Uomini divorziati, uomini rovinati: il caso italiano
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Divorziare è spesso causa di un crack finanziario, che fa precipitare gli ex coniugi in condizioni di emarginazione sociale e indigenza, dove lui finisce per essere più povero di lei. Una situazione molto difficile, denunciano le associazioni dei papà separati.
Padri spennati…
La fotografia scattata da un’indagine del 2009 dell’Eurispes – istituto italiano di ricerca e statistica – ha scatenato un certo dibattito nel paese circa le dimensioni del fenomeno. Nonostante il tasso di rotture familiari in Italia sia più basso di quello che si registra in altri paesi europei - Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca ma anche Francia e Spagna - le persone coinvolte sono circa 400.000 all’anno. Un trend in costante aumento dal 2000, che segue un relativo periodo di calma dopo il primo boom, successivo all’introduzione della legge sul divorzio nel 1972.
In caso di presenza di figli minori, è prassi diffusa della giustizia italiana di affidarli alla madre: questo accade nel 67,1% dei casi contro un 28% di sentenze in cui si sceglie la strada dell’affido condiviso. Quest’usanza ha anche importanti conseguenze economiche. In primo luogo l’uscita di casa del padre, che deve quindi sobbarcarsi il costo di un affitto. A questo possiamo aggiungere che nel 24,9% delle separazioni è disposto il versamento di un assegno mensile – nel 97,9% dei casi a carico del marito -, il cui importo medio ammonta a 498,19 euro. Infine dobbiamo conteggiare l’assegno per il mantenimento del figlio, che vale in media 445 euro al mese e nel 94% dei casi è erogato dal padre.
… e ai margini della società
Date queste premesse, non fa scalpore trovare nei quotidiani italiani le storie di una nuova classe emergente di poveri: i padri divorziati e separati. Costretti a dormire in macchina e sempre più spesso ospiti nelle mense cittadine gestite da istituti religiosi, non possono nemmeno contare su uno stato sociale strutturato, perché l’aiuto pubblico si limita a sporadiche iniziative di amministrazioni locali, com'è accaduto a Roma, Milano e Bolzano.
«La legislazione attuale in tema di affido dei figli è tutto sommato buona - commenta Alessandro Ciardiello, presidente dell’associazione Papà Separati - ma c’è una resistenza culturale enorme da parte della magistratura nell’applicarla». La difficoltà nel far passare in concreto il principio dell’affidamento condiviso dei figli sarebbe l’indizio più grande del ruolo educativo secondario cui è relegato l’uomo una volta rotto il nucleo familiare. Da qui alla sua condizione di marginalità sociale, in cui precipitano principalmente i lavoratori a reddito fisso, il passo è breve. La battaglia di Ciardiello per ribaltare questa visione è iniziata a metà degli anni novanta, complice l’avvento della rete. «Una decina di anni fa le associazioni di papà separati erano per lo più locali e slegate tra loro - ricorda - ma l’uso di internet ha permesso di creare un network che ha dato visibilità e incisività al movimento».
Una class action contro la tradizione
«La situazione italiana è molto simile a quella spagnola - osserva Alessio Cardinale di Adiantum, un’associazione per la tutela dei minori, - con l’aggravante che da noi i padri separati vivono spesso lontano dalla città di origine e non possono nemmeno contare sull’aiuto della rete familiare». La situazione è diversa in Francia e nei paesi Scandinavi, dove il principio dell’affidamento condiviso fa ormai parte della cultura dominante. «Nei paesi nordici la casa può essere lasciata al minore, con i genitori che si alternano una settimana per uno - continua Cardinale, - e questo diverso approccio ha anche un diverso impatto sulla condizione economica dell’ex coppia, meno devastante per i padri al contrario di quanto accade da noi».
L’Italia sarebbe vittima di una cultura che vede la prevalenza del ruolo materno e non tiene conto né del maggiore ruolo sociale che investe la donna fuori dalle mura domestiche, né del maggiore ruolo educativo esercitato dai padri in famiglia. Una visione antiquata e sostenuta dalla Chiesa, che per i difensori dei padri separati trova nella magistratura la sua roccaforte, tanto da spingere la Adiantum a lanciare una class action contro il Ministero di Grazia e Giustizia, per la mancata vigilanza sull´applicazione della legge sull’affidamento congiunto introdotta nel 2006. «Ma siamo pronti ad andare oltre l’Italia e a spingerci fino alla Corte Europea dei diritti dell’uomo» conclude un battagliero Cardinale.
Foto: christianyves/flickr; scribbletaylor/flickr; olgababenko/flickr