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Termini Tv: documentare la stazione e le sue vite di passaggio

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RomaCultura

Le stazioni sono un luogo di passaggio per definizione, un "non-luogo". A Termini Tv hanno un progetto ambizioso: documentare le storie dell'umanità di passaggio nella stazione Termini di Roma, per restituire un'immagine diversa di chi la attraversa e di chi la vive. Siamo andati a conoscerli ed osservare il loro lavoro.

Nella stazione Termini passano ogni giorno quasi 500mila persone. Un flusso interminabile di lavoratori, turisti o semplici cittadini, che hanno reso il principale terminal ferroviario di Roma e d’Italia un bacino incredibile di storie e sentimenti. Puoi incontrarci chiunque, e forse anche per questa ragione hai la sensazione di non incontrare nessuno. Punto di partenza, di arrivo o di transito. Se dovessimo immaginare una Porta di Roma sarebbe questa, con il piazzale dei capolinea degli autobus, la sua galleria alle spalle dei binari, il suo centro commerciale sotterraneo o il crocevia della metro A e la metro B. Un luogo di transito, che proprio per questo appare spesso come abbastanza anonimo, che si usa per arrivare da qualche altra parte, in cui manca sempre e comunque un passo da fare. Per questo motivo molto probabilmente luoghi come la stazione Termini affascinano.

Una specie di isola di indefinito, in un mondo dove tutto è preciso ed ha un nome. Un'isola che però è possibile superare, perché oltre l’attesa di un treno, il cambio di una metro o il semplice passeggiare nelle gallerie ci sono quelle 500mila persone e il loro infinito bacino narrativo che custodiscono, ognuno per sè in mezzo a tutti gli altri. I ragazzi di Termini Tv ogni giorno raccolgono tutta questa materia prima grezza e la trasformano in racconti finiti. Squarciano il velo del nonluogo e lo fanno tornare un luogo vissuto, non solo di anonimo passaggio. Perché come descrive Francesco, il direttore del progetto (ma vi dedicano attivamente il proprio tempo libero un gruppo di giornalisti, cameramen, fotografi e anche un comico): «Termini Tv non è solo l’intervista alle persone che incontriamo. È far capire l’atmosfera che si vive quotidianamente nella stazione». Ma andiamo con ordine.

Non è semplice documentare l'umanità di passaggio

Termini Tv è, come si descrivono i ragazzi sul sito della web tv, «l’unico canale al mondo specializzato nell’umanità che passa e sosta nelle stazioni». Interviste e racconti, tanti video, dalla Stazione Termini ma non solo. Sì, perché dal terminal romano il progetto viaggia e si sposta in giro per il mondo. «Sono appena tornato da un viaggio in Ungheria. Alla stazione di Budapest ho incontrato questo ragazzo rumeno-ungherese che mi ha raccontato la sua storia, della sua identità divisa tra due Paesi. Una storia perfetta per Termini Tv». Proprio perché Termini Tv racconta le identità e le «storie di vita dalle stazioni, soprattutto riguardo a viaggi e migrazioni, sul confine tra i viaggiatori e gli immigrati, l’esplorazione e la migrazione».

Incontro Francesco e Marica, una collaboratrice del progetto, un pomeriggio per seguirli nella loro attività in giro per il terminal. Francesco mi spiega come sia diventato difficile per fare questo lavoro. «Quando abbiamo iniziato più  di un anno fa, non avevamo questo tipo di problemi. Ci muovevamo per la stazione, fermavamo le persone per le interviste... Poi all’improvviso la nostra attività è diventata un problema, sia per le forze dell’ordine sia per i dipendenti di Ferrovie dello Stato. Per tre mesi uno di loro mi ha seguito, voleva vedere dove andavo e cosa facevo. Il lavoro si è complicato un po'. Dovremmo chiedere continuamente delle autorizzazioni per riprendere e fotografare e fare le interviste in presenza di un loro addetto stampa… Capisci, così non è per niente agevole. Che poi se ci pensi quello che facciamo noi non è altro che pubblicità alla stazione. Non hanno mai mostrato interesse per una collaborazione con noi». Un piccolo-grande controsenso, dove scattare delle fotografie per la stazione diventa in pochi minuti il gioco di cogliere l’attimo giusto per non farsi scoprire.  

Ricordi e controsensi

Non entravo nella stazione da più di un anno e noto subito che qualcosa è cambiato. Soprattutto avvicinandosi alle banchine dei treni l’aria si fa più cupa. Non che sia mai stato un festival della felicità, ma il ricordo del via vai dei passeggeri, la corsa dei ritardari per salire sul treno ormai in partenza o il turista chiaramente spaesato che non sapeva dove andare e a chi chiedere, in qualche modo tutto questo riusciva a coinvolgerti. Non c’è più niente di tutto ciò: ci sono delle file più o meno ordinate per avere accesso ai treni, e qualcuno in attesa sparso qua e là con la testa sul cellulare o alla ricerca di informazioni. La maggior parte dei viaggiatori sono nella galleria con la testa all’insù per controllare il proprio treno sui tabelloni. Sembra di essere in attesa per entrare allo stadio, con le sue barriere, i suoi tornelli e le sue perquisizioni. «Si è una giusta analogia. Anche gli stadi sono luoghi di transito. Lo Stato risparmia, condividendo la gestione della sicurezza con i  privati che gestiscono questi luoghi, i quali a loro volta si rivolgono a imprese private per il servizio. Il risultato è che di fronte non ti ritrovi un pubblico ufficiale, ma un buttafuori». Per passare i tornelli ed accedere alla banchina da metà 2015 serve il biglietto: non è più possibile arrivare al binario senza titolo di viaggio. «Dove dovete andare?» chiede lo steward. Mostriamo il nostro abbonamento Atac (con il classico biglietto per l’autobus e la metro è possibile usufruire dei treni di Ferrovie dello Stato compresi tra le stazioni ferroviarie presenti all'interno del Comune di Roma): «sono arrivati dei nostri amici, li stiamo andando a prendere al treno», mentiamo. «Sapete che non è consentito? Vabbè dai passate veloci». Chiedo il perché di queste barriere e di questo stretto controllo. Mi risponde Marica: «Sicurezza, ridurre i passeggeri senza biglietto, quantomeno ufficialmente. Ma credo che il reale motivo sia quello di allontanare i senzatetto dalla stazione. Il problema è che non hanno dato loro un’alternativa. La notte gli addetti alle pulizie bagnano i marciapiedi che costeggiano la stazione, così loro non posso trovare riparo nemmeno lì». Continua poi Francesco: «Il nostro no alla barriera viene anche da un punto di vista narrativo: ogni binario aveva il suo senzatetto. Ma sai qual è la parte più assurda? Esiste una targa in ricordo di una senzatetto morta in stazione. Una delle tante contraddizioni che si vivono qui a Termini».

