Vaiko e la rivoluzione cantata dell’Estonia
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margot bezziCantante e presentatore radio, il 24enne estone prevede: «a breve case discografiche in ginocchio».
«L’Estonia è così piccola che quando sai fare qualcosa pensano che tu possa fare tutto». Si shcernisce, Vaiko Eplik, presentatore dei programmi mattutini su Radioo 2, una radio alla moda in questa repubblica baltica dal 2004 membri dell’Unione Europea. «Amo pensarmi musicista, tutto il resto è superfluo». Più che passione, la musica è vocazione per Eplik: giovane, nervoso, sigaretta in bocca... Un tipo che sprigiona indipendenza da tutti i pori.
Senza ordine cronologico, date o ricordi definiti, enumera rapidamente i fatti che segnano la sua vita: il professore di canto che lo nota all’età di quattro anni, il suo ingresso in televisione a soli otto, l’Accademia nazionale di musica dove impara a suonare il pianoforte, le prime canzoni a quattordici anni e il primo CD a diciotto, gli anni passati in un gruppo rock alla moda, l’inizio della fama, le persone che lo riconoscevano per strada e infine l’Eurovision, la gara canora europea.
Eplik si fa conoscere coi Claire’s Birthsday, una formazione brit pop diventata cult in Estonia alla fine degli anni Novanta. Diventa poi leader dei Ruffus, gruppo selezionato per rappresentare l’Estonia al concorso Eurovision 2003, che in quell’anno si tiene a Riga.
«Separiamo la creazione dal mondo del denaro»
Questi successi tuttavia rimangono parte di quel periodo che egli definisce “commerciale”, e di cui ormai si vergogna. Ma gli esempi di giovani di successo nascono come funghi in Estonia, paese dotato di una classe dirigente giovane e liberale. Il tasso di crescita del Paese ha raggiunto nel 2005 il 9,5%.
Con il suo lavoro di giornalista radio, Eplik sostiene di guadagnare abbastanza per permettermi «una creazione musicale libera e intelligente. E tenere, così, separati il mondo del denaro da quello della creazione».
Agli occhi di Eplik, la musica deve essere indipendente da ogni tipo di ambizione economica. «Certo Mozart scrisse il suo Requiem su commissione» precisa, «ma al giorno d’oggi dovrebbe essere più facile essere indipendente e fare della vera musica restando ai margini del sistema commerciale, piuttosto che lasciarsi aspirare dal circuito delle major musicali».
Una rivoluzione chiamata Eliiit
Eplik difende corpo e anima la sua concezione della composizione musicale. L’artista deve fare tutto da solo, dalla scrittura alla registrazione, dall’interpretazione al disegno della copertina. Tra una Marlboro Light e l’altra, l’ex rock star non cessa di ricordare le etichette indipendenti come Eliiit, «un movimento innovatore che può davvero provocare una vera e propria rivoluzione musicale in Estonia». Il movimento è nato più o meno quattro anni fa e raggruppa artisti alternativi e non, desiderosi di affermare la loro indipendenza creativa.
«Tutti possono partecipare» dice Eplik. «Prima pensavamo che cantare in inglese fosse un imperativo per poter sfondare». Con una predisposizione naturale per le lingue, tutti i giovani parlano tanto estone che inglese o finlandese, grazie al fatto che riceviamo le trasmissioni finlandesi; quanto al russo, resta una lingua conosciuta e capita, ma che gli estoni non amano parlare.
Eplik vuole evitare che l’opera artistica venga snaturata. La musica, una volta distribuita dalle major, non appartiene più ai musicisti, e i cd diventano oggetti industriali come tanti. C’è una voragine tra quelli che «vogliono fare soldi e affari» e i creativi per i quali Eplik confessa la sua ammirazione quali i francesi Serge Gainsbourg o Michel Polnareff.
Quando i canti patriottici ritmavano la rivoluzione anti-sovietica
Eplik è convinto che con il progresso travolgente di una tecnologia sempre meno cara chiunque può concepire e creare dal proprio computer registrazioni di una qualità dieci volte superiore ai vinili prodotti dai Beach Boys e dai Beatles.
Un mondo dove il digitale sia accessibile a tutti a basso prezzo, e un paese con Internet senza fili wi-fi ovunque: ecco il sogno di ogni musicista. Nulla potrebbe competere a quel punto con la «produzione fatta in casa» afferma. «Da qui a cinque anni tutte le case di produzione musicale falliranno». Approfittando di una democratizzazione di questa tecnologia, quello che propone Eplik non è nient’altro che una rivoluzione musicale: «Vorrei riconsegnare la musica all’arte. Non voglio fare business».
Ascoltare un discorso del genere in Estonia, dove la musica è stata arma di resistenza e mezzo di accesso all’indipendenza, non fa scalpore. Dal 1988 i paesi baltici hanno iniziato a credere nella loro indipendenza proprio grazie alla musica. In Estonia furono in tanti a intonare canti nazionali messi al bando dalla legge, e a recuperare le loro libertà grazie a quella che sarebbe presto stata chiamata “La rivoluzione cantata”.
Oggi, i festival di rock e i grandi concerti estivi a Tallin e sulle spiagge spopolano. Ma Eplik si rammarica della mancanza di curiosità dei giovani d’oggi in campo musicale: «Guardano Mtv e comprano cd». Ai suoi occhi l’essenziale resta la capacità e la possibilità di scelta. «Quando ero piccolo io, al mio paese potevo comprare esclusivamente cassette di Bon Jovi registrate in Polonia. Ora invece possiamo scegliere, ma i giovani non lo sanno fare. Ed è triste».
Translated from Révolution musicale en Estonie