"The Enemy Within", una storia quotidiana nella crisi greca
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Una pellicola per raccontare un dramma interiore nell'Atene degli anni della crisi. Il film di Tsemberopulos, fresco di menzione al festival "l'Europe autour de l'Europe", va oltre la storia personale di un onesto cittadino e si intreccia alle vicende della Grecia violenta della crisi economica.
La storia di Kostas (Manolis Mavromatakis) è quella di un uomo maturo, con una famiglia e una vita normale che improvvisamente scopre di non sapere più chi è realmente. Tutto accade in una notte drammatica: ladri in casa che gli “massacrano l’anima”, la disintegrazione di un uomo felice che parlava a suo figlio dell’Umanesimo, Kostas che cade nella vendetta fino a compiere l’atto finale. Sullo sfondo le immagini di un'Atene violenta e senza leggi.
“The Enemy Within”, "O Εχθρός Μου" in greco, è un film crudo e delicato allo stesso tempo. Vi scorgiamo la grande attualità, calata nell’intimità di una famiglia greca, "barbarizzata" come tante altre nella Grecia della grande crisi sociale ed economica. Eccoci catapultati negli Stati Uniti d’Europa con i fantasmi mescolati dell’immigrazione e del razzismo, tra le genti che abitano le nostre metropoli e che affrontano le difficoltà quotidiane.
Una storia verosimile
Eppure, “questo non è un film sul razzismo, ma è piuttosto una domanda aperta”. Così, con il suo francese stentato, ha risposto alla domande dei giornalisti e del pubblico il regista Yorgos Tsemberoupolos, presente in sala per la proiezione nel cinema parigino Entrepot, in occasione della nona edizione del festival "L'Europe autour de l’Europe". Se il film non ha vinto il Premio Sauvage, assegnato a Jan Troell con il suo "The Last Sentence / Dom över död mann", ha comunque portato a casa una menzione speciale dalla giuria.
La pellicola non è tratta da una storia vera, ma potrebbe tranquillamente esserlo. “Quando, quattro anni fa, lo scenario è stato scritto e lo abbiamo presentato per ottenere finanziamenti, c’erano tantissime di storie simili in giro”, racconta Yorgos. “Quando invece è uscito il film”, prosegue, “assistevo alle discussioni e il pubblico mi confermava che la storia era molto pertinente con quanto avveniva attualmente in Grecia”. E, aggiungiamo noi, in Europa.
Emerge, in effetti, il quadro di una società in fuga, che comincia a farsi giustizia da sola, in una solitudine meccanica atavica, aggravata da una crisi diffusa che istiga alla discriminazione, all’intolleranza verso il diverso, ovvero quello straniero su cui speculano i movimenti populisti e di estrema destra. Dove stiamo andando? Il film non lo dice, ma noi possiamo provare a rispondere.
"Avevo una grande rabbia dentro"
Quando abbiamo domandato al regista da dove provenisse la sua necessità di girare questo film, la sua prima risposta è stata “Non lo so (e, dopo una pausa), quello che ora posso dire è che avevo una gran rabbia dentro…” Una rabbia che ha trasformato in un’opera d’arte capace di farci riflettere.
All'orizzonte nessuna soluzione, a parte un tacito compromesso. Kostas, alla fine, è ancora prigioniero (di se stesso), al centro di una strada rumorosa, dove nessuno gli presta attenzione. Nessuno sa chi sia, ma nemmeno lui d’altronde.