Una lettera all'umanità
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Fiume di riflessioni, forse anche scoordinate, sul libro "Lettere contro la guerra" di Tiziano Terzani, ora più attuale che mai.
Milano, 18 febbraio 2018
L’idea di scrivere una lettera mi è venuta, leggendo le “Lettere contro la guerra” di Tiziano Terzani, che ha analizzato e capito la realtà molto meglio di coloro che si dichiarano conoscitori del mondo. Questo libro raccoglie le riflessione del giornalista toscano direttamente dall’Afghanistan a seguito del terribile attentato delle Torri Gemelle. Queste riflessioni, se decontestualizzate, potrebbe essere riferite anche al mondo attuale. È straordinariamente inquietante il fatto che Terzani avesse “predetto” con così precisione ciò che sta accadendo ora, o meglio, è inquietante il fatto che la nostra mentalità e le situazioni che viviamo non siano cambiate di molto.
Tiziano Terzani scriveva che il meglio della testa umana è la ragione, il meglio del cuore, la compassione. Mi ha fatto venire in mente l’etimologia latina del termine “compassione”: “cum patior”, cioè “soffrire insieme”. Sono intimamente convinta che ogni atto di violenza (non solo fisica), incluso il suo culmine, cioè il togliere la vita, strappi qualcosa al suo autore, la sua umanità, proprio perchè, anche non volendo, condividiamo tutti un legame inscindibile. Forse ci dimentichiamo troppo spesso che, al di là di tutte le bellissime differenze che ci caratterizzano, abbiamo questo qualcosa che ci accomuna tutti, senza cui non possiamo chiamarci uomini, nè bestie (perchè spesso gli animali sono più umani di molti uomini). La nostra umanità non ci può essere sottratta da nessuno, se non da noi stessi. Solo il disprezzo della vita e dell’umanità dell’altro dilania la propria di umanità.
Mi si potrebbe rimproverare che sono solo una giovane, idealista, non conoscitrice del mondo e delle sue dinamiche. Ribatterei, come afferma Terzani, che non c’è mai stata una guerra che, come si proponeva in principio, ponesse fine a tutte le guerre; non c’è mai stata una violenza che ponesse fine alle violenze.
Al contrario la conoscenza dell’altro, il superamento di tutte le barriere che sembrano dividerci dall’altro, funge da collante, rafforza il nostro legame e la capacità di sentire le cose all’unisono. Ovviamente, però, la conoscenza presuppone di avere il coraggio di mettersi in gioco, di mettere in discussione la propria visione e il proprio pensiero. Non è semplice, ma è necessario, perchè la conoscenza è il più efficace antidoto alla paura.
Andando avanti a leggere le lettere, mi convinco sempre di più dell’inutilità e dell’inumanità della guerra. Nessuna guerra può arrogarsi la qualità di umanitaria, la guerra, come qualunque violenza, non è conciliabile con l’umanità. Nel migliore dei casi porta tanti, tantissimi, troppi morti. Innocenti o meno non importa. Nessuno ha il diritto di decidere della vita e della morte nemmeno di dittatori come Gheddafi, nemmeno di terroristi come Osama Bin Laden. La guerra, come tutte le cose sporche, macchia di un inchiostro indelebile, che sa di sangue, urina, feci e lacrime disperate. Non è mai eroica, la guerra. Dovremmo fermarci, guardarci intorno e cambiare mentalità: non è la guerra la soluzione, non ha raggiunto i suoi obiettivi in passato, non lo farà nemmeno in futuro.
Continuando nella lettura, mi chiedo quali siano i principi e i valori sui quali si regge la nostra democrazia, la nostra libertà e quindi la nostra vita. Nessuno di noi occidentali è disposto a rinunciarvi, come abbiamo più volte ribadito a seguito dei purtroppo recenti attentati terroristici in Europa. Forse però ci dimentichiamo di tutti i morti e del terrore che gravano sulle coscienze dei nostri paesi. Se ci ricordassimo, ci accorgeremmo che troppi problemi che affliggono il cosiddetto “sud del mondo”, da cui provengono i tanto temuti migranti, sono dovuti alle mire di tipo colonialistico delle potenze occidentali; ci accorgeremmo che per esempio lo sconosciutissimo genocidio in Congo è responsabilità della perversa volontà di dominio e sfruttamento che hanno caratterizzato e caratterizzano ancora molti stati del cosiddetto “nord del mondo”; ci accorgeremmo che sono stati brutalmente uccisi e hanno visto la loro vita rovinata così tante persone in Afghanistan, quando il governo americano, appoggiato o comunque non ostacolato, ha deciso che giustizia potesse benissimo essere rimpiazzata da una vendetta atroce, incapace di alcuna forma di umanità.
Alla faccia di tutti i valori che nei discorsi teorici dovrebbero contraddistinguerci, alla faccia di quei diritti umani che dovrebbero guidarci, ma vengono calpestati e degradati a vile pretesto, alla faccia della pace, che consideriamo fine ultimo di ogni intervento. Non c’è e non ci sarà mai pace con la guerra.
Ma non ci rendiamo conto che calpestiamo, frantumiamo, massacriamo quei valori che diciamo di seguire, che diciamo di voler difendere da minacce esterne? Lo facciamo proprio negandoli. Cosa rimane della nostra democrazia, della nostra libertà, se chiudiamo gli occhi di fronte a violenza e guerre, se ci rifiutiamo di tendere la mano a persone che semplicemente ricercano una vita normale, se contribuiamo alla devastazione di luoghi che possono sembrarci troppo lontani, se non ci facciamo mai un esame di coscienza per riconoscere i nostri errori passati e presenti? Non rimane che un’illusione di superiorità, che ci porterà a commettere ciecamente e stupidamente gli stessi errori che abbiamo commesso in passato e che continuiamo a commettere.
Mi chiedo se questo sia nella natura umana, ma se mi guardo intorno vedo anche gesti e voci di enorme e bellissima umanità, solo meno sbraitanti e urlanti, e mi dico che magari c’è ancora speranza. Lo spero davvero, basta cambiare rotta in tempo, basta fare della conoscenza il proprio motto.