico e sociale sostenibile.
La costruzione dell’“anello di amici” (Prodi) attorno all’UE a 25 corrisponde così ad un progetto che non ha di mira rapporti di clientela tra un blocco coeso di Stati tecnologicamente sviluppati e una serie di Stati poveri e dipendenti, bensì punta alla creazione di un’area di integrazione commerciale e di fittissima cooperazione istituzionale in grado davvero di rendere obsoleto il vecchio concetto di frontiera come limite, e di fondarne uno nuovo come legame.