Sul tetto del mondo con Martino Reggiani
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Martino Reggiani l'ho conosciuto sull'onda di un'email, mandata in luglio, con un bel file pesantuccio e ricco di note musicali sulla sua esperienza Erasmus a Mulhouse, nell'Alsazia francese. In quel file c'era "Lettre aux Erasmus" ("Lettera agli Erasmus") che Coffee Factory, il blog che segue l'evolversi di cafebabel.com e la community di "babeliani" in gestazione, ha rivelato al Web.
Il pezzo l'ho scelto poi per intramezzare un'intervista su Radio Uno (che potete ascoltare al 33-34esimo minuto dell'audio che troverete cliccando qui e poi su "ascolta"). Oggi Martino ha accettato di essere nostro ospite. Si parla di musica, ispirazione, vissuto erasmiano ma anche di politica. Leggere per credere.
Martino, benvenuto su Eurogeneration! puoi raccontarci come ti è venuta l'ispirazione per il tuo brano Sul tetto del mondo?
C’è stato un vissuto, un vissuto che ha contenuto attimi e momenti così sottili e forti, così veloci eppure così lenti ad imprimersi, e questa canzone non ne è altro che l’appendice. Poteva anche essere banale, e resta sempre comunque una lettera. Solo una lettera, e una lettera possiede per forza un corpo nostalgico. L’ho scritta dopo due anni all’estero. Avrei voluto scriverla prima, durante quegli anni. Sarebbe stato sicuramente qualcos’altro, ma forse ero troppo implicato per farlo allora, anche se devo dire, odio la crudeltà artificiale dell’intellettualismo. Non è difficile credermi, la nostalgia era presente, come un’inevitabile conseguente Stagione all’inferno passata da Rimbaud.
Puoi raccontarci qualche particolare sul modo col quale lavori di solito alle tue canzoni (strumentazione, luoghi di registrazione, musicisti...)?
Non disdegno affatto suonare assieme ad altri, anzi, lo considero un incentivo a fare le cose che non ho mai voglia di fare. Ma non riesco mai ad inventare assieme ad altri. Difficilmente accade. Non importa lo spazio, ma scrivo da solo. Alla fine ho sempre una chitarra da trascinarmi dietro, o un pianoforte ad aspettarmi (“Lettre aux Erasmus” l’ho scritta con un basso,senza sapere suonare il basso, perché dove mi trovavo non c’era altro strumento in giro. Ironico,no?). Non so dire perché è così. Bisogna stare attenti a sentenziare certe risposte. Forse perché mentre invento, leggo quello che porto scritto dietro la fronte, parole deboli per la maggior parte, più deboli di quello che c’è davanti la fronte.
Cosa ne pensi della costruzione Unione Europea? Capisci quanti in Francia come in Olanda hanno votato No alla Costituzione?
Lo capisco sì, ma non vuol dire che l’approvi. Curano i loro interessi, e purtroppo è un fatto anche troppo umano curare i propri interessi. Gli occhi degli altri sono sempre più crudeli anche perché sono più onesti. Agli occhi del resto del mondo l’Europa è “unita” solo perché sotto un potere economico, e più il potere economico si accrescerà, più le divergenze politiche si appianeranno. Questa però è una parte della realtà. L’Eurogeneration e Noi raccontiamo l’altra parte.
Questo pezzo è nato nel contesto dell'Erasmus. Un progetto straordinario, certo. E se volessimo trovargli un difetto?
Ho vissuto la mia esperienza estera come studente. Come qualcuno, quindi, che possedeva un posto da privilegiato (anche se, secondo gli standard attuali di molti, il mio modo materiale di vivere sarebbe considerato comunque miserrimo), e non ho trovato alcun difetto, se non i soliti burocratici, e quelli umani che ci portavamo dietro noi, e che durante quest’esperienza sono serviti solo ad arricchirci. Posso dirti però che un difetto potrebbe arrivare un giorno, in futuro. Più che un difetto, un rischio. L’esempio più ricco che ho colto da quest’esperienza, è stato di essere riuscito assieme ad un nutrito gruppo di gente straniera come me, a legarci tutti assieme sotto leggi e caratteri universali dello spirito umano (non parlo di quello cattolico). Tutti noi abbiamo dissolto via pregiudizi. Di questi tempi i pregiudizi sono salvaguardati dal politically-correct e da un crescente benessere, ma anche per colpa di questi, restano sempre presenti. E’ vero che l’Europa unita non è affatto unita, poiché quanti, ancora, possono dirsi, e realmente sentirsi, cittadini europei? Ma un primo lungo passo c’è stato, e il difetto potrebbe scaturire da questo. E’ una lezione che ho appreso dal “Guerriero dell’immaginario” dello scrittore martinicano Patrick Chamoiseau. Poiché tutti noi viviamo sotto l’unico pensiero veicolante dell’Europa e dell’occidente, un pensiero che tende ad estraniare ed escludere il resto del mondo. Il rischio è che un giorno quando l’Europa sarà fatta, se mai un giorno accadrà, Noi tutti ci si chiuderà a guscio dentro i nostri sistemi occidentali, creduti i soli possibili, lasciando fuori il resto del mondo, anzi questo sarebbe niente, bensì assoggettandolo come si è sempre fatto, invece di spargersi in giro con le teste ancora calde dei propri vissuti e le mani riempite di saluti.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Non saprei. Forse continuare a scappare sempre dov’è “l’altro” e giocarmi la salvezza. E continuare a farlo finché è possibile.