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Umano, troppo umano. Quasi terrestre. Brunch con Marc Augé

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Si è conclusa il 2 settembre scorso, a Sarzana, la nona edizione del Festival della Mente, prima manifestazione europea dedicata alla creatività che, per il tempo di un week-end, ha colmato le viuzze di una piccola cittadina in provincia della Spezia di curiosi, ospiti, incontri, dibattiti e pensatori.

Cafebabel incontra Marc Augé, antropologo francese, tra i protagonisti del festival, per una conversazione a tu per tu attorno al senso residuo dei luoghi.

Dare un appuntamento a Marc Augé, il teorizzatore dei non-luoghi, è già di per sé un processo complicato. Non saprei dirvi se la hall della Locanda degli Angeli, a Sarzana, possa anch’essa definirsi non-luogo, ma è qui che mi trovo a trascorrere con lui un’intensa ora, e a discorrere intensamente, in una tiepida mattinata pre-autunnale. È sabato, e Augé prepara il suo intervento pomeridiano al Festival della Mente. È vestito in modo dimesso, e quando parla i suoi occhi si posano sul tuo viso solo il tempo di riprendere fiato, e poter tornare a spiccare il volo verso altri lidi cui la mente conduce.

Certo che stanno nascendo altri non-luoghi”, esordisce Augé. “Si moltiplicano le possibilità dell’uomo, la popolazione continua ad aumentare. E così la necessità di comunicare, non solo verbalmente, ma anche attraverso, appunto, le vie di comunicazione. È qui che avviene l’urbanizzazione oggigiorno. Non si può parlare propriamente di città, ma di aggregazioni di persone giustapposte, che danno un senso nuovo al concetto di centro”. Mentre i centri delle città, come li abbiamo storicamente intesi, si musealizzano, i veri gangli della vita umana si spostano altrove, moltiplicandosi, rendendosi sfuggevoli alla vista e alla comprensione dei sociologi. 

Fenomenologia del non-luogo moderno

"Ci prepariamo a un passaggio epocale: dalla dimensione di umani a quella di terrestri"

È un fenomeno in perenne espansione, e non solo perché stanno nascendo nuovi centri dell’economia e del potere, dall’Oriente all’Africa”, conferma Augé, che va oltre: “continuano a sorgere non-luoghi ovunque, in copia, ma declinati con caratteristiche locali. Così, gli slum di Lahore, Mumbai e Johannesburg non necessariamente assomigliano ai campi rom delle banlieue o alle favelas di Rio”. Tutto questo accade mentre i Foster e i Calatrava di turno continuano ad esportare il loro marchio uniformante dall’Europa al mondo, il Louvre apre ad Abu Dhabi e gli sceicchi del Qatar comprano tutti i 'soft asset' del vecchio continente, che si tratti di marchi del lusso nella moda o di intere squadre di calcio. “Credo che questo trend possa racchiudersi in una dinamica più grande”, spiega Augé.

Siamo davanti ad un passaggio epocale nella storia dell’umanità: stiamo mutando dalla dimensione di esseri umani a quella di terrestri”. Il filosofo francese include in questa tendenza anche la logica dietro il proliferare dei luoghi decretati “patrimonio dell’umanità” dell’Unesco. “La nostra ansia di preservare e conservare ci porta a togliere dagli spazi potenziali della vita alcuni centri nevralgici della nostra storia. È un processo di cristallizzazione che accelera ancora lo spostamento dei veri cuori palpitanti delle polis”. È così che si trasferisce il senso delle dinamiche sociali dalle vie Condotti all’Eur, dal Marais alla Défense, da Jaffa ai dintorni di Tel Aviv. “È come se ci preparassimo alla venuta di un alieno sulla terra, a cui dare un breviario della vita umana, intesa al suo meglio”. Sottointeso negli intenti dialettici di Augé, rimane il fatto che quel Bignami sarebbe una fotografia posticcia della vita odierna. L’alieno, insomma, ripartirebbe per la sua galassia con un’idea completamente distorta dell’esistenza terrestre. 

La trasparenza ai tempi di Google Maps

L’esperienza della vita – umana o terrestre che dir si voglia - come pacchetto “chiavi in mano” è declinata secondo Augé anche nella rappresentazione del territorio: laddove la vasta offerta di mappe prima moltiplicava esponenzialmente le possibilità di dare punti di vista su un certo luogo della terra, la standardizzazione grafica e contenutistica dei tempi dell’iPhone e di Google Maps fa sì che vi sia un unico modo di percepire la realtà che ci sta intorno. “Tutto è intorno a te”, e tu sei riconoscibile in quanto puntino lampeggiante su una mappa scalabile al semplice tocco delle dita. “Quando il passaggio da umani a terrestri sarà pienamente compiuto non perderemo solo la possibilità di esplorare territori sconosciuti, ma anche quella di nasconderci. Sarà la trasparenza, nella sua accezione più assoluta”. Non quella della Glasnost di Gorbaciov e compagni, ma quella di una vita che si risolverà in ultima istanza in un susseguirsi senza soluzione di continuità di infiniti check-in. In qualche modo, sarà questo il nostro vivere l’utopia che finora andavamo cercando.

Foto credits © veDro l'Italia al futuro/Flickr