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Venezia-Francoforte, la contro-Biennale degli studenti

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Cultura

Cronaca di cinque appuntamenti con i passanti veneziani. Firmata dagli allievi (europei) di Architettura e Belle Arti.

Venezia, una sera di primavera, campo San Pantalon. Una ragazza bionda, in pantaloncini e felpa, cerca freneticamente di aprire un portone, senza riuscirci. Fa il giro delle chiavi. Le prova una ad una, ma non riesce ad aprirlo. Una passante commenta in veneziano stretto: «A tosa a serca e ciave, a serca e ciave» (la ragazza cerca le chiavi, cerca le chiavi, ndr), e un'altra grida: «Chiamate un fabbro!». La ragazza, circondata da occhi sbigottiti, corre intorno alla piazza e ricomincia a provare le chiavi.

Da Francoforte a Venezia, passando per la banlieue parigina

In realtà si tratta di una performance coprodotta dagli studenti dello Iuav di Venezia e dell'Accademia di Belle Arti di Francoforte, la Stadelschule. Che fa parte di cinque eventi d’arte contemporanea, tutti europei, giovani e fuori dagli schemi. Anzi, non cinque ma 4+1. Lo scopo della manifestazione omonima tenutasi nella primavera 2007? Dimostrare che esiste un vero e proprio giro di artisti fuori dai soliti circuiti, che s’interrogano sul senso dell’arte a suon di provocazioni. Una realtà alternativa alla tradizionale Biennale d'arte di Venezia, che si concluderà il 21 novembre 2007 nella città lagunare.

Passato un ponte ed un buio sotoportego (un sottoportico), a pochi metri da Campo San Pantalon, ci ritroviamo a lato della splendida Chiesa dei Frari. Qui un ragazzo in accappatoio e infradito sta declamando un discorso che legge scorrendo dei fogli. Il discorso dura una mezz'oretta, poi ricomincia, per un totale di un'ora e mezza. Alcune telecamere sono piazzate di fronte agli attori, illuminati dai riflettori. Sono set cinematografici che andranno a comporre un mosaico di video in proiezione la sera stessa. Uno dei curatori dell'evento, Pietro Rigolo, mi spiega che «ci sono stati altri due set oggi. Il tema dell'evento? Il rapporto tra opera d'arte e pubblico. Per questo abbiamo deciso di allestire dei set "casuali" in giro per Venezia. Volevamo cogliere la reazione dei passanti. Nei due set di stamattina si riprendevano persone che facevano flessioni e addominali, che abbracciavano i veneziani, che si asciugavano il sudore». Rigolo mi indica i due artisti che hanno ideato l'evento: Claudio Marcon, studente allo Iuav di Venezia, impegnato nelle riprese, e Hanna Hildebrand, giovane artista della Staedelschule di Francoforte, capelli ricci e sguardo sorridente. Non male per due ventenni.

Quattro video

Hanna la conosco. Insieme ai suoi compagni di corso era venuta ad un vernissage di una mostra nella residenza per artisti di Noisy-le-Sec, nella banlieuenord di Parigi nel 2006. È sorridente, felice che l'evento veneziano abbia suscitato curiosità, in una città che pare ripiegata unicamente sull'evento Biennale. «Devi vedere tutti e quattro i video insieme per capire il senso di questi set, per costruirti tu una storia. Volevamo riprendere una sorta di quotidianità che si ripete, per questo abbiamo scelto di far ripetere la stessa scena per un'ora e mezza in ogni set. Abbiamo voluto riprendere il momento in cui si fa sport, il durante e il dopo, ispirandoci alle riflessioni del semiologo Roland Barthes. I quattro set dovevano svolgersi in contemporanea, ma per motivi di budget non ce lo siamo potuti permettere. Sarebbe stato interessante vedere che storia si sarebbero costruiti i passanti vedendo i quattro set uno dietro l'altro».

Alle 22, dopo la fine delle riprese, ci rechiamo in una casa in Campo San Giacomo. Sono tutti luoghi sconosciuti ai turisti: ci troviamo nel sestiere (zona) di Santa Croce.

La casa è una casa vera e propria, disabitata da tempo, ma ancora arredata. In una stanzetta, dopo un intenso andirivieni e frenetico lavorio degli artisti, possiamo finalmente entrare a scoprire che cosa ne è venuto fuori. Si proiettano in contemporanea i quattro video. Nei primi due, tre calciatori fanno flessioni ed esercizi per un'ora e mezza. Il terzo e il quarto, invece, sono quelli girati poco prima in Campo San Pantalon e vicino alla Chiesa dei Frari.

Una foresta a testa in giù

A coronare il progetto una performance “fatta in casa”. La casa di uno dei partecipanti al progetto, Tobia, si trasforma in Tobia's garden. One night, fifty plants, sixteen square meters, ovvero una foresta rovesciata di piante nella sala dove nel primo momento espositivo erano state proiettate le immagini delle riprese. La foresta rovesciata, che pende dal soffitto della stanza, è una sorta di metafora dello scarto tra il pensiero e la sua comprensione quando, espresso a parole, viene recepito; un dibattito uscito dagli incontri precedenti, come mi spiegano Plamen e Sofia, 26 e 25 anni, i due artisti che hanno commissionato l'opera. Lui bulgaro, lei danese: un'eurocoppia d'arte. I due si sono conosciuti nella Staedelschule di Francoforte, dove studiano insieme ad Hanna.

Saranno questi giovani artisti il futuro dell'arte contemporanea europea? Nell’attesa di scoprirlo, appuntamento a Francoforte il 26, 27 e 28 ottobre, per un nuovo evento.

Foto associazione Mobeel