Unioni civili: perché in Italia è così difficile?
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(Opinione) Il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili potrebbe cambiare la vita di molte coppie omosessuali, affrontando finalmente la questione da un punto di vista legale e formale anche in Italia. Perché la discussione finale in Senato (iniziata il 28 gennaio 2016) adesso ha subito uno stop e si procede verso lo stralcio della stepchild adoption? Facciamo il punto della situazione.
Mettiamola così: in Italia finalmente i tempi sono maturi, si respira la giusta aria di cambiamento e gli omosessuali non vengono più bruciati sul rogo (questo per fortuna già da un po' di tempo). Il progresso sociale è avanzato abbastanza per rendersi conto che le preferenze sessuali sono, appunto, "preferenze". Non dissimili dalla scelta tra una pizza margherita e una capricciosa, in altre parole.
La realtà forse non è così semplice: questo ragionamento ottimista potrebbe essere smontato pensando alle polemiche sulla cosiddetta teoria del gender (che vorrebbe solo insegnare ai bambini che non esistono ruoli statici maschili o femminili: che il papà può cucinare e stirare, mentre la mamma essere una donna in carriera) ed alle improbabili manifestazioni per la "famiglia naturale" (dove poche migliaia di persone diventano magicamente due milioni, in un'area in cui la capienza massima non supera le 300mila unità).
Ma mettiamo tutto questo da parte. Vediamo la questione con ottimismo, sorridenti verso un futuro radioso che sembra promettere novità positive per i diritti civili. Con il disegno di legge Cirinnà, il dibattito sul riconoscimento delle coppie di fatto è finalmente arrivato anche nel Parlamento italiano. Le premesse sembrano buone e il Governo Renzi è seriamente intenzionato a portare il provvedimento in porto. Tutto procede bene, allora? Non esattamente.
Le unioni civili alla prova del Parlamento
Il fatto che destra e sinistra italiana abbiano opinioni opposte sui diritti da garantire alle coppie omosessuali non è una novità. Ma se tutto ciò fosse un semplice dibattito tra maggioranza e opposizione, in fondo non sarebbe un dramma, è il gioco della democrazia: chi ha i voti in Parlamento fa le leggi e governa. Sfortunatamente non è così per una serie di ragioni.
Primo: il partito Nuovo Centro Destra (NCD), per quanto numericamente poco rilevante, fa parte della coalizione che sostiene Renzi, ed il suo leader, Angelino Alfano, è Ministro dell'Interno. È proprio questa piccola scheggia centrista e cattolica, infilata in maniera così profonda in un governo – almeno sulla carta – di centrosinistra, a creare qualche problema: sì al riconoscimento delle coppie omosessuali, ma assolutamente no alla possibilità di adottare, men che meno il figlio naturale del proprio partner (grazie alla cosiddetta stepchild adoption). Questa rinuncia renderebbe la legge un po' come una minestra tiepida e insipida, che non scotta e nemmeno sfama.
La seconda ragione è che la "maggioranza variabile" con il Movimento 5 Stelle (M5S) si è rivelata inaffidabile. Il M5S rappresenta una compagine non indifferente: forte del suo 10% di seggi al Senato, da subito si era dimostrato favorevole all'approvazione della legge in toto, tanto da minacciare lo stesso Renzi di non votare il provvedimento se fosse stato cambiato di una virgola per venire incontro alle richieste dell'NCD. È fatta allora? Non così in fretta.
Il nuovo problema è che il totale appoggio alla legge Cirinnà da parte del M5S si è sgretolato dopo un post sul blog del suo fondatore, Beppe Grillo, che inneggia alla libertà di coscienza in aula. Una specie di invito al "fate quello che vi pare, noi siamo neutrali", probabilmente da interpretare alla luce della buona fetta di elettori dei Cinque Stelle più orientati a destra, non soddisfatti della posizione del movimento sull'argomento. Un tentativo di Grillo di salvare la faccia e i voti in altre parole. Renzi quindi non può più contare sull'appoggio sicuro dei 5 Stelle al DDL, nonostante le rassicurazioni arrivate dai capigruppo pentastellati in Parlamento.
E non è una questione da poco, perché il Presidente del Consiglio ha un ulteriore problema da dover affrontare. Siamo al terzo punto: le divisioni interne al suo stesso partito. Il Partito Democratico (PD) risulta diviso in tre grandi gruppi: i favorevoli alla legge; i cattolici (parzialmente o assolutamente contrari); l'ala più a sinistra, che nutre alcune perplessità. Non una situazione ideale per votare un provvedimento così delicato.
Quarto ed ultimo punto da considerare: il "sano" ostruzionismo da Prima Repubblica operato dall'opposizione parlamentare. Sono stati presentati circa 6mila emendamenti, dei quali 5mila firmati dalla sola Lega Nord, con testi a volte ai limiti del grottesco: al comma 2, «presso gli uffici dello stato civile di ogni comune», si chiede di sostituire le seguenti parole: «è istituito il registro delle unioni civili tra persone dello stesso...» con un goliardico «si fa...», seguito da «...sesso». Firmato: senatore Lucio Malan.
Il "supercanguro" e il rischio di stralciare la stepchild adoption
Sembra andare tutto per il verso sbagliato. Fino a quando un "patto tra gentiluomini" siglato tra Lega, Forza Italia e PD fa decadere il 90% degli emendamenti. Ne rimangono da votare poco più di 500. Tuttavia, il 17 febbraio, il PD avrebbe voluto mettere ai voti l'adozione del cosiddetto emendamento "supercanguro", una tattica parlamentare che avrebbe permesso di "saltare" in blocco l'ostruzionismo. Proposta bocciata dai Cinque Stelle, che sostenendo di voler agire per vie "democratiche" chiedono di votare gli emendamenti uno per uno. Di fatto cercando però di mettere in difficoltà il Governo e di far emergere le difficoltà interne al PD su un tema così delicato. Un calcolo molto più politico che di democrazia.
Per evitare figuracce, il PD è stato costretto a rimandare la votazione in aula a mercoledì 24 febbraio, non avendo i numeri necessari per andare al voto sulla Cirinnà in tutta tranquillità. Il Premier Renzi ha dichiarato di voler porre il voto di fiducia, presumibilmente solo dopo aver ottenuto rassicurazioni anche dalle altre forze della coalizione o della maggioranza "variabile" al Senato. Rassicurazioni che evidentemente tardano ad arrivare e che – come è emerso all'assemblea del PD di domenica – spingono i democratici a varare un provvedimento, d'accordo con l'NCD, che esclude la stepchild adoption.
Ci avete fatto caso? Finora abbiamo parlato di giochi di potere, trattative, prese di posizione... E basta. Solo di politica e Palazzo, nient'altro. Non di come potrebbe essere temperato il provvedimento, né di quali sono le reali motivazioni dietro le diverse posizioni in campo. Questa è attualmente la situazione al Senato: completamente slegata dalla realtà e quanto mai vicina a quell'autoreferenzialità istituzionale, da cui ogni politico che entra per la prima volta in Parlamento dichiara di volersi allontanare. Un altra questione fondamentale per il futuro della società è stata strumentalizzata a fini politici. Complimenti a tutti. Applausi, sipario. Per ora.