Vertice europeo di Bruxelles. La difficile scelta per l'Europa... unita
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Due visioni animano le mosse degli attori politici ed economici sulla scena del dramma che va in scena in Europa. Il nuovo atto sarà il vertice di Bruxelles iniziato oggi. Sicuramente, non sarà l'epilogo.
L´Europa è arrivata in città. L´ho trovata l´ultima volta che sono tornato a casa da Berlino dove vivo. È stato tre settimane fa, in una delle vie del centro del mio paese ai piedi delle Alpi. Di ritorno dalla stazione ho visto la nuova filiale di una delle principali banche tedesche. Mi aveva già colpito notare la stessa diffusione oltre confine di un'altra banca, quella volta italiana, in viaggio verso Vienna. L´insegna della banca, di solito a pochi passi da casa mia, si trova ora in Repubblica Ceca e a Vienna! Proprio quella stessa banca all'angolo della piazza del mio quartiere.
Tutto quello che so dell'Europa lo devo alla mia banca
L'Europa è arrivata. Il mio paesino, che dieci anni fa aveva resistito all'apertura di un Mac Donald nella sua piazza principale, accoglie ora il simbolo della stabilità monetaria, della certezza e della sicurezza. Ma è davvero così? La stampa, almeno italiana, nei giorni dell'esplosione della crisi ci ha già raccontato che l'esposizione del sistema tedesco era maggiore di quello italiano verso il paese dal debito che scotta.
L´Europa è arrivata, ma non troppo. L´Europa come insieme di obbligazioni, conti correnti, fondi comuni d´investimento è realtà, anche se già agonizzante. Una visione dell'Europa come una società di debitori e creditori al tavolo da gioco è quella che si sta discutendo in queste ore al vertice europeo di Bruxelles. La retorica di alcune parti politiche europee e della stampa da boulevard non si fa scrupolo a far differenze tra buoni e cattivi debitori, senza tener conto che il grosso dei debiti dei "cattivi", presunti mangiatori a sbafo, circola nelle economie dei "buoni", che quindi si sono fatti allegramente fregare, alla faccia degli stipendi d´oro dei pluridiplomati e incensati finanzieri e banchieri. La rappresentazione di un conflitto in bianco e nero non giova alla sua soluzione, ma solo a coprire gli interessi di chi ci specula sopra.
Dall'altro lato c'è un'idea di Europa come comunità politica basata su eguali doveri e diritti, in cui, come è successo nel settembre 2011, ho votato da cittadino europeo nei seggi di una scuola elementare di Kreuzberg, per le elezioni locali di Berlino. Un'Europa capace di esprimere una politica veramente comune, espressione non solo di 27 governi, ma forte di milioni di cittadini e di un Parlamento in grado di approvare una forte politica economica. Un'Europa in grado di esprimere anche una politica sociale e del lavoro, che metta il cittadino al centro e non faccia del lavoratore "la grande ossessione finanziaria" di questi mesi.
Dichiarazioni poco attendibili
Questa frattura tra due visioni dell’Europa non può reggersi ancora a lungo. Autorità del mondo finanziario come George Soros o Christine Lagarde parlano di 3 mesi come tempo limite. Ma se la crisi dell'Europa è innanzitutto crisi politica, questo calendario limitato non ci lascia scampo. La stampa europea in questi giorni ci offre scenari che vanno dall'allarmato al catastrofico in caso di caduta dell'Euro. O addirittura dell'Europa stessa e tutta intera, come AngelaMerkel ha dichiarato al Bundestagnei giorni scorsi. La sincerità di queste affermazioni resta da vedersi. Le dichiarazioni ufficiali alla vigilia degli incontri internazionali hanno anche valore tattico rispetto al negoziato.
La responsabilità dell'assenza di una costruzione politica a livello europeo negli ultimi anni si fa sentire. Se sul fronte dell'allargamento dell'Unione si è proceduto a tappe forzate, meno si è fatto sul fronte della cooperazione comunitaria. Pesa poi l'assenza di responsabilità comune sulle scelte politiche dei singoli governi, mentre quelle finanziarie vengono messe sotto la lente d’ingrandimento. I singoli governi dell'area euro, da soli, hanno ormai perso il controllo delle loro economie. Alla crisi politica ed economica si è aggiunta anche una sconcertante crisi di idee.
"O si fa l´Italia o si muore!" gridava secondo la tradizione Garibaldi, eroe risorgimentale italiano, mentre combatteva in Sicilia. C´è qualcuno che, mutatis mutandis, aspira a quel ruolo oggi? Chi sarà sul palco del dramma a fare le veci dell'eroe in questa crisi verso l'unità o la disfatta? In entrambi i casi, sarà un epilogo comune.
Foto di copertina: B Rosen/Flickr; nel testo: digitalnoise/flickr; video: euronewsit/youtube.