Un altro Kyoto è possibile
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L’Europa inizia a fare sul serio nella lotta contro il cambiamento climatico? Ne parliamo con Vittorio Prodi, l'europarlamentare che ha lanciato la sfida di una regolamentazione delle emissioni di gas a effetto serra più equa, soprattutto con il Sud del mondo.
Il 23 gennaio 2008 l'Unione Europea ha dato il via libera al pacchetto legislativo per ridurre le emissioni di CO2 e aumentare le fonti e l’approvvigionamento di energie rinnovabili.
Il traguardo da raggiungere? Entro 2020 bisogna ridurre di almeno del 20% le emissioni di gas a effetto serra e, nello stesso tempo, aumentare l’utilizzo di fonti rinnovabili fino al 20% del consumo totale dell’Ue. Inoltre, l'utilizzo di biocarburanti nel settore dei trasporti dovrà salire del 10%.
Il pacchetto stabilisce per ogni Stato membro obiettivi vincolanti. L’Italia? Deve tagliare del 13% la produzione di gas nocivi e aumentare del 17% l’uso di fonti rinnovabili.
Il pacchetto prevede una "borsa delle emissioni" che andrà a sostituire, a partire dal 2013, il sistema di scambio di quote di CO2 attualmente in vigore, in applicazione al Protocollo di Kyoto. Parallelamente bisogna incentivare la ricerca di nuove soluzioni di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica, cioè il suo immagazzinamento in depositi geologici o nei fondali oceanici.
Fabbrica di cellulosa a Pontevedra, in Galizia
Il Presidente dell'Ue, Josè Manuel Barroso, non ha nascosto i suoi timori, visto che il pacchetto non dovrà essere approvato solo dal Parlamento di Strasburgo, ma anche da ogni singolo Stato membro.
L'unica misura che finora è entrata in vigore è quella che riguarda gli investimenti che ogni singolo Stato deve dare per stimolare le politiche ambientali e la ricerca di fonti energetiche rinnovabili. Tutte le alte misure prevedono, invece, una procedura co-legislativa, ovvero concordata dal Parlamento e dal Consiglio dell’Ue, che di solito, richiede un paio di anni.
Cafebabel ha incontrato Vittorio Prodi, un professore di settantuno anni che attualmente ricopre la carica di vicepresidente della Commissione parlamentare europea sul cambiamento climatico.
Può riassumerci in poche parole questo pacchetto di proposte legislative ratificato dalla Ue?
Basta la sigla "20-20-20": raggiungimento del 20% della produzione energetica da fonti rinnovabili, il miglioramento del 20% dell'efficienza energetica, cioè la diminuzione delle importazioni, e diminuzione, sempre del 20%, delle emissioni di anidride carbonica. Il tutto entro il 2020.
Questi obiettivi erano stati fissati durante il Consiglio del marzo scorso, ma la Commissione ha specificato le modalità con cui arrivare a questi risultati. La novità è che l'Ue si prende carico di questi nuovi obbiettivi, e mantiene, allo stesso tempo, quelli assunti precedentemente con il protocollo di Kyoto. Ovviamente l'applicazione terrà conto del prodotto interno lordo di ciascun Paese, adattandosi ai singoli casi.
Un mese prima della conferenza di Bali lei è intervenuto al Parlamento europeo con un emendamento volto a modificare il principio, contemplato da Kyoto, secondo il quale i paesi ricchi potevano acquistare quote di emissioni di anidride e, sostanzialmente, continuare a inquinare. Qual è la sua proposta?
Il riscaldamento globale è un problema urgente e gravissimo, e che richiede in tempi stretti un consenso mondiale. Per questo debbono essere da subito avanzate delle proposte di disciplina che abbiano un carattere di equità e di condivisione superiori a quelle del protocollo di Kyoto. Il primo consenso da avere è quello dei Paesi in via di sviluppo. Per questo motivo propongo che anche questi Paesi comincino ad avere voce in queste discussioni.
Come parlamentare europeo ha proposto un emendamento che come slogan può essere riassunto con "una persona, un diritto di emissione”. Che significa?
È ora che l'Ue prenda atto del fatto che a ogni persona corrisponde un uguale diritto di emissione, perché questo significa dare una possibilità reale ai popoli del Sud del mondo. Dobbiamo rendere loro, in moneta, il corrispettivo delle quote di CO2 che hanno il diritto di emettere, ma che non producono.
Nell'attuale Kyoto una tonnellata di anidride carbonica emessa costa circa 20 euro. Bene, questo denaro va assegnato.
Può sembrare poco, ma è più di quello che attualmente la cooperazione internazionale riesce a investire in queste zone.
Fabbrica di cellulosa a Pontevedra, in Galizia
Lotta per l'ambiente: il bastone e la carota
I nostri politici si sono resi conto della preziosa risorsa elettorale dei temi ecologici, e della possibilità, anche economica, delle riforme per far fronte al cambiamento climatico.
Le questioni energetiche e la crisi economica saranno i temi centrali del Consiglio europeo che si terrà a Bruxelles il 13 e 14 marzo. Allora, perché parlare d’ambiente? Semplicissimo: l’ambiente sembra che sia diventato la chiave per risolvere i problemi dell’Europa. Che potrebbe anche diventare leader di una nuova politica.
Ecco cosa propongono i nostri politici:
Il bastone di Sarkozy: il Presidente francese propone la creazione di una ecotassa nell'Ue. Tale ammenda andrebbe applicata ai prodotti provenienti dai paesi che non soddisfano il protocollo di Kyoto nella riduzione delle emissioni di Co2.
Il bastone di Zapatero: il neo rieletto premier spagnolo ha iniziato a espropriare chilometri di coste per porre rimedio ai danni causati dalla speculazione edilizia degli ultimi quarant'anni.
Il bastone di Stavros Dimas: il Commissario europeo all’Ambiente propone di aumentare le tasse sull’acqua per ridurne il consumo. Lo scopo? Far partecipare direttamente gli utenti. Ciò che non ha precisato è se questa misura coinvolgerà anche le imprese, responsabili di un consumo maggiore rispetto a quello dei privati.
La carota di Gordon Brown: il Primo Ministro britannico, appoggiato dal Presidente francese Sarkozy, propone di ridurre l'Iva sui prodotti “verdi”, quelli cioè che consumano meno energia e che inquinano.
La carota della Merkel: il sistema abitativo europeo è vecchio. Una delle misure della Cancelliera tedesca è destinare 1,4 miliardi euro annui a lavori nelle case dei privati volti ad evitare le fughe di calore in inverno. Si tratta di un’idea facilmente estendibile anche agli altri paesi e lo spagnolo Zapatero si è già impegnato a fare lo stesso: utilizzerà un miliardo per la riconversione di abitazioni obsolete.
Il bastone di Barroso: il Presidente della Commissione Europea propone di sanzionare, a partire dal 2012, le imprese che non adempiono agli obblighi comunitari di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.