Viaggio "Destinazione Checkpoints"
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Arianne Arlotti ha portato in giro per l'Europa un'ambulanza artistica che riproduce i video delle sue riprese nei Checkpoints Palestinesi.
L'abbiamo incontrata al circolo Arci palermitano PYC dove ci ha spiegato com'è nata la sua installazione.
Destination checkpoints è il titolo della mostra itinerante che l’artista e giornalista svizzera Arianne Arlotti ha esposto l’11 marzo al circolo Arci PYC (Palermo Youth Centre). Il progetto artistico gravita attorno ad un’ambulanza che Arianne ha creato apponendo degli adesivi su un vecchio furgoncino e montando degli schermi in corrispondenza dei finestrini, in modo da proiettare al di fuori del veicolo dei video che descrivono la sua esperienza in Palestina.
«Nel 1994 fa mi trovavo a Gerusalemme, giusto nei giorni dell’attentato di Hebron e quel massacro mi ha colpita da vicino. Nella confusione del momento, mentre l’esercito israeliano cercava di disperdere la folla di persone che si accalcava nella piazza antistante il muro del Pianto, qualcuno mi ha passato dei pop corn», ricorda. «L’assurdità di quella situazione mi ha lasciato un tale vuoto dentro che non potevo ignorare e allora sette anni fa ci sono ritornata».
E la prima cosa che ha notato, una volta arrivata nei territori occupati, sono stati i checkpoint, dei posti di blocco che quotidianamente i palestinesi devono attraversare per potere entrare ed uscire dai territori occupati. Disseminati per il territorio ci sono circa 750 caselli sorvegliati da militari armati. «Ogni palestinese che lavora al di là di uno di questi checkpoint è costretto a svegliarsi quando è ancora notte per poter agevolmente passare il controllo, quelli che arrivano alle prime luci dell’alba devono attendere interminabili code. L’idea che la propria quotidianità venga scandita da questi rituali è terribilmente noiosa ma soprattutto umiliante», prosegue.
Ha deciso di usare l’ambulanza come mezzo per la sua istallazione perché, durante i tre anni in cui è stata in Palestina, la cosa che l’ha più sconvolta è stata proprio vedere le ambulanze ferme lì, ai checkpoint, aspettando il controllo; in uno di quei giorni ha visto anche una donna partorire nell’attesa, lì in mezzo alla strada, tra i mitra dei controllori.
Una volta messa a punto la video-ambulanza, è iniziato un viaggio attraverso le frontiere europee. «Oggi l’Europa si sta creando attorno un muro, difficile da attraversare quasi quanto è difficile passare uno dei cancelli palestinesi». E proprio per questo si trovava in Sicilia in questi giorni, perché l'isola, oltre ad essere la porta del Mediterraneo, troppe volte è diventata una saracinesca blindata ed invalicabile per chi chiede di entrare. Un lungo viaggio che l’ha portata da Londra in Belgio, in Bosnia, in Polonia, e poi fino ai confini con l’Ucraina e ancora in Turchia e in Grecia prima di approdare sui litorali liguri. In ognuno di questi posti ha valicato le frontiere con un mezzo che sulla fiancata riporta la parola ambulanza a chiare lettere arabe.
Ogni volta che si fermava in una città, Arianne lasciava la mostra “posteggiata” in una grande piazza o in strade molto frequentate per riuscire a catturare l’attenzione dei passanti. «Le persone con cui sono venuta più a contatto in Europa sono stati i poliziotti, perché ho deciso di non ottenere nessun permesso per esporre il mio lavoro, la polizia non aveva mai troppo chiaro quale tipo di regolamento stessi infrangendo posteggiando in uno spazio pubblico una finta ambulanza che riproduce video». Un messaggio di disobbedienza civile che è stato interpretato con i toni più variopinti per le strade del vecchio continente. Alla frontiera turca i poliziotti, contrariati, le hanno chiesto l’autorizzazione del ministero della Salute per concederle il permesso di passare il confine, a Zagabria la polizia criminale le ha intimato di allontanarsi dalla piazza per il panico che la scritta stava disseminando tra i cittadini.
Anche le reazioni della popolazione sono state delle più peculiari. In Bosnia una mattina ha trovato le ruote del furgoncino bucate, ha chiesto aiuto ad un locandiere, a cui ha spiegato il fine del suo progetto, e questo non solo l’ha aiutata, ma le ha anche pagato la riparazione del mezzo. «A Londra avevo posteggiato in una strada molto frequentata e quando sono tornata ho trovato dei cartoni perfettamente ritagliati ed attaccati sugli schermi con dello scotch. Quella è stata forse la reazione più violenta che ho visto da parte dei cittadini: il rifiuto di aprire gli occhi e vedere quello che succede nel mondo». A Gela la gente allarmata ha chiamato la polizia pensando che quella scritta fosse un messaggio fondamentalista e, nel traffico palermitano, persino un poliziotto con tono ironico le ha chiesto se facesse parte dell’ISIS.
Al termine dell'incontro sono stati proiettati due video registrati in Palestina, il primo riprendeva un addestramento militare per turisti aperto anche i bambini; il secondo era la cronaca di un giro turistico organizzato per le strade di Hebron con annessa scorta armata dell’esercito. Arianne ha deciso di usare i più svariati mezzi di comunicazione per fare arrivare agli occhi di tutti il suo messaggio: non si può rimanere neutrali. Nel momento in cui decidi di rimanere fermo e non guardare, ti sei già schierato.