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Venti contrari nell'Europa dell'Est

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Politica

Mentre la stampa internazionale parla di una “Nuova Europa” e le agenzie di rating registrano un trend economico in rialzo nell’Europa dell’Est, in Ungheria il vento soffia in direzione contraria. L’avanzata nazionalistica non solo mina le basi di democrazia, pluralismo e libertà di un intero popolo, ma ha anche effetti devastanti sull'economia.

“Il Parlamento non ha dignità, ma solo autorità”, questo il commento a margine del presidente di TASZ (Hungarian Civil Liberties Union), l’associazione ungherese che si batte per i diritti civili, all’indomani della decisione da parte del governo ungherese di chiudere la storica emittente radiofonica Klubradio.

Salito al potere nel marzo del 2010, Viktor Orbán, leader euroscettico e ultranazionalpopulista a capo del partito Fidesz, non si lascia impaurire dai richiami della Commissione Europea. E sembra aver iniziato ad applicare la legge-bavaglio, fetta dopo fetta, secondo la cosiddetta “tattica del salame”, che tanto s’addiceva al regime comunista di Matyas Ràkosi, tiranno stalinista degli anni Cinquanta. Prima vittima della contestatissima legge sui media, entrata in vigore lo scorso anno, è stata quindi l’emittente nazionale KlubRadio, unica voce radiofonica d’opposizione, che a marzo 2012 sarà costretta a cedere la sua frequenza ad una nuova emittente, che si chiamerà AutoRadio.

"Poco spazio alla cultura magiara"

Klubradio chiude, ufficialmente, "per non aver riservato abbastanza spazio alla cultura magiara”. La notizia, come sottolinea Reporters Without Borders, è arrivata il 21 dicembre 2011, ad un anno esatto dell’approvazione in Parlamento della legge liberticida sui media e l’informazione, passata con una maggioranza di 256 sì contro 87 no.

Rating democratico e economico: spazzatura

Un regime che sembra uscire dalle pagine di Orwell. E questo è solo l’ultimo passo dell’avanzata di Orbán che ha anche l’intenzione di intraprendere una riscrittura della storia ungherese, ad opera dei suoi ideologi, e circondare il Paese di una sorta di cordone sanitario. Ritornato al potere per la seconda volta, dopo una parentesi socialista, Orbán programma la sua scalata nazionalistica. E mentre appiattisce la vita culturale, normalizzando le attività di teatri, scuole pubbliche e università, sembra avere anche l’intenzione di affossare l’economia del Paese, rinunciando ad aiuti esteri e cooperazioni europee, dichiarandosi “contro il grande capitale internazionale”.

Questo atteggiamento di chiusura, combinato con la disoccupazione in aumento, la svalutazione del fiorino e l’aggravarsi del debito sovrano, ha però trascinato l’Ungheria in una povertà inaspettata. Secondo le agenzie internazionali, quello ungherese è uno dei peggiori rating di tutta la nuova Europa. Categoria junk, come si dice nel gergo. Orbán si è quindi deciso a chiedere un prestito al Fondo Monetario Internazionale, ma la Commissione Europea ha interrotto le trattative in segno di protesta contro le ultime decisioni arbitrarie del suo governo.

Orbán ha infatti suscitato preoccupazione e disappunto in tutta l’Unione Europea con l’annuncio di un recente disegno di legge che prevede un vero e proprio golpe bianco: fondere la Banca centrale ungherese (Magyar Nemzeti Bank) con l’authority governativa di controllo dei mercati, privando in tal modo la banca nazionale della sua autonomia. In materia giuridica, intende invece ufficializzare la nomina politica sistematica dei magistrati. Per finire, ha proposto d’introdurre una procedura d’urgenza che consenta al governo di approvare nuove leggi entro 48 ore, senza alcun dibattito parlamentare.In compenso, immaginando forse una restaurazione, Orbán ha concesso a tutti i cittadini slovacchi, romeni, serbi e ucraini di origine ungherese il diritto di voto per il Parlamento nazionale, rifacendosi probabilmente alla Grande Ungheria di epoca nazista. Di contro, riserva solo seggi simbolici, ma senza diritto di voto, alle minoranze presenti sul suolo nazionale, come i Rom.

Nuovo contagio?

“Ogni democratico, indipendentemente dal proprio pensiero politico, dovrebbe dire di no a qualsiasi forma di potere dall’alto che cerchi di mettere a tacere un canale d’informazione”, ha dichiarato, finora inascoltato, il fondatore di Movement for Honest Reporting. Sarebbe entusiasmante, infatti, appassionarsi ad una nuova primavera, tutta europea, come hanno fatto sperare i recenti echi russi. Ma la paura qui corre anche sul web: pare che il regime di terrore voluto da Orbán abbia contagiato anche la rete, dove sempre più cittadini hanno paura di essere coinvolti o intercettati, attraverso mailing list o i propri profili sui social network. È recente la notizia dell’arresto del capo dell’opposizione socialista. L’arresto è avvenuto durante una manifestazione di protesta davanti alla sede del Parlamento contro le ultime proposte di legge, ultima mossa di una coalizione che in pochi mesi ha già introdotto 40 nuove norme e modificato 6 volte la Costituzione.

Così, mentre Praga si commuove per i funerali di Vaclav Havel, eroe della Rivoluzione di Velluto, e la Croazia sembra raggiungere finalmente l’Unione Europea e la Russia torna in piazza contro i soliti brogli elettorali di Putin, il vento dell’Ungheria soffia in direzione contraria. Trascinando con sé un intero Paese e spazzando via, fin troppo discretamente, le libertà fondamentali dei cittadini ungheresi. 

Foto: apertura (cc) Casey David/flickr; Orban (cc) europeanpeoplesparty/flickr