"Tutta colpa di facebook": l'arte perduta della conversazione
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Barbara TelliniViviamo assorbiti dalla tecnologia? Abbiamo tempo solo per il nostro avatar virtuale? Sono i problemi dell'era contemporanea. Vivendo immersi nell’etereo mondo della Rete, ci si dimentica di quello che ci sta intorno. Forse mettere da parte il nostro smartphone e godere della compagnia degli altri nel mondo reale potrebbe essere una soluzione ad alcuni dei nostri problemi.
L’altro giorno la televisione pubblica spagnola mi ha piacevolmente sorpreso con un gioiello del cinema ritrasmettendo "Goodbye, Lenin!". E sono anche rimasta stupita per la scia di nostalgia che questo film mi ha lasciato, facendomi riflettere sulla società in cui stiamo vivendo ora. Non siamo nel 1989. Qui non è la Repubblica Democratica Tedesca. Il muro di Berlino non sta per cadere. La crisi economica è sulla bocca di tutti. E viviamo in un paese capitalista pieno di corrotti e giovani viziati.
Siate sinceri, quanti di voi sarebbero capaci di vivere come nel 1989 per un’intera settimana? Senza cellulare e senza internet. Solo voi e il mondo. Questa stessa domanda l’ho pubblicata sulla mia bacheca di Facebook dopo aver visto il film e il risultato è stato totalmente soddisfacente. Soddisfacente rispetto a quello che avevo sospettato fin dal primo momento: quasi nessuno ne sarebbe capace.
Siate sinceri, quanti di voi sarebbero capaci di vivere come nel 1989 per un’intera settimana? Senza cellulare e senza internet. Solo voi e il mondo.
Sono della generazione degli ottanta, di quelli che si sono formati con il sistema educativo E.G.B. ("Educación General Básica", ndt), i nati prima dell’era digitale, che mangiavano panini vedendo uno dei due canali della televisione – gli unici che c’erano – sono di quelli che ereditavano i vestiti del fratello maggiore e che non avevano la consolle dei videogiochi. Eravamo consapevoli che, se non si poteva spendere, non si poteva, punto e basta. Che è successo a tutta la gente della mia generazione? Hanno una dipendenza da quella che possiamo definire come la droga moderna, la tecnologia.
La gente arriva, si siede e comincia a chiacchierare sì ma con gli amici on-line su whatsapp controllando il cellulare ogni due secondi
Siamo arrivati al punto in cui conta di più scrivere rispetto a parlare, il video piuttosto che la parola. In una società in crisi, in cui avere il cellulare di ultima generazione è la cosa più normale, l’animale strano è quello che non ce l’ha. Se non ne ho uno magari è perché sono senza lavoro e non ho soldi per potermelo comprare o, semplicemente, perché non voglio sfinirmi gli occhi e le dita su un pezzo di plastica e soffrire di sindrome da astinenza quando rimango senza batteria o quando me lo dimentico a casa.
Si preferisce l’assenza alla presenza. La compagnia diventa secondaria in una serata. La gente arriva, si siede e comincia a chiacchierare sì ma con gli amici on-line su whatsapp controllando il cellulare ogni due secondi. Si dimentica di fare conversazione alla vecchia maniera – ricordate di che si tratta? Si preferisce “parlare” con qualcuno che non si trova lì in quel momento. Perché? Non si sa. E l’educazione? Questa gente non ha idea di che cosa sia. È sparita insieme alle persone che erano un tempo. Si scrive invece di parlare. Non si tratta solo di lunghe lettere ad amici, amanti o familiari, ma di scrivere – e male – su WhatsApp o Facebook.
La scrittura: un altro di quei valori andati persi. Ricordate lo sforzo dei vostri genitori e professori per insegnarvi la grammatica e l'ortografia? E i dettati, ogni venerdì mattina a scuola? A cosa è servito tutto quello sforzo se non lo usiamo nella nostra quotidianità? Siamo di fronte, proprio come diceva Nietzsche, a una trasmutazione dei valori, in cui l’errore viene accettato come norma e ciò che è corretto viene invece rifiutato. Il video ha vinto sulla parola. Quando c’è un gruppo di amici riuniti, ce n’è sempre qualcuno, se non tutti, che tira fuori il suo meraviglioso cellulare e mostra l’ultimo video più visto su internet. C'è chi si ricorda ancora come mantenere una conversazione, in modalità “analogica” bocca-udito, non “digitale” dito-telefono.
Oggi abbiamo tecnologie che ci rendono la vita più facile, ma il problema sta nel saperle utilizzare con equilibrio, senza scivolare in una dipendenza cronica. Per questo ho nostalgia degli anni Ottanta e degli anni Novanta, nostalgia della vita semplice – e senza tecnologia – che conducevamo. Una vita con valori e nella quale esistevano le vere relazioni sociali, perché la gente aveva una buona educazione e farne mostra era considerato qualcosa di positivo. Ma quest’educazione si è persa. Per sempre? Manda un whatsapp al tuo amico per vedere che ti risponde. Anche se, forse, non sarò più qui quando ti risponderà.
Foto: Brokenmouse/Flickr. Video: Notodofilmfest/YouTube.
Translated from Adictos a la tecnología: “Goodbye, education!”