Le storie a Termini non mancano mai

La passeggiata prosegue lungo i sottopassaggi che collegano i binari della stazione. I due raccontano le storie che in più di un anno hanno raccolto, e di come la stazione Termini sia entrata nelle loro vite. Francesco mi parla di un evento recente a cui ha assistito: «Pochi giorni fa stavamo preparando un video sugli incontri alla stazione. Il set era pronto, la nostra attrice stava attendendo l’entrata in scena del ragazzo quando un senzatetto le si è avvicinata e ha iniziato a parlare con lei. È stata una scena commovente, questo signore era davvero preso dalla conversazione e non si è accorto minimamente delle telecamere. Volevamo organizzare lo sketch di un incontro ma in realtà non serviva, alla stazione Termini gli incontri sono spontanei». Ricorda ancora il suo primo impatto con Roma, Francesco è originario delle Marche: «Beh ovvio, è stato a Termini». Torniamo in superficie e sbuchiamo al binario 1. In lontananza si vede il binario 1 est, e via con altri ricordi: «È il mio binario. Il treno per Ancona parte da lì. Adesso sulla banchina hanno costruito una tettoia, non c’era prima». Perché la stazione Termini è un cantiere sempre aperto. In costruzione c’è un parcheggio sopraelevato (in pochi a Roma lo sanno) proprio sopra i binari, e il suo giudizio in proposito non è propriamente positivo: «toglie luce, chissà se se ne sono accorti» dice Francesco.

Alla Termini si fanno molti incontri. Sulle scale mobili diretti verso la metro notiamo un eccentrico signore, ha in mano un bizzarro bastone con qualcosa appeso ed una borsa a tracolla. Francesco "sguinzaglia" Marica per intercettare la sua storia e provare a intervistarlo. Li ritroviamo pochi minuti dopo in cima a quelle stesse scale mobili dove l’avevamo visto per la prima volta, intento a spiegare qualcosa all’inviata di Termini Tv. Francesco lo invita ad uscire dalla stazione, per non avere problemi durante l’intervista, e lui accetta volentieri. Si chiama Alessandro, viene da Napoli. È a Roma per la manifestazione "Bagnoli libera". Su quel bastone ci sono attaccati tantissimi adesivi, tantissime frasi sul lavoro, sulla giustizia. Ad attirare l’attenzione più di tutto però è quel fantoccio che vi è attaccato, impiccato. Sulla testa sono incollate le facce di Marchionne e Renzi. Egli spiega che il richiamo è al triste episodio di un operaio che si è tolto la vita dopo aver perso il posto di lavoro in uno stabilimento di Bagnoli. Alessandro si apre ai ragazzi di Termini Tv: gli racconta la sua storia, dei motivi che lo hanno spinto a venire a Roma, per poi salutarci e riprendere il proprio viaggio verso casa, che passa per la grande stazione.

Proseguiamo la passeggiata, hanno appuntamento per un'altra intervista con un ragazzo incontrato il giorno precedente. Si chiama Federico, viene dal Messico, ma anche dal Portogallo e dal Texas, dove lavora come cuoco, ovviamente di cucina italiana. Lo incontriamo nel Bed & Breakfast dove alloggia, a 100 metri dalla stazione, ed insieme ci torniamo per l’intervista. Anche lui porta la sua storia a Termini, dato che come ricorda Francesco: «Ognuno può contribuire alla storia della stazione», anche un cuoco che in sé raccoglie mezzo globo. Sorride, scherza, si presta alla videocamera e alla fotocamera. Francesco e Marica sono attentissimi a non perdere nulla di quello che dice, dell’entusiasmo che mette in questa esperienza, nuovissima anche per lui. Saluta la telecamera con una linguaccia. «Dove puoi incontrare un personaggio così se non a Termini?» dice Francesco.

È ormai arrivato il tramonto, Francesco torna ai suoi impegni, Marica deve tornare a casa perché la sorella ha dimenticato le chiavi. Termini Tv è anche questo, è la dedizione di queste persone nel ritagliarsi quando possono uno spazio della propria giornata da dedicare al progetto. Hanno piani per il futuro, ma vogliono restare indipendenti nello svolgere con entusiasmo quello che fanno. Questo è quello che percepisci sentendoli parlare e vedendoli lavorare. E se l’uomo non è altro che la storia che riesce a raccontare di sé, ce n’è di lavoro da fare per i ragazzi di Termini Tv. Almeno quante sono le cose che hanno da raccontare.