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«Tibet autonomo. L’Ue ci aiuti»

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Il nuovo treno tra Pechino e la capitale del Tibet apre le porte alla modernità. E allo strapotere dei cinesi nella regione ribelle.

Il Tibet è tornato alla ribalta internazionale da quando nel giugno scorso è stata inaugurata la linea ferroviaria diretta tra Lhasa, capitale tibetana, e Pechino.

Sonam Norbu, Segretario delle Relazioni Internazionali del governo tibetano in esilio ci aspetta a Dharamsala, la città indiana in cui risiedono il a href=http://es.wikipedia.org/wiki/Dalai_Lama target=”_blank”>Dalai Lama e il suo governo dal 1959.

Dopo l’apertura della linea Lhasa-Pechino il governo tibetano in esilio ha dichiarato che «l’importante per il popolo tibetano non è il treno in sé, ma come verrà usato». Di cosa hanno paura i tibetani?

Le infrastrutture che la Cina sviluppa in Tibet non sono pericolose in sé: bisogna vedere come vengono utilizzate. Temiamo che vengano usate per trasferire più soldati e più armi cinesi in Tibet. Se questo avverrà i tibetani diventeranno presto una minoranza nel loro Paese. Ovviamente il nuovo treno porterà maggiore ricchezza in Tibet, soldi che però arriveranno direttamente nel portafogli dei cinesi, che godono di una preparazione migliore, occupano posti amministrativi e sono proprietari delle imprese.

Al suo governo preoccupa il saccheggio cinese delle risorse naturali tibetane. Conosce qualche compagnia europea che stia operando in questo settore in Tibet?

Oggi come oggi non abbiamo informazioni precise sulle compagnie europee operanti in Tibet. Ci preoccupiamo per l’impatto ambientale in Tibet perché il suo equilibrio naturale è molto fragile. Nel 1998 c’è stata una serie di devastanti inondazioni in Cina. È stato allora che Pechino ha cominciato ad accusare che questo fosse dovuto alle deforestazioni massicce nelle aree adiacenti ai fiumi tibetani.

L’Ue e altri Paesi europei appoggiano la politica di “una sola Cina”, ma al tempo stesso appoggiano il governo tibetano in esilio. Questi atteggiamenti sono compatibili?

Certo. Il Tibet non persegue l’indipendenza, ma solo un miglioramento della sua autonomia: vogliamo preservare libertà, lingua, cultura, contesto naturale e modo di vivere all’interno della Costituzione della Cina. Poiché non vogliamo recuperare la nostra sovranità non ci sono contraddizioni tra i due atteggiamenti.

Nel 2002 l’Onu appoggiò il Vertice del Millennio per la Pace, al quale parteciparono più di 100 leader religiosi mondiali, ma non Sua Santità il Dalai Lama. Crede che l’Onu abbia ancora un ruolo da giocare nella questione tibetana?

Non è stata l’Onu a porre il veto alla presenza del Dalai Lama all’evento, ma la Cina col suo diritto di veto. È solo un esempio delle iniziative dell’Onu bloccate dalla Cina. Le Nazioni Unite hanno tentato di pubblicare un libro sulla pace e la nonviolenza che includeva un articolo del Dalai Lama, ma la Cina ha protestato energicamente e il libro non è stato ancora pubblicato.

Allora, dato che le decisioni nell’Ue sono prese in modo più democratico, non crede che Bruxelles potrebbe avere un ruolo più rilevante nella questione tibetana?

L’Ue può giocare un ruolo molto più costruttivo dell’Onu. Da quando la Cina è diventata membro dell’Onu non c’è risoluzione sui diritti umani in Tibet che abbia funzionato. La Cina fa parte della commissione dei Diritti Umani dell’Onu: un fatto, questo, che mi sembra piuttosto ironico.

Il Panchen Lama, seconda figura più importante nel buddismo tibetano, viene scelto dal Dalai Lama. Ma la Cina ha appena eletto il suo successore, togliendo al Dalai Lama l’elezione. Pensate di parlarne con Pechino?

Non servirebbe a niente. Alcuni giorni dopo che Sua Santità ha identificato il nuovo Panchen Lama (un bambino ndr), questi è scomparso, diventando così il prigioniero politico più giovane al mondo. Quando l’Ue o un altro governo interpellano Pechino su questo tema, sentono rispondersi dalle autorità cinesi che non vogliono essere disturbate. Invece del vero Pachen Lama, i cinesi ne hanno eletto un altro. E obbligano i tibetani a venerarlo.

Sua Santità il Dalai Lama è il volto e il simbolo della battaglia del Tibet. È rispettato da governi e leader religiosi di ogni ideologia e fede nel mondo. Cosa succederà quando morirà?

Quando arrivò in India, il governo tibetano era arcaico e primitivo, dipendente dai successivi Dalai Lama. Durante gli ultimi 45 anni ha lavorato molto duro perché il governo fosse l’istituzione moderna, responsabile e democratica che è oggi. Si può dire che dal 1959 in poi il Dalai lama ha preparato i tibetani a vivere senza di lui, dando più autonomia alle istituzioni politiche del Paese.

Foto: Treno del Tibet (owltoucan/Flickr); Sonam Norbu (JDR); Parlamento del Tibet in esilio (JDR)

Translated from Sonam Norbu: la UE podría jugar un papel más constructivo que la ONU en el Tíbet