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“Un'anima per l’Europa”, la conferenza non convince

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Marco Riciputi

Cultura

Wenders, Soros e tanti altri a Berlino per discutere di cultura e Ue.

Berlino. Oltre 500 partecipanti, una parata di commissari europei, politici d’alto livello e creativi provenienti da ogni paese europeo. Tutti insieme per chiedersi come può l’Europa darsi un’anima. Questa in sintesi la conferenza “Un’anima per l’Europa”, organizzata il 17 e il 18 novembre nella capitale tedesca. Un evento pubblicizzato come uno scambio di idee sul ruolo e la forza della cultura per il raggiungimento dell’unità europea.

Niente lasciato al caso

Un impegno gigantesco per un obiettivo importante. Dalle agenzie commerciali fino agli ultimi dettagli organizzativi per dar vita ad una conferenza che ha riunito personalità come Richard von Weizsäcker, Bronislaw Geremek, George Soros e Wim Wenders attorno ai temi dell’unità e della comunicazione europea. Una condizione ottimale per intensificare il dialogo tra cultura e politica.

Il presidente della Commissione José Manuel Barroso ha invocato questi concetti nel suo emozionato e personale discorso d’apertura, ricordando che libertà, umanesimo e tolleranza contraddistinguono la società europea. «Dobbiamo essere sostenitori della libertà, un concetto sul quale riposa il nostro diritto di sognare un’Europa unita nella pace, tollerante e democratica». Questo il suo appello. Ora più che mai, impegnarci per rafforzare la dimensione culturale dell’unità europea.

Ottimo il decoro, scarsa la partecipazione

Volker Hassemer, uno dei promotori della conferenza, sottolinea che la sua preoccupazione per la cultura in Europa non dipende dalla prosperità economica della stessa. Precisa che, «non siamo una lobby della cultura quando affermiamo che l’Europa, per continuare a progredire, deve far ricorso alle sue energie culturali». Lui e i suoi compagni si considerano dei generatori di stimoli. Vorrebbero rafforzare la propria spinta dal basso con l’aiuto della società civile europea.

Ma a dispetto di tutte le mete ambiziose e le dichiarazioni altisonanti, il fulcro dell’incontro, il rapporto tra politica e cultura, è stato scarsamente affrontato durante gli interventi. Questo perché per un proficuo scambio di opinioni non è sufficiente un confortevole spazio di dibattito. Un prerequisito elementare risiede invece nel saper considerare criticamente gli argomenti proposti da ognuno, non limitandosi a inutili prediche estemporanee.

Ma l’organizzazione dell’incontro lasciava davvero poco spazio. Tipici erano i panel di discussione, da dove un importante ex politico poteva in tutta tranquillità intonare il proprio cantico di lode verso la cultura europea. Così è stato per il pubblico – tra cui spiccavano molte personalità giunte da ogni parte d’Europa – cui purtroppo è stato concesso pochissimo tempo per i loro interventi. Il risultato? Gli interventi dalla sala risultavano scarsamente comprensibili, cosa che – di fronte a personalità come Avi Primor, ex ambasciatore israeliano in Germania – è risultata indegna.

Naturalmente si può anche sostenere che questi incontri offrono comunque delle opportunità. Ad esempio i ricchi buffet e le pause caffè sono un buon momento per scambiarsi i reciproci contatti. Alcuni delegati europei hanno comunque costituito delle piacevoli eccezioni. Su tutti Hans-Gert Pöttering, che ha presieduto il comitato organizzatore dell’evento, e Jacques Toubon, ex ministro della cultura in Francia.

Caos linguistico

Inoltre era evidente un crescente un caos linguistico, che ha esposto la conferenza ad altre critiche. I relatori stavano parlando di “Europa” quando pronunciavano la parola “Unione europea”? Cosa intendono per “cultura” o “valori europei”? In molte frasi l’ambiguità è rimasta. Molto si è discusso durante la conferenza dei diversi significati delle traduzioni. Sarebbe stato meglio mettersi d’accordo in anticipo sul significato dei termini, e solo dopo tradurli.

Ora si è deciso di integrare la conferenza in un processo politico successivo all’iniziativa berlinese. La tre giorni di discussioni ha mostrato un importante gradimento attorno a questi temi e le idee per dar vita a progetti concreti e duraturi sono ancora tutte lì, sul tavolo.

Per gli organizzatori è andato tutto bene e ora desiderano sopratutto tirare un lungo respiro di sollievo. Ma come ha sostenuto Wim Wenders in un punto del suo discorso, la cultura è «il cemento, il collante della coesione dei sentimenti europei». Finora, in un mercato interno non si è mai innamorato nessuno.

Translated from Keine Zeit für Europas Seele