Uomini in guerra: le lacrime dei militari della Lituania
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Mentre il governo della Lituania ha ristabilito il servizio di leva obbligatorio qualche mese fa, la fotografa Neringa Rekasiute ha colto l'occasione per mettere in discussione lo stereotipo maschile ritraendo uomini in uniforme che piangono.
Dopo la crisi in Ucraina, il ministero della Difesa della Lituania ha deciso di ristabilire il servizio militare obbligatorio. Mentre le prime migliaia di reclute si sono presentate in modo volontario, il resto degli effettivi richiesti è arrivato per obbligo. La mancanza d'entusiasmo dei coscritti e le loro critiche della decisione del governo ha esposto questi giovani al disprezzo pubblico e ad insulti come "effemminati", "codardi" e "traditori".
Neringa Rekasiute ha riunito 14 ragazzi a caso, dai 17 ai 28 anni, per realizzare una serie di fotografie che rappresentasse il gruppo dei "disgraziati". Neringa ha convinto quegli uomini a farsi fotografare mentre piangono in abiti militari. Se le aspettative socio-culturali vorrebbero l'uomo dominante, minaccioso e freddo, la fotografa ha controbattuto allo stereotipo del soldato dal sangue freddo con una galleria di visi commoventi.
"L'esercito non farà di te un uomo: se sei un idiota, rimarrai un idiota", dice il ventisettenne Vytautas.
Edvinas, 17 anni, riflette sul concetto di libertà: "Si può vincolare la libertà di scelta di un uomo e chiamarla vita libera?". Justas, diciottenne, la pensa uguale: "La vera forza risiede nella capacità di farsi un'opinione da soli. Siamo forti". Denisas, 23 anni, esprime il suo rifiuto del dovere: "Oggigiorno non c'è più spazio per la costrizione. Le cose obbligatorie dovrebbero essere quelle che uno fa di spontanea volontà".
Secondo Martynas, 22 anni, essere costretti a far qualcosa non può in nessun modo essere virile: "Virile è la possibilità di scegliere per se stessi", dice il giovane. Ma via via che scorriamo nella galleria di ritratti e di pensieri, il dibattito si fa meno politico e più orientato sulle tematiche di genere.
"Secondo me, i tempi arcaici, quando un uomo doveva uccidere un bue e trascinarlo a casa per sfamare la famiglia, sono finiti da tempo. Non che l'esercito sia una cattiva cosa in generale, ma renderlo obbligatorio non è un bene. Specialmente quando il governo lo annuncia all'improvviso senza dibattito pubblico o preparazione. Si tratta di un sistema che dovrebbe essere introdotto un passo alla volta, uno dovrebbe sapere già dai tempi della scuola che esiste la possibilità di essere chiamati alle armi per potersi familiarizzare con l'idea", dichiara il ventottenne Danas.
A Vytenis, 18 anni, non dispiace l'idea di arruolarsi nell'esercito, però, sottolinea, "ad ispirarmi è stata un'amica, una ragazza che ha fatto la volontaria nell'esercito".
"Una pistola in mano non definirà la tua mascolinità", aggiunge il suo coetaneso Jaunius.
Le faccende pratiche hanno il loro considerevole peso sulla decisione di questi uomini di arruolarsi volontari o meno. "Quando ero ancora a scuola, il servizio di leva fu abolito. Ne ero molto felice allora, ma guardando indietro, capisco che sarebbe stato meglio fare il militare allora piuttosto che oggi che possiedo la mia ditta e che ho creato lavoro per altre persone. Ho bisogno di starci dietro", dice il venticinquenne Mindaugas.
Lukas invece ha 25 anni, e si spinge addirittura oltre: "Se mi chiamassero alle armi, troverei un modo di evitarlo. Ho una moglie, siamo felici insieme e la famiglia per me viene prima di tutto. Abbiamo creato tanto, non vorrei mai lasciarla".
Questo evento delicato si è tramutato in un'occasione per questi uomini: per aprir bocca sul sessismo che subiscono quotidianamente a causa di norme sociali e dell'ostracismo più o meno esplicito riservato a chiunque non vi si pieghi. Un'opportunità rara di sfidare i ruoli di genere da un punto di vista inedito. Ottenendo che siano gli uomini, per di più dei soldati, a meditare sulla loro condizione di genere altrettanto schiacciato dal maschilismo.
Ecco dove vedere i lavori di Neringa Rekasiute: http://neringark.com/