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Unioni civili, la Grecia ha detto sì. E l'Italia?

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Politica

Con il voto del 22 dicembre 2015 il Parlamento greco ha legalizzato le unioni civili tra persone dello stesso sesso. La legge, approvata con 193 voti favorevoli su 300, ha ricevuto il via libera grazie all'appoggio dei partiti di opposizione. Uno scenario simile potrebbe presentarsi anche in Italia il prossimo 28 gennaio, quando il disegno di legge Cirinnà approderà al Senato per il voto decisivo.

A piccoli passi, la Grecia ce l'ha fatta. Dopo che Atene aveva introdotto una legge sulle unioni civili, senza includere però le persone dello stesso sesso, nel 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo giudicò il provvedimento discriminatorio. Due anni dopo, nonostante l'opposizione della Chiesa e di alcune forze politiche – come ANEL, i nazionalisti di destra e alleati della maggioranza, – il Governo di Tsipras incassa finalmente il Sì del Parlamento nella notte del 22 dicembre 2015: 193 voti favorevoli su 300 alle unioni omossessuali. Una grande maggioranza trasversale: oltre a Syriza, hanno votato a favore i socialisti del Pasok, i centristi di To Potami e numerosi deputati conservatori.

La nuova norma risolve tutti i problemi di natura legale e civile, come l'eredità e l'assistenza medica, ma non prevede la possibilità di adottare bambini per le coppie omosessuali. Quest'ultima questione, ha promesso Tsipras, sarà inserita nella riforma del diritto di famiglia.

Il cambio di passo in Grecia

La legge, proposta dal Governo di Alexis Tsipras il 10 giugno scorso, ha superato la forte opposizione della Chiesa ortodossa – la confessione maggioritaria in Grecia, – che si è inserita nel dibattito pubblico scatenando le proteste degli attivisti per i diritti civili. Il vescovo metropolita di Kalavryta, Ambrosios, si è espresso duramente sul suo blog e ha invitato i fedeli a denunciare quelli che definisce «scherzi della natura» e «non umani». Ma oltre alla Chiesa, anche il Partito comunista e l’ultradestra di Alba Dorata si sono opposti alla legge. Critiche sono arrivate anche da una parte della comunità LGBT, perché la legge non prevede il matrimonio per le coppie omosessuali e neppure l'adozione. «Vogliamo queste unioni, ma le vogliamo complete,» ha detto l’attivista Dimitra Kyrilou.

Nonostante il Paese sia attraversato da forti tensioni sociali e dalla crisi economica, proprio a ridosso dell’approvazione della riforma sulle pensioni, Tsipras ha deciso di dare priorità alle unioni civili, parte integrante delle riforme sociali promesse. Il Premier, da parte sua, si è detto molto soddisfatto della legge e ha affermato che il 22 dicembre è stato «un giorno importante per i diritti umani», segnando la fine di «un periodo di arretratezza e di vergogna» per la Grecia.

L'attesa di una svolta anche in Italia

Con la nuova legge sulle unioni omosessuali la Grecia fa un passo avanti verso l’Europa dei diritti, e lascia il gruppo di Paesi europei che ancora non riconoscono nessuna forma di tutela legale, né di matrimonio né di unione civile: diritti riservati alle coppie eterosessuali. Tra questi, anche l’Italia.

Tuutavia il 2016 potrebbe segnare la svolta: la riforma delle unioni civili è un cavallo di battaglia dell’attuale Governo Renzi (anche se aveva promesso di concluderla già entro il 2015). Il prossimo 28 gennaio il disegno di legge, depositato dal Partito democratico (PD) e firmato da Monica Cirinnà, approderà in Senato per il voto decisivo. Anche in Italia l'opposizione della Chiesa cattolica non si è fatta attendere. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, ha sottolineato che «nessun'altra istituzione deve assolutamente oscurare la realtà della famiglia con situazioni similari», perché comprometterebbe il «futuro dell'umano». Parole forti, che in Parlamento trovano sponda nel Nuovo centro destra (NCD), membro del Governo.

Il veto cattolico è anche la causa del laceramento interno al PD. Il nodo da sciogliere è l'articolo 5 sulla stepchild adoption, cioè l'adozione del figlio naturale del partner. I cattolici dem, comunque favorevoli alle unioni civili, chiedono lo stralcio dell'articolo, mentre i laici non sono disposti a fare un passo indietro. La decisione finale, ha annunciato il Premier, dovrebbe essere quella di votare il testo in aula, lasciando ai senatori libertà di coscienza. Proprio come accaduto in Grecia, il DDL Cirinnà potrebbe essere approvato grazie ai voti favorevoli dei partiti di opposizione. Il sostegno, oltre che da sinistra (con SEL), potrebbe arrivare anche da alcuni senatori della galassia ex PDL, ma soprattutto del M5S. Sembra certo il No dei centristi di Area popolare, tra cui l'NCD.

Un'ulteriore dubbio da risolvere, che sta creando non poche preoccupazioni all'Esecutivo, è la compatibilità della legge con la sentenza 138 della Corte costituzionale, che nel 2010 si è pronunciata sul matrimonio affermando: «I costituenti tennero presente la nozione di matrimonio che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovvessero essere persone di sesso diverso». Il punto da chiarire è se la legge rischia o meno di equiparare le unioni civili al matrimonio, sollevando dubbi di legittimità costituzionale. A dir la verità questo sembra un problema perlopiù inconsitente. Il vero grande passo si compierà il prossimo 28 gennaio con il voto del Senato.