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Turchia: in tempo di elezioni, ogni cosa è permessa

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Cafébabel IT

Politica

Mentre all'estero la Turchia fa parlare di sé per aver ancora una volta bloccato l'accesso ai social network, una notizia ben più drammatica rivela la frattura tra due parti della società che, con l'avvicinarsi delle elezioni, sembrano sempre più distanti.

Il 31 marzo, due sedicenti avvocati sono entrati in un tribunale di Istanbul e hanno preso in ostaggio il magstrato Mehmet Selim Kiraz, responsabile dell'inchiesta sulla morte del giovane Berkin Elvan. Sulla scia di quanto successo al ragazzo, rimasto vittima di una granata lanciata dalla polizia durante le manifestazioni a Gezi Park, il sequestro è finito nel sangue. Senza la possibilità di capire se il magistrato sia stato ucciso prima o durante l'assalto della polizia, con ognuna delle due parti che cerca di tirare l'acqua al proprio mulino. Nella stessa settimana, una militante del DHCK – piccolo gruppo rivoluzionario di sinistra a cui appartenevano i due militanti che hanno preso in ostaggio Kiraz – è stata uccisa dalla polizia mentre si recava al commisariato centrale di Istanbul. 

È stata la pubblicazione delle foto del magistrato, con tanto di pistola puntata alla tempia, che ha portato, su decisione della corte, alla chiusura di diversi giornali dell'opposizione e al blocco dei social media. Le ragioni della corte (che sia l'incontratio?) sono state riprese dal presidente Recep Tayyip Erdoğan e dai media filo-governativi, mentre Erdoğan stesso accusa i media dell'opposizione di essere «strumenti per la propaganda del terrorismo».                                                                                                                                     La strumentalizzazione di questo tragico avveni-mento arriva per l'appunto a poche settimane dalle elezioni politiche del 7 giugno, in cui Erdoğan punterà a ottenere la maggioranza assoluta di consensi, ovvero quei due terzi dei 550 seggi che gli permetterebbero di modificare la Costituzione per costruirsi su misura un sistema presidenziale. Assimilare l'opposizione di sinistra al terrorismo è una vera e propria manna dal cielo per un presidente che si sente (forse per la prima volta) seriamente minacciato.

Imbrogli, crimini e politica

La minaccia che pende sulla testa del neo-sultano non è che un piccolo partito politico, l'HDP, figlio del movimento politico curdo nonché primo "vero" partito di sinistra (nel senso europeo del termine) che potrebbe fare la sua prima apparizione in Parlamento. Il suo volto nuovo, Selahattin Demirtaş, è riuscito nell'impresa di andare oltre il voto curdo per raccogliere attorno alla sua causa i militanti di sinistra che non si riconoscevano più nel principale partito d'opposizione: il CHP. Centrando il target dei giovani studenti, contestatori e difensori di tutte le minoranze (curdi, lgbt, armeni, assiri...), l'HDP vanta ormai candidati in tutto il paese. Secondo le proiezioni (e grazie all'aritmetica dello scrutinio) se l'HDP dovesse superare il 10%, l'AKP (partito di Erdoğan) non sarebbe più in condizione di poter contare su una maggioranza assoluta in Parlamento, e ancor meno sui due terzi dei consensi necessari per modificare la Costituzione.

Una minaccia che sembra aver giù mietuto le prime vittime. L'11 aprile almeno 5 militanti del PKK (partito dei lavoratori del Kurdistan) – e, secondo l'HDP, un civile – sono stati assassinati dall'esercito turco, che ora li accusa di essere stati i primi ad aver aperto il fuoco. Il tutto mentre il leader storico del PKKAbdullah Öcalan, sembra aver lanciato un appello, un invito a deporre le armi.

Il paese e i media sono più divisi che mai sul racconto dell'avvenimento: Erdoğan accusa l'HDP di «tentare di conquistare voti grazie alle armi» mentre i media d'opposizione e l'HDP stesso accusano il governo di aver architettato il tutto proprio in vista delle elezioni. Alcuni dei militanti dell'HDP che si sono recati sul posto subito dopo l'incidente hanno raccontato di aver incrociato dei militari turchi feriti, che li imploravano di salvarli dato che era stato l'esercio, volontariamento, a lasciarli sul luogo dello scontro, dandoli per morti.

Mente lo stesso CHP, subito dopo l'appello dell'HDP, inviava sul luogo un rappresentante per chiarire la situazione, la battaglia dell'informazione non faceva che muovere i primi, lenti passi verso le elezioni. Tutto questo la dice lunga sulla credibilità di autorità e media, nonché sul grado di violenza che questa campagna potrebbe comportare.

Translated from En Turquie, tous les coups sont permis