Vamos a la playa
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Francesca BarcaAnche se non si direbbe la parola vacanze ha origini sacre…
Vamos a la playa, la canzone dei Righeira che ci riporta al 1983. I successi estivi, soprattutto quelli che abbiamo ascoltato da bambini, restano impressi nonostante il poco tempo richiesto al loro autore per comporli. Appena ci si riaffacciano alla memoria significa che forse è ora di staccare. È tempo di vacanze.
La parola tedesca “Urlaub” che significa ferie, non arriva, come molti pensano da “laub” (foglie morte) ma ha origini più antiche. Nel Nono secolo, i lavoratori che volevano una pausa dovevano chiedere il permesso al loro superiore. Le vacanze si chiamano “urlub”, parola molto vicina linguisticamente al verbo erlauben (autorizzare).
Quando il viaggiatore arriva a sud si ritrova su un certo numero di parole di origine latina: “vacances” in Francia, “vacaciones” in Spagna, “vacanze”in Italia e, perfino, “vakantie” nei Paesi Bassi.
Diversamente dal senso dato dai tedeschi alle ferie (la sottomissione ai superiori), la parola latina “vacans” non significa altro che avere del tempo libero. Lo spagnolo lo ha arricchito con una sfumatura estiva: “veranear”, che significa partire, ma solo d’estate.
In Italia e Germania si parla volentieri di “ferie” o di “Ferien”, che arrivano dall’unione latina di "festus" (festivo) e "anum" (santuario). Il riferimento è sì alla tradizione religiosa, ma anche al fatto che tutto è chiuso e non c’è nulla da fare.
Durante il Quattordicesimo secolo gli inglesi celebravano le feste (religiose) “holy day”, mentre oggi sono solo laiche, “on holiday”. Nel sud della Francia o in Spagna “la Feria”, anche se ha un’origine spirituale, oggi è dedicata a Bacco.
Una cosa è sicura: gli europei si sono adattati, linguisticamente, alla dolcezza delle attività estive. “Sweet idleness”, dicono gli inglesi, "couler douce" i francesi, il “dolce far niente” insomma.
Translated from Europa heilig Urlaubland