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Torino in piazza per Parigi. La comunità musulmana: "Non in nostro nome" 

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Torino

Alle ore 17 del 14 novembre 2015, centinaia di persone riunite in piazza Castello hanno manifestato la loro solidarietà con le vittime della strage di Parigi. Tra loro cittadini italiani, francesi, la comunità musulmana di Torino. Tra silenzio, paura, solidarietà e voglia di segnare le differenze, il racconto e le foto della manifestazione.

Sono centinaia le persone che oggi si sono riunite in piazza Castello per manifestare la loro solidarietà alle vittime degli attentati terroristici di Parigi della notte scorsa. Fino ad ora le vittime di questa orrendo attacco sarebbero 127, i feriti più di 300. La manifestazione cittadina è stata convocata dalla Città di Torino, in segno di solidarietà gli edifici comunali esibiranno il vessillo a lutto, Palazzo Civico e la Mole Antonelliana isseranno la bandiera francese, alle 21:20 le Luci d'Artista della città si spegneranno per 10 minuti, a ricordare l'ora esatta dell'inizio della strage.

La manifestazione inizia alle 17:00, la folla in piazza Castello si aduna silenziosa, calma, ordinata. Le musiche degli artisti di strada tacciono, il mormorio e lo struscio pomeridiano di Torino lasciano spazio al silenzio. Le persone si muovo piano, un piede dopo l'altro, ormai si sente soltanto il rumore dolce dei passi. Ci si raduna tutti attorno al palco, gli unici ad essere affannati sono i giornalisti a contendersi le posizioni migliori per immortalare il Sindaco Piero Fassino e il Presidente della Regione Sergio Chiamparino. Ma la folla non ha fretta, anzi. Nessuno osa parlare, le braccia sono tutte incrociate sul petto o dietro la schiena, gli occhi attoniti, impauriti, senza espressione. Sembra che ogni singolo cittadino in piazza si stia domandando: Ma chi sono io? Da dove vengo? Dove sto andando? 

Disorientamento

Si cercano risposte in piazza Castello, ma nessuno sembra averne. Provano a darle le istituzioni, nella persona del Sindaco, accompagnato dal Presidente della Regione, da altri sindaci della Provincia di Torino e alcuni parlamentari. In alcuni passaggi del discorso scattano gli applausi, ma si tratta di movimenti che si innescano quasi come meccanismi naturali quando l'oratore alza il tono della voce. Non sono liberatori, non c'è convinzione in quei gesti, non c'è anima. Gli occhi dei presenti guardano il palco in cerca di risposte convincenti, rassicuranti. Ma sono tutti spaesati, intontiti. Anche il clima sembra partecipare al diffuso senso di smarrimento: all'imbrunire in piazza cala una nebbia folta e densa.

Se in una sola parola si potesse descrivere lo stato d'animo delle centinaia di persone presenti in piazza Castello a Torino, quella parola sarebbe "disorientamento". Tutti cercano il senso dei fatti di Parigi, gli occhi dei presenti lo domandano alle istituzioni sul palco, ma nessuno è in grado di trovarlo. Neanche le autorità  sono in grado di fornire risposte autorevoli. La conferma della non-risposta si trova nell'epilogo della manifestazione. Quando il Sindaco ne annuncia la fine, tutti lasciano la piazza, in silenzio, ordine, calma, così come erano arrivati. Alcuni ragazzi francesi, riuniti in cerchio, alzanzo il pugno al cielo e intonano la Marsigliese.

L'unica che sembra non cedere sotto il peso della paura e dell'insicurezza è una bambina. Sventola con orgoglio un foglio di carta su cui ha colorato a matita la bandiera della Francia, blu, bianco e rosso, al centro c'è una Tour Eiffel. Sorride, è seduta sulle spalle del suo papà, ha gli occhi buoni, il viso coraggioso. Conosce già il modo per uscire dall'angolino buio nel quale si è rintanto chi le sta intorno. È l'unica anima accesa, presente a sé stessa e al mondo che la circonda. Il resto attorno a lei è silenzio, muto, sordo e impenetrabile. 

Le reazioni della comunità musulmana: "Non in nostro nome"

La sintesi e l'anima della manifestazione sone affidate alle parole di Brahim Baya, portavoce dell'Associazione Islamica delle Alpi: «La comunità islamica di Torino condanna gli attentati di Parigi che rappresentano la barbarie, l'ignoranza, l'inciviltà, sono un'offesa alla nostra civiltà, alla nostra fede, all'Islam in quanto tale".  

Un gruppo di studentesse stringono in mano dei cartelli che recitano: "#NotInMyName Paris". Sono loro a indicare la strada e la direzione. Non in loro nome, non in nome dell'Islam. Khadija ha le idee chiarissime, scandisce con chiarezza l'identità della piazza: «Ci dissociamo dalle forme di terrorismo come comunità musulmana e come singoli, i musulmani non sono terroristi,» parafrasando un versetto del Corano: «Chi uccide un essere umano è come se avesse ucciso un'intera comunità, chi salva un essere umano è come se avesse salvato un'intera comunità». Le fa eco una sua amica, 16 anni, stesso nome, che scandisce con sguardo deciso: «Siamo qui per lanciare un messaggio, il terrorismo dei fanatici condanna una intera religione, l'Islam è una religione di pace».