Stamina, ovvero come un non dottore riesce ad agire come tale
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Stamina di Davide Vannoni è un metodo principalmente rivolto alle malattie neurodegenerative, e si baserebbe sulla conversione di cellule staminali mesenchimali in neuroni. Ma è anche una storia sulla continua contrapposizione tra tesi non sempre opposte, che continuamente cambiano le carte in tavola, a favore prima della logica e poi dell'etica.
Il bisogno pressante è di fare chiarezza su tutta la vicenda. Ci hanno provato in molti, e riuscito in pochi. Provare a capire a chi dare ragione o a chi torto per rispettare un inamovibile schema di bianco e nero, dove c'è chi sbaglia contro chi vince è difficile. E la situazione di Stamina questo schema qui proprio non lo prevede.
il boom: COS'E' IL METODO STAMINA
L'interesse del grande pubblico per la vicenda è iniziato dopo la messa in onda dei servizi del programma televisivo Le Iene Show, ma la storia comincia molto prima. Lo show trasmette storie di soggetti affetti da patologie gravi (ictus, lesioni spinali, paralisi cerebrale) o malattie degenerative del sistema nervoso tra cui il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Le promesse sono chiare: guarigioni quasi miracolose e recuperi che vanno dal 70% al 100% della condizione iniziale. Nonostante le successive rettifiche del programma, i servizi chiaramente ponevano sotto una luce positiva l'intero metodo, schiacciando ripetutamente l'interruttore sentimentale ed emotivo, e ponendo il protagonista della vicenda Davide Vannoni, laureato in Scienze della Comunicazione e autore di testi di comunicazione persuasiva, in un'ottica decisamente favorevole.
Vannoni si fa promotore del metodo Stamina, garantendo di averlo provato su sé stesso. Nel 2004 si sveglia con un'improvvisa paresi facciale e dopo aver tentato in tutta Italia diverse cure nessuna delle quali sembrava funzionare, si reca in Ucraina dove era in corso una ricerca su cellule staminali. A Kharkov incontra i biologi ucraini Elena Schegelskaya e Vyacheslav Klymenko, si fida e si sottopone alle cure con la speranza che possano ripristinare il difetto nel suo volto. Da lì inizia tutto. Vannoni vede risultati positivi, si appassiona allo studio, e decide di importare il metodo anche in Italia.
il dilemma delle CURE COMPASSIOnEVOLi
Le cure compassionevoli rappresentano la possibilità di utilizzare, a fini terapeutici, medicinali o terapie per i quali non è ancora stata completata la fase disperimentazione clinica. E il metodo Stamina rientra tra queste. Ma il problema è capire dove i tentativi esasperati di salvare la vita di qualcuno vicino, abbiano portato chi si è affidato a Vannoni&Co. Fin dove si può spingere la propria fiducia?
Nel 2009 infatti un'inchiesta è stata avviata nei confronti di Vannoni e della Stamina Foundation ONLUS, associazione senza scopo di lucro che Vannoni ha fondato con Marino Andolina, fino al 2011 direttore del Dipartimento trapianti dell’ospedale Burlo Garofalo, di Trieste, coinvolto nella vicenda proprio per la somministrazione del metodo. Attualmente si ritiene infatti che il metodo, per la maggior parte del tempo tenuto segreto dai suoi promotori nelle metodiche e nei particolari, sia privo di una validità scientifica che ne attesti l'efficacia dal punto di vista terapeutico. Inoltre non risulta siano mai state rese note pubblicazioni, senza il giudizio della comunità scientifica internazionale, che infatti ha sollevato numerose obiezioni e lacune, notevolmente preoccupata per l'incidenza che il metodo stava ottenendo. Lo schema del buono e cattivo, allora sembra chiaro e facile da definire: Vannoni è un impostore e le persone che sono entrate nel suo giro, solo povere vittime.
Ma un'altra realtà rende il piano più complicato. Quella di alcuni pazienti che continuano a difendere Stamina e il loro diritto a sottoporsi a proprio rischio alla sperimentazione.
Quindi arrivare ad accettare tutto, e cioè che anche un metodo a cui non è mai stata riconosciuta una validità scientifica e che anzi, da quanto emerge dai verbali dei NAS sui campioni, non mostrerebbe che qualche traccia di cellule staminali al loro interno, sembra essere un prezzo da pagare non troppo gravoso per chi è coinvolto. Il lavoro infatti non rientra nelle Good manufacturing practices (Gmp), cioè nelle Norme di buona fabbricazione, che fanno in modo che il preparato da somministrare sia impeccabile dal punto di vista della formulazione e sicuro per il paziente.
La ragione quindi potrebbe stare nelle famiglie che sostengono il loro diritto a sottoporsi a Stamina, come una scelta libera e unica alternativa rimasta. Ma nella situazione emotiva in cui queste si ritrovano la ratio obiettiva è lasciare loro questa libertà, spinta dall' impulso della