Verso una cittadinanza mondiale
Published on
Translation by:
Ottavio Di BellaE possibile identificare un nuovo modo di pensare riguardo ai problemi di oggi, non solo in Medio Oriente ma ovunque nel mondo. Utilizzando questo processo nella vita di tutti i giorni, possiamo trovare un importante precedente per un nuovo tipo di ordine mondiale.
Questo articolo va inteso in parte come una risposta a una nuova Troika per la pace, scritto da Simon Loubris, pubblicato anchesso su queso sito. Le idee contenute in questarticolo erano di stimolanti e utili.
Il mio obiettivo non è semplicemente di porre rilievi critici: non è questo un approccio che aiuta. Piuttosto, lobiettivo è quello di esplorare ed estendere lidea di usare lEuropa come una sorta di modello per la pace. Le conclusioni sono perciò più attuali.
Esplorando alcuni dei problemi dellarticolo sopra menzionato, possiamo tracciare un nuovo modo di pensare riguardo ai problemi di oggi, non solo in Medio Oriente, ma ovunque nel mondo. Utilizzando questo processo nella vita di tutti i giorni, possiamo assestare un importante precedente per un nuovo tipo di ordine mondiale.
Non mi sento a mio agio con lordine attuale del mondo. Non sento come questa democrazia stia lavorando nella mia vita in qualche livello non alluniversità, nel mio governo nazionale, a livello europeo e mondiale. E io sospetto che molti altri provino gli stessi sentimenti. Un sentimento dimpotenza sta crescendo allindomani della tragedia di New York; non siamo stati in grado di influenzare o di dirigere i nostri governi circa le risposte da dare a questa situazione. Inoltre questo non è soltanto un altro sintomo di un serio malanno non soltanto su questo tema, ci siamo rivelati incapaci di influenzare i nostri leader democratici attraverso gli strumenti democratici, ma anche su una miriade di altri problemi. In Gran Bretagna è stato il caso degli innumerevoli movimenti, dagli anti-capitalisti, a coloro che protestano contro la caccia alla volpe. La Democrazia è stata allontanata dai problemi di ogni giorno, per esser relegata nel rito occasionale delle elezioni. A ogni occasione essa è stata vista con disapprovazione, come inappropriata o estrema.
Certamente la misura in cui questo è vero varia in base ai contesti nazionali, oltre che secondo molti altri fattori. Inoltre stanno emergendo lapatia, e limpressione che il sistema mondiale sia un affare semplicemente troppo grosso e complicato, troppo autonomo per esser cambiato. Ma la domanda è: sentiamo davvero che le nostre società sono abbastanza perfette da essere esportate negli altri angoli del globo? Personalmente non ho fiducia fino a tal punto riguardo i modelli occidentali. In ogni caso, questo è quanto sembra esser suggerito dalla troika di Marshall, Truman e Schuman come una soluzione per la situazione in Medio Oriente. Rifondare e estendere un ordine mondiale che stia allorigine di tutti i nostri problemi, che sembra far affidamento sullo sviluppo, dimenticando limportanza della democrazia, può non esser lunica risposta?
La mia seconda critica a questa soluzione prospettata è relativa al contesto. Potrebbe esser un argomento semplicistico, ma ci si può realisticamente aspettare che una soluzione adottata per lEuropa occidentale, circa 50 anni fa, in un momento in cui nasceva la guerra fredda, possa funzionare in Medio Oriente? Le differenze culturali, nella circostanza, praticamente in tutto, sono nette. La più importante differenze è quella storica. Il rapporto dellEuropa occidentale con gli Stati Uniti era completamente diverso da quello fra US e Medio Oriente oggi. Benchè non fosse un letto di rose, i rapporti non erano intrattenuti fra legemonia interventista degli USA e una sfruttata e sottosviluppata Europa. Inoltre nutrimmo parecchi risentimenti verso il Piano Marshall, e lo sentimmo come impostoci. Per il Medio oriente questo sentimento si centuplicherà. Loccidente è intervenuto in questa regione in altri tempi e per parecchio tempo ancora, con pochi successi e con apparente belligeranza, e non avevamo il diritto di farlo. Dobbiamo smetterla di credere che, in un modo o nellaltro, da noi ci aspetti o si sia qualificati per imporre soluzioni che fanno poco per coinvolgere la gente di questi paesi.
Questo, solo per muovere una critica. Il che non è utile per dire qualcosa oggi: dal disegno che ho fatto sembra che dovremmo semplicemente riposarci e stare a guardare della gente innocente che viene ammazzata in Medio Oriente senza alzare un dito per aiutarli, cosa che non è certamente possibile dimenticare e decisamente molto più biasimevole di ogni incauto tentativo di trovare una soluzione. Comunque, come già detto, limposizione di una soluzione su un popolo riluttante non è unopzione in Medio Oriente, non foss'altro perché non è unopzione nel contesto nazionale. Benchè in Gran Bretagna sembra che ciò accada spesso, ad esempio con limposizione di privatizzazioni non volute, particolarmente nel settore aereo. La soluzione al problema di trovare uneducazione con limposizione di prezzi su milioni di studenti che non possono permetterseli. Limposizione di una guerra con cui molti non concordano. Gli esempi in questa nazione sono troppo numerosi, e sono sicura che ce ne siano altri in molti paesi. Forse una migliore strada per un nuovo ordine mondiale potrebbe partire da casa, ripensando i modi in cui approcciare questi problemi.
