Tommaso Pincio: la consacrazione di uno scrittore senza fissa dimora
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Dopo aver inventato le vite false di una Marilyn Monroe commessa di libreria (Lo spazio sfinito, 2002) e dell'amico immaginario di Kurt Cobain bambino (Un amore dell'altro mondo, 2002), dopo aver raccontato una Roma senza inverni abbandonata dai romani e colonizzata dai cinesi (Cinacittà, 2008), Tommaso Pincio ci racconta la storia di un hotel a zero stelle, luogo degli incontri che hanno formato
la sua vita e la sua scrittura.
“Ragiono come un artista, come il pittore che volevo diventare da ragazzo. E i pittori, nessuno escluso, ragionano così. Vedono un quadro e, se gli piace, la prima cosa che pensano è: 'Fanculo, volevo farlo io!' […] È puro istinto di sopravvivenza. Se un artista non facesse simili elementari e protervi ragionamenti resterebbe quasi certamente schiacciato dalla grandezza dei capolavori realizzati prima di lui.”
Hotel a zero stelle, inferni e paradisi di uno scrittore senza fissa dimora di Tommaso Pincio (Laterza, 2011) è un romanzo che, per l'appunto, si libera del peso dei capolavori precedenti. Quel che è estremamente interessante è la maniera in cui procede alla liberazione: Pincio fa dei potenziali oppressori i protagonisti della propria opera. E lo fa dichiarandolo apertamente: “Quante volte vi è toccato di udire che un dato artista ha subìto l'influenza di un altro artista? Non prestate ascolto. Sono balle, sofismi. Quel che nell'esegesi critica si definisce influenza andrebbe più correttamente chiamato 'riappropriazione debita'. Gli artisti non fanno che riprendersi ciò che credono loro.” L'hotel a zero stelle, luogo ideale i cui ospiti dovrebbero essere “i vagabondi dell'anima, coloro che gironzolano alla ricerca di sé”, accoglie nelle proprie stanze personaggi del calibro di Parise, Greene, Kerouac, Fitzgerald, Simenon, Wallace, Dick, Landolfi, Melville, Pasolini, Marquez, Orwell, Burroughs e Kafka. Questi avventori non si limitano ad abitare le proprie stanze chiusi nel silenzio, a volte, senza che il lettore se ne accorga, vanno a bussare alle stanze dei vicini dialogando con loro sul senso dell'esistere e fanno incontri anche con gente di passaggio, altri artisti, non letterari, è così che Melleville incontra Wharol, Caravaggio e il punk come concetto atemporale.
Alla reception, tra i corridoi, nelle stanze abitate o vuote troviamo, nel ruolo di habitué consumato e innamorato di questo albergo, Tommaso Pincio.
Il risultato non è, come si potrebbe immaginare, quello di una semplice raccolta di saggi sugli autori citati: Contromano, la collana di Laterza per cui è uscito Hotel a zero stelle, si propone di descrivere la contemporaneità attraverso lo sguardo particolare che un autore ha su una determinata area spaziotemporale. Pincio utilizza un unico luogo (o non-luogo) metaforico, l'albergo, per parlare alla contemporaneità; popola le stanze delle biografie degli artisti del suo pantheon personale, delle loro scelte poetiche, delle loro opere e le utilizza come materiale narrativo puro in cui gli eventi della propria vita e le pagine lette hanno lo stesso statuto.
Difficilmente un lettore potrà limitarsi a prendere le pagine di quest'opera come semplici consigli di lettura, anche se non ha ancora avuto l'occasione di leggere Il Grande Gatsby, Infinite West o Lotteria dello Spazio, leggere queste righe non gli risulterà mai noioso. Difatti, l'incredibile scrittura di Pincio affronta anche le pagine più tristi e più profonde con una leggerezza incredibile, l'autore è capace di nascondere, sotto la nitidezza della forma, la complessità più che mai piacevole, della narrazione.
Hotel a zero stelle è un opera che entra a pieno titolo nella storia della letteratura italiana e attesta la scrittura del suo autore romano come una delle più interessanti della scena contemporanea.
Immagini: home-page (cc) Tommaso Pincio/facebook; autoritratto (cc) Tommaso Pincio/myspace