The Trump effect: istruzioni per l'uso
Published on
A circa due settimane dalla vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane stiamo iniziando ad abituarci all'idea... Per quel che è possibile, quantomeno. Cosa aspettarci da questi "mirabolanti" quattro anni a venire? Ne abbiamo parlato con Nadia Urbinati, politologa e docente presso la Columbia University di New York.
cafébabel: Iniziamo dalla foto di Trump e Farage insieme a farsi i complimenti reciprocamente per la vittoria contro l’elite: come fanno due uomini bianchi in un palazzo dorato a presentarsi come alternativa credibile alle elite?
Nadia Urbinati: Bisogna fare molta attenzione a non confondere le cose: quella che Trump criticava in campagna elettorale era l'elite politica: non l'elite in generale, e tantomeno quella economica e finanziaria. Ma in fondo c'è anche da dire che è così che funziona la propaganda populista: una volta arrivati al potere gli eletti populisti diventano inevitabilmente parte di quell'establishment che avevano prima criticato. Credo andrà così anche per Donald Trump. Tutti i populismi si ripropongono di fare un governo che non metta in atto un rapporto di tipo elitista come avvenuto passato, ma questo è molto difficile da mettere in pratica, se non impossibile: si tratta solo di propaganda elettorale, destinata a durare fino a quando il populista sale al potere. Quello che è importante tenere a mente è che bisogna tener distinto il populismo come "movimento" e il populismo una volta al governo.
cafébabel: Che tipo di equilibri internazionali possiamo aspettarci con la Russia? Come farà un uomo con nessuna esperienza politica a relazionarsi con un capo di stato espertissimo di politica estera, quale è Putin?
Nadia Urbinati: Un rapporto più cooperativo sarebbe auspicabile con la Russia, soprattutto in riferimento ad aree del mondo come il Medio Oriente, dove non sembra possibile avere una soluzione a breve termine senza la collaborazione tra le parti. A fare politica si impara: anche Berlusconi, guardando al nostro panorama politico, non aveva esperienza politica all’inizio. Ma ce lo siamo tenuti per un bel po’ di tempo... E c’è da dire inoltre che Donald Trump non è solo: avrà l’appoggio di tutto il partito repubblicano, il quale pur avendolo osteggiato in un primo momento ora si ritrova ad avere un sostegno completo nei tre centri di potere della politica americana grazie a lui. Non so come si possa evolvere il rapporto personale con Putin: certo è che, come detto, non sarà solo.
cafébabel: Quanto regge il parallelo Trump-Berlusconi? In cosa sono simili, in cosa diversi?
Il paragone era stato fatto, anche sulla stampa americana. Ma sono due personaggi diversi, anche se hanno la stessa condizione economica e la stessa attitudine nepotistica. Sono entrambi sicuramente personaggi già famosi e ricchi al momento della loro "discesa in campo", e sono entrambi entrati in politica sostanzialmente per difendere i propri interessi economici e ridare linfa ad un impero in crisi. Tuttavia le similitudini non sono identità. Berlusconi non è mai stato un violento nel linguaggio: era più un tipo da barzellette, per così dire, aveva la "guasconeria" di chi viene dal basso. Era una "persona normale" fattasi da sola, ed ha sempre portato avanti quell’immagine, negli anni in cui è stato al vertice della politica italiana. Trump invece viene "da dentro", è ricco di famiglia e ha tutte le qualità dell’arroganza al potere: è violento, rude, volgare, non si fa scrupoli a dire e fare cose quantomeno discutibili pur di arrivare al proprio obiettivo. Esprime un'idea quasi regale dei rapporti di potere a cui la sua azienda lo ha abituato. Ma non dimentichiamo che è un uomo d’affari, quindi naturalmente propenso alla trattativa e al compromesso.
cafébabel: Con Trump presidente l’opzione nucleare torna ad essere sul tavolo, anche in chiave anti-terrorismo?
Nadia Urbinati: Oddio… Opzione nucleare contro chi poi? Dove? Le organizzazioni terroristiche sono tentacolari, forse inserite nelle nostre società, come abbiamo purtroppo imparato a nostre spese. Penso quella particolare espressione sia stata solo pura propaganda, ma in caso di un attacco terroristico sul suolo statunitense il rischio concreto che vedo è che Trump si faccia trascinare in una guerra che non può vincere, che sarebbe combattuta soprattutto sul versante della limitazione dei diritti. In passato è già successo, ad esempio con George Bush jr, ed abbiamo anche visto dove tutto questo ha portato...
cafébabel: Per noi europei è difficile comprendere come il problema del riscaldamento globale possa semplicemente non essere ritenuto reale. Trump ci crede davvero o c’è qualcos’altro sotto?
Nadia Urbinati: Il punto è che tutti hanno la percezione che i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale siano qualcosa che accadrà in futuro, prima o poi, ma non che sia qualcosa che vedremo nel corso della nostra vita. Che sarà un problema di qualcun altro, in altre parole. Io non so se lui, personalmente, ci creda o meno, ma è indubbio che il supporto dei suoi "amici petrolieri" e i loro interessi abbiano in qualche modo influenzato ed "estremizzato" il suo pensiero in merito, se vogliamo. Ma questo riflette una concezione abbastanza miope, più comune di quel che si pensi, che afferma che sia sostanzialmente qualcosa che noi, come singoli individui, non arriveremo mai a vedere. Già in questi giorni tuttavia ha fatto capire come egli sia in fondo disposto a discutere sul clima, e non sembra più così radicale come in campagna elettorale.
cafébabel: Come mai alcuni membri della comunità LGBT hanno votato per Trump?
Nadia Urbinati: Trump è un newyorkese, in qualche modo è un liberal, certo molto più di molti repubblicani. Non fa parte di quella fazione di cristiani evangelici ultraconservatori e reazionari appartenente del partito repubblicano che egli ha sfruttato per arrivare alla vittoria. Certo, non bisogna dimenticare che il partito avrà un ruolo molto ingombrante alla Casa Bianca, avendo la maggioranza nelle due Camere, quando esso forse nominerà due dei suoi membri alla Corte Suprema. Conquistare questo potere quasi assoluto può aver spinto alcuni repubblicani per nulla liberal a votarlo, in contrapposizione ad un candidato come la Clinton. Ma alcune idee di Trump in campagna elettorale, come quella di avviare programmi di infrastrutture o fare politiche sociali per i disoccupati, avrebbero in effetti potuto essere tranquillamente incluse nel programma della Clinton.
cafébabel: Cosa direbbe ai democratici americani che sostengono che bisognerebbe "dare una possibilità" a Trump?
Nadia Urbinati: Credo che i membri del partito democratico facciano bene a far presente ai repubblicani che hanno vinto con Trump che alcune parti del suo programma erano state in passato portate avanti dai democratici stessi. L’ultima cosa che il partito democratico deve fare è il muro contro muro: si ritroverebbe chiuso in un angolo, incapace di incidere, soprattutto considerata la situazione di netta minoranza nelle due Camere. I democratici devono invece già pensare alle elezioni di midterm tra due anni, poiché sarebbe per loro drammatico se perdessero anche quelle.
_