Talè cu c'è: Sanlorenzo, primo mercato siculo-europeo
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“Piccolo, buono, sostenibile, giusto”: queste, per l'ideatore Dario Mirri, le linee guida attuate per dar vita al progetto di Sanlorenzo Mercato, tra recupero della tradizione locale e sguardo all'esperienza dei mercati coperti europei. Fotogallery.
Un'esperienza inattesa: immergersi nello scenario del nuovo Sanlorenzo Mercato a Palermo. In un attimo si respira un'atmosfera colma di rinnovamento e al contempo di richiamo alla tradizione, freschezza, accoglienza e originalità seppur nella bellezza della semplicità. Eccessivo cogliere tutte queste qualità ad un primo sguardo? Occorre osservare accuratamente questa nuova realtà a partire dalle sue peculiarità per comprendere la risonanza che sta suscitando a livello regionale e non.
Sanlorenzo Mercato è una netta innovazione per il territorio siciliano, che intreccia in un unico corpus le più interessanti realtà produttive enogastronomiche siciliane. Il nuovo mercato si mostra così: nove botteghe (caffè, forno, pescheria, carnezzeria, frutta e verdura, salumeria, vineria, friggitoria, osteria) con circa 2800 prodotti (di cui il 40% freschi di giornata) da 250 fornitori selezionati in tutta la Sicilia, dove non mancano presìdi Slow Food. Il tutto all'interno degli spazi che negli anni '40 ospitavano un'antica agrumaria, di cui quelli interni superano i 1.500 metri quadri e quelli esterni hanno un orto-giardino didattico. Ma non sono solo i numeri o l'involucro ad essere degni di nota.
Alcune parole-chiave esprimono i suoi capisaldi: terra, rispetto, qualità, sostenibilità, identità, consapevolezza, innovazione. Dario Mirri, ideatore del progetto, chiarisce il primo punto spiegando che «la terra è il fulcro di Sanlorenzo Mercato in quanto elemento madre che muove tutta la filiera agroalimentare in Sicilia, la quale rappresenta un primato a livello nazionale e internazionale per questioni geografiche e geologiche; una sorta di micro-continente con una produzione, una ricchezza e una biodiversità preziose da rispettare e comunicare». Il rispetto della terra si traduce nell'osservanza dei cicli di produzione, nell'esigenza di fornire prodotti genuini senza manipolare i tempi, la materia prima, la forza lavoro stessa. Si tratta di una sfida, perché portare avanti tale visione significa non percorrere le logiche di sfruttamento, di rapidità, di grandi volumi di produzione e commercializzazione consueti nel mercato odierno. Sfida ancor più dura nel cercare di difendere prezzi accessibili.
«La mission - precisa Mirri - non è solo commerciale, ma molto più profonda, con principi etici, culturali, sociali che distinguono questo Mercato dalla realtà attuale». L'ambizione non è solo quella di fornire prodotti di qualità a km zero e biologici, ma di spingersi ancora più in là, controllando il rapporto diretto con i produttori – non ci sono intermediari di produzione – e rimarcando il legame tra qualità ed appartenenza locale. Da qui l'importanza di dare visibilità a tutte le aziende produttrici che hanno una forte identità territoriale ma che spesso non riescono a raggiungere il mercato.
Un altro filo conduttore del progetto è la sostenibilità, attuata mediante il riuso e il rinnovo del patrimonio culturale. La scelta della struttura architettonica, a tal proposito, ben si lega alla filosofia del Mercato, che è quella di valorizzare la tradizione in termini di ricontestualizzazione sostenibile. «La riqualificazione di uno spazio urbano preesistente non è unicamente una scelta estetica, ma anche una scelta consapevole che avviene nel recupero dell'agrumaria tramite una nuova identità», puntualizza Mirri. L'appartenenza emotiva a un certo immaginario si riflette anche nell'arredamento del Mercato. Gli inserti di design moderni, spesso in materiali poveri come il legno, insieme all'utilizzo di mobili già usati come in una storia che si radica nel territorio, concorrono all'evocazione di un passato che non è mero ricordo nostalgico, ma un'autentica riproposizione della tradizione.
La sostenibilità si concretizza anche nella riduzione degli sprechi, ad esempio tramite il progetto dei vini sfusi, limitando le confezioni, evitando il vetro, proponendo "un contenuto di qualità dentro un contenitore ecosostenibile”. Ciò assume anche un risvolto sociale, prima ancora che economico. Non a caso il mercato ha sviluppato una rete di collaborazioni e di partnership che rispettano tale concezione, come quella con il Banco Alimentare– Sicilia Occidentale, a cui sarà destinato il cibo in eccesso per le famiglie bisognose dei quartieri vicini.
Il Mercato si focalizzerà anche sugli eventi culturali e sulle iniziative sociali: Mirri spiega che «in questa direzione andranno anche le visite e i laboratori didattici per i bambini, al fine di educare alla cultura del buon cibo e di una corretta alimentazione, secondo una missione in qualche modo morale che il Mercato nutre nei confronti di chi lo vive». Vi è inoltre uno spazio eventi strutturato con delle gradinate per dar vita ad un luogo di aggregazione, di convivialità, di partecipazione, interattivo per il pubblico su temi che spaziano dallo showcooking a corsi e lezioni di cucina, da concerti a cinema e reading.
Tutto ciò ha richiesto un lavoro di sintesi dell'immensa e inimitabile eredità dei mercati storici della città di Palermo. In tal senso, «Sanlorenzo si propone come un'esperienza sinestetica, cioè capace di coniugare tutti i sensi con cui percepiamo la realtà e di farlo tramite l'estetica dei mercati nostrani fatta di colori, di sapori, di profumi molto forti». Dall'altro si guarda all'esempio dei mercati coperti europei, soprattutto quelli spagnoli, ma anche mitteleuropei, in cui la cultura di mangiare e fare la spesa in un unico luogo è presente e viva. «Noi siamo abituati invece a vivere per strada, e da questo punto di vista Sanlorenzo Mercato, con il suo spazio all'aperto e le sue botteghe chiuse, è un po' la summa di questi elementi culturali», conferma Mirri.