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Università, non solo esami: il mondo delle radio universitarie milanesi

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Milano

Bocconi, Cattolica, IULM, Politecnico e Statale. Cinque università, che grazie ai loro studenti possono andare oltre l'ateneo e parlare a tutti quanti. Cafébabel ha incontrato le radio universitarie milanesi.

Vi abbiamo già raccontato il panorama delle radio universitarie parlando con RadUni, l'associazione che a livello nazionale si occupa di promuovere queste realtà. Adesso puntiamo il focus sulla città di Milano e vi portiamo all'interno delle cinque radio universitarie della città (in rigoroso ordine alfabetico). Che presto diventeranno sei, con l'università Bicocca che si aggiungerà al gruppo.

Radio Bocconi: «Il tempo dedicato torna tutto indietro»

Col settimo compleanno alle porte, Radio Bocconi è già al lavoro per i festeggiamenti. «Le origini sono avvolte nel mistero, non c’è mai stata la volontà di tramandarci la storia della creazione – racconta Giuseppe Musella, station manager e studente di giurisprudenza –. Dei ragazzi all’epoca hanno deciso di mettersi in gioco, l’Università ci ha creduto e venne finanziato l’acquisto dei materiali». Da allora la radio è cresciuta: uno streaming continuo, con la programmazione musicale intervallata dai format settimanali. «Ci sono circa 140 persone che ruotano intorno alla radio e il 99% degli speaker sono studenti – continua Giuseppe –. Abbiamo programmi di informazione, approfondimento culturale, di musica e intrattenimento». Il tempo dedicato è tanto, ma secondo lo station manager è sbagliato parlare di tempo perso: «Tutti noi lo facciamo consci del fatto che sia un investimento. Il tempo che ho dedicato alla radio mi è tornato tutto indietro: ho imparato come si espone in pubblico, come ci si relazione con le persone, ad essere manager». Giuseppe ci tiene alla radio, «un modo di esprimerti, vieni messo davanti a un microfono, a un certo punto inizi a parlare e non smetti più», e sottolinea le difficoltà che si incontrano nella gestione di tutti i giorni: «Radio Bocconi non vuol dire “hey, siete pieni di soldi”. A fine gennaio si è bruciato un mixer e siamo stati fermi un mese». Per crescere e consolidarsi, è fondamentale «avere un nocciolo duro all’interno, perché se non hai i tuoi ascoltatori all’interno dell’università non sei nulla. Per noi poi andare in diretta fuori dal campus è difficile per lacune tecniche, ma la volontà c’è e ogni anno cerchiamo di potenziarci sempre di più». 

La “Vox” della Cattolica, oltre i confini dell’università

Da RadioCatt a Vox. Cambia il nome, si trasforma il contenitore, ma la voce della Cattolica continua a parlare. «Il progetto nasce nel 2010, con tante idee molto confuse. Confrontandoci con la realtà delle cose la radio si è evoluta e la redazione cresceva, avevamo l’esigenza di spostarci fuori dall’università, un ottimo punto di partenza, che aiuta la costruzione di un progetto. Ma d’altra parte riduce il pubblico e se si vuole parlare al di fuori bisogna uscire». Jgor Beni ci racconta così la nascita e lo sviluppo dell’associazione Vox, di cui è presidente. «A fine 2013, quando la radio era già assestata all’interno dell’università, abbiamo voluto portarla fuori – continua –.  Così abbiamo costituito l’associazione culturale Vox, che ha come scopo finale quello di promulgare la cultura giovanile a 360 gradi». In questo modo gli studenti della Cattolica hanno potuto realizzare il loro desiderio di andare oltre le mura dell’ateneo, rimanendo comunque legati alle origini: «Il progetto RadioCatt non si è mai sciolto, è tutt’ora una radio universitaria. Vox lo finanzia e lo tiene vivo. Non abbiamo mai avuto un patrocinio diretto dell’università; da un lato è stato una manna, dall’altro ci si scontra con varie difficoltà». Vox, che si autofinanzia riuscendo così a garantire un continuo aggiornamento dei contenuti, caricati in podcast sul sito, non si dimentica della città: «Sentiamo Milano come la nostra culla, e come una casa devi descriverla per far capire che è un bel posto, devi tesserne le lodi e analizzare criticamente gli aspetti più problematici». E così nasce “Milano State of mind”, la città «come uno stato mentale. Perché Milano è caratterizzata da una vivacità a livello culturale che noi cerchiamo di afferrare  e trasmettere».

Radio Polifemo (IULM), da laboratorio a spazio per gli studenti

La comunicazione alla IULM è di casa, non poteva mancare un laboratorio radiofonico. Quello che nasce come strumento didattico nel 2004, col passare del tempo è diventato qualcosa di più. Luca Cancellara, che insieme a Tommaso Aimo affianca e supporta gli studenti racconta Radio Polifemo: «Polifemo nasce come laboratorio didattico. Gli studenti che nei loro percorsi di studio hanno esami di comunicazione radiofonica, devono produrre del materiale, e hanno così la possibilità di registrare le loro esercitazioni e impratichirsi sia dal punto di vista tecnico sia artistico». Quello che all’inizio è quindi un obbligo legato agli esami, presto si trasforma nell’esigenza di sviluppare idee e creare programmi: «Molti studenti,  una volta passato l’esame, hanno il piacere di proseguire con l’esperienza radiofonica. Molti rimangono, sviluppano le idee che hanno avuto per l’esame oppure reinventano altri format e proseguono nella loro esperienza». Tra i vari programmi, Cancellara cita quelli più di successo: “Feel It”, spazio di musica elettronica, “Ero nessuno”, programma di intrattenimento e “Pensieri e parole”, pillole sonore in cui lo speaker racconta le canzoni di Lucio Battisti come se fosse il protagonista del testo. Le produzioni di Radio Polifemo sono caricate qui, sul canale di Mixcloud.

Poli.Radio: «Gli studenti la nostra prima preoccupazione»

Politecnico, sede di piazza Leonardo Da Vinci. Lo studio di Poli.Radio è nascosto tra i numerosi edifici del campus universitario, ma gli oltre 70 studenti che si dedicano alla radio sanno bene dov’è. Luca Masiero è station manager della stazione nata nel 2007. «Viviamo sui fondi che il Poli ci dà attraverso bando, però tutta la parte di direzione artistica e tecnica, sviluppo, acquisto di attrezzature è nostra» spiega. Nonostante il Politecnico prenda otto ore al giorno, tra studio e lezioni, gli studenti trovano comunque la fetta di tempo da dedicare alla radio: il palinsesto è di cinque giorni, con programmi serali in onda dopo le 19. «La sera gli studenti vengono qua a divertirsi – continua Luca –. Quello che spinge uno speaker ad andare in onda e prestare la propria voce è la passione. Andando in podcast poi, si può arrivare paradossalmente ovunque e a chiunque». Il Poli, non potrebbe essere altrimenti, è all’avanguardia dal punto di vista tecnico, e questo permette di gestire anche dirette al di fuori del campus, come successo in occasione del Festival delle Radio Universitarie del 13-15 marzo 2015: «Qui abbiamo le attrezzature, che non possiamo comprarci a casa. Dal punto di vista tecnico siamo all’avanguardia, cerchiamo nuovi sviluppi e nuove attrezzature sempre al passo e poi buttiamo le nostre conoscenze per farle funzionare».La prima preoccupazione, spiega ancora Luca, «sono gli studenti del Politecnico. Per arrivarci cerchiamo di coprire eventi esterni, seguiamo gli eventi dell’università, come l’open day fornendo supporto musicale o intrattenimento. Essendo web radio poi, arriviamo un po’ ovunque, ci sono ex studenti che vivono all’estero e ci seguono ancora».

La neonata ma già consolidata Radio Statale

L’ultima arrivata in ordine di tempo è Radio Statale. Il 25 ottobre 2014, nella serata di presentazione, circa  5000 persone, studenti e non, sono accorse nella sede di via Festa del Perdono. «Non ci aspettavamo sicuramente una cosa del genere. Proveremo a replicare a fine anno, con una nuova festa – racconta Gianluca Cannarozzo, station manager della neonata radio –. Siamo molto soddisfatti di come siamo partiti, oltre le nostre aspettative. Ci aspettavamo meno programmi, meno ascolti e meno collegamenti col mondo». Dopo pochi mesi in onda, Radio Statale è già una realtà consolidata all’interno dell’ateneo, e non solo. 180 studenti provenienti da varie facoltà dedicano anima e corpo per soddisfare «l’esigenza di creare uno strumento unitario, perché ci sono tante realtà che collaborano ma non ce n’è una strettamente universitaria. Il progetto è completamente d’ateneo, finanziato e ospitato dalla Statale e che cerca di comprendere tutte le realtà che operano all’interno». Superate le difficoltà della fase di avviamento, la radio ha iniziato a lavorare e a crescere. L’organizzazione prevede «una parte di amministrazione, che cura gli aspetti tecnici ed editoriali, e poi gli speaker che conducono e producono i programmi. Per molti di noi è quasi un lavoro. Molti di noi hanno pensato di renderla un veicolo di approfondimento di acquisizione di esperienza». L’esempio è riferito a Statale Radio News, il giornale radio in onda dal lunedì al venerdì alle 14, che di fatto è diventato un laboratorio per quelli che effettivamente vogliono fare questo nella loro vita. Radio Statale, guarda soprattutto al di fuori dell’ateneo: «Purtroppo o per fortuna veniamo ascoltati molto all’esterno – dice ancora Gianluca –. È un misto fra scelta e cosa venuta naturale, volevamo discostarci dal canone tradizionale della radio universitaria e preferivamo fare qualcosa di meno autoreferenziale e appetibile anche all’esterno».