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"Trucioli", cinque stereotipi di pessimismo polacco

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Cultura

Si potrebbe accusare Krzysztof Varga, nato nel '68, uno degli scrittori contemporanei polacchi più noti (nelle cui vene scorre anche sangue ungherese, come ammette nel romanzo "Gulasch di turul"), di avere fatto della malinconia in prosa il suo segno distintivo. Tale continuità stilistica è dimostrata infatti dal suo ultimo libro dal titolo "Trucioli".

Lo stesso autore Krzysztof  Varga, in un'intervista in occasione della comparsa nelle librerie del suo ultimo lavoro, Trociny” (letteralmente:"Trucioli"), dice: "non mi interessa scrivere letteratura consolatoria. Cerco piuttosto di togliere al lettore quella speranza che gli resta". E il suo nuovo eroe dal nome (non senza ragione) molto arcaico di Agostino, ci toglie fino in fondo quel che resta della speranza in un luminoso futuro, almeno per i prossimi anni del mondo contemporaneo. Un mondo così privo di cultura, nonché della tradizionale "spina dorsale morale" che dovrebbe esistere in tutte le più alte aspirazioni della Polonia.

Il protagonista di "Trucioli" è un commesso viaggiatore cinquantenne, divorziato, che ha viaggiato per tutta la vita in seconda classe sui treni InterCity che collegano le maggiori città della Polonia, dormendo sempre in alberghi a tre stelle, che non brillano per pulizia e qualità del servizio. Non preoccupatevi, il libro non vuole spiegare per filo e per spegno quanto la vita di Agostino si sia rivelata un vero disastro, quanto piuttosto mostrare al lettore uno per uno i suoi sintomi di fobia sociale.

Vorrei premettere che non penso che il libro sia un "coraggioso pamphlet sulla realtà polacca", ricco di descrizioni brillanti, come i recensori hanno scritto in modo abbastanza convincente sulla copertina del libro. Perché in realtà la brillantezza della prosa dipende dalla capacità di Varga di far notare a tutti noi polacchi ciò che già sappiamo, e che forse abbiamo avuto occasione di incontrare molte volte nella vita, ma non abbiamo avuto finora il coraggio (forse semplicemente per vergogna) di ammettere. Eccovi dunque i 5 principali *peccati/stereotipi/verità sui polacchi (cancellate la voce che ritenete inutile) secondo Agostino. (Il resto trovatelo da soli!).

1. Gli abitanti di Varsavia sono contadini

Agostino nutre un sincero disprezzo non solo per gli abitanti di Varsavia, giunti dai buchi più dimenticati della Polonia, che non si distinguono dalla folla dei carrieristi, privi delle abilità necessarie, buoni solo a mangiare "panini inzuppati" da Starbucks; il protagonista non nasconde il suo astio nemmeno per coloro che vorrebbero vivere la vita "della grande città" a qualsiasi costo, ma si accontentano dei dibattiti sulla politica e si consolano con la serenità paesana, avviluppata a forza (in base alle possibilità finanziarie) nell’immaginazione urbana.

2. Quando un polacco vince, lo sport viene "magicamente" riabilitato

"Dovresti praticare uno sport", frase che Agostino si è sentito dire più e più volte da suo padre, per niente sportivo, ma lettore abituale della „Przeglądu Sportowego” (una sorta di "Gazzetta dello Sport" polacca), appassionato di Speedway e, una volta, del salto con gli sci, vale a dire di quegli sport in cui i giocatori polacchi in un dato momento della storia hanno mostrato un grande talento. E’ spaventoso pensare a quante giovani tenniste ora, dopo la finale di Wimbledon, dove Agnieszka Radwanska, polacca, ha giocato contro Serena Williams, verranno allenate ... considerando il fatto che il tennis è finalmente diventato veramente degno dello sforzo da affrontare!

3. Una carriera in una multinazionale... questa è la scelta che fa per te!

Varga descrive in un certo senso cosa rimane della "Belle Epoque" polacca e capitalista, quando, negli anni '90 non ci voleva molto per fare una carriera mozzafiato. Nell'ambiente di Agostino, un uomo che all'età di 50 anni è un soldato semplice, non può essere una persona seria. La "serietà" professionale si valuta soprattutto sulla base del contenuto del portafoglio.

4. Lo sviluppo polacco, o il "boom" secondo la ferrovia

Oh no! Gli orari del treno della rete ferroviaria nazionale rappresentano una vera e propria calamità per la maggioranza dei polacchi. Non solo la ferrovia è cara, ma è anche imprevedibile. Se il treno si ferma, ci si ritrova impantanati in un deserto selvaggio. "La Polonia e le ferrovie statali polacche distruggono l’ordine della mia vita" , dice Agostino, e probabilmente non è l'unico...

5. Gli eccessi della stazione centrale

"I dintorni delle stazioni di questo Paese sono sempre brutti, tristi e sporchi, in modo tipicamente polacco", dice Varga. Nessuno che abbia viaggiato per il Paese più di una, due volte, può negare tale affermazione. La zona della stazione doveva cessare di presentarsi come un ambiente sinistro e antigienico con l'avvento dei febbrili preparativi per EURO 2012.

Diciamolo chiaro: l'ultimo libro di Varga non è un pamphlet, in quanto le scene di genere descritte sono spaventosamente verosimili e troppo poco irriverenti per poterlo definire un pamphlet in buona coscienza. Vorrei rassicurare coloro che non hanno ancora sperimentato cosa significhi l’"ospitalità polacca" e l’affetto (a volte anche "esagerato") che i miei connazionali dimostrano nei confronti degli stranieri, che la rozzezza e il pessimismo schiacciante non sono l'unica realtà. Infatti, vivendo alla lettera come descritto da Varga, si potrebbe impazzire! Dalle ossessioni potrebbe probabilmente salvarci solo l'apparizione della Vergine Maria (secondo Varga nel nostro Paese ci sono molte apparizioni mariane, ragion per cui produciamo Madonne in serie, minacciando così di eguagliare il numero degli dei dell'Olimpo), o una buona situazione finanziaria, che permetta ad Agostino di completare la sua raccolta di musica antica (che comprende opere di Bach, Palestrina, Ildegarda di Bingen), che è l'unica consolazione dell'anima "aristocratica" dell’eroe.

Foto di copertina di (cc)  PolandMFA/flickr; nel testo:  wydawnictwa Czarne; PKiN: Daniel*1977/flickr

Translated from „Trociny” Krzysztofa Vargi - przerażająco polskie