La prima idea sarebbe di smetterla di pensare in termini di uniformità e iniziare a conoscere le reali differenze fra est e ovest, nord e sud, che si tratti della propria città o su scala globale. Levigare le differenze non le sradica, tende semplicemente a ammutolire alcune voci. Diventa più conveniente smettere di ascoltare. Non sto mettendo in dubbio le nobili intenzioni in questo genere di tentativi, mi limito ad osservare il fatto che non hanno funzionato, e che si dovrebbe almeno cercare di provare una nuova prospettiva. Forse il consenso è un obiettivo lontano e si potrebbe anzitutto provare ad accomodare il dissenso, prendersi a cuore la varietà e le difficoltà anziché averne paura. Questo modo di pensare può esser applicato a tutti i livelli, dalla singola protesta di un gruppo locale ai movimenti internazionali; dalle istituzioni locali a quelle internazionali. Nel caso del Medio Oriente ciò potrebbe trovare applicazione attraverso una redistribuzione del potere allinterno e verso le Nazioni Unite. Il potere verrebbe ritrasferito allAssemblea Generale con questo tipo di logica, e lontano dallarea limitata del Consiglio di Sicurezza. Il potere dovrebbe esser attribuito laddove tutte le voci vengono equamente ascoltate e tutti i punti di vista considerati, evitando perciò ogni impressione che sia loccidente ad imporre le soluzioni. Ammetto che immaginare quale tipo di soluzione per i problemi mediorientali risulterebbe quasi impossibile, ma il punto è che non si tratterebbe di uninvenzione tutta occidentale destinata al fallimento.
Un altro problema è il fatto che pensiamo questi problemi in termini di stati-nazione, ancora una volta, un approccio che non è stato molto fruttifero alla lunga. Il terrorismo, come molti altri problemi in questa era della globalizzazione, non può esser contenuto allinterno degli stretti confini nazionali. E un fluido, dispersivo, transnazionale problema e come tale dovrebbe esser ritenuto. Riporre fiducia nela soluzione di questo problema, nei leader degli stati-nazione ha portato alla guerra e a spargimenti di sangue, e senza dubbio ad un accresciuto anti-americanismo. Il miglior modo per affrontare questi problemi devessere più inventivo, cercando almeno di rispecchiare la forma della sua minaccia. Ed ancora una volta la risposta va ricercata più che in una cooperazione fra gli stati-nazione, in un reale trasferimento di potere ad un nuovo livello, dove le preoccupazioni nazionalistiche e quelle noiosamente economiche possano esser accantonate.
In ogni caso, per tornare alla questione analizzata, come può questo nuovo modo di pensare esser usato qui in Europa per contribuire positivamente alla costruzione di un nuovo, e sottolineo nuovo, ordine mondiale? Il mio suggerimento è che lEuropa, risolvendo i propri problemi e le proprie differenze, possa dar luogo ad un importante precedente come esempio. Una nuova cittadinanza europea che celebri le differenze dei suoi popoli e li unifichi non come stato-nazione ma come individui liberi di pensare. Ciò potrebbe esser raggiunto paradossalmente, in un modo molto simile a quello in cui gli stati-nazione si sono formati, attraverso lo sviluppo dei movimenti sociali. Sto pensando a quei movimenti che ci legano aldilà dei nostri confini nazionali, come ad esempio i più recenti movimenti in favore delle donne, i movimenti ambientalisti, quelli anti-globalizzazione e quelli contro la guerra. Questo tipo di organizzazioni hanno il potenziale per rivendicare la sfera pubblica dalle istitituzioni degli stati-nazione, per riportare democrazia nella realtà di tutti i giorni, per ristabilire una normale partecipazione attiva . Se ciò potesse esser raggiunto, si dimostrerebbe efficacemente come una nuova base per un nuovo ordine mondiale. Verrebbe posto un primo paletto lungo la strada, attraverso una qualche forma di cittadinanza mondiale, di partecipazione globale.
In breve, solo quando risolveremo i nostri problemi potremo iniziare a pretendere di esser qualificati per risolvere quelli degli altri. Benchè il metodo con cui raggiungere questo sia soltanto stato sfiorato, è qui importante stabilire che bisogna ripensare le nostre idee e aprire il dibattito. Come Foucault disse una volta, nous sommes bien moins grecs que nous ne le pensons, (siamo meno greci di quanto possiamo credere!). Il primo passo nella costruzione di un nuovo ordine mondiale dovrebbe esser quello di costruire una nuova democrazia a casa nostra.
Translated from Towards a world citizenship: a new thought for a new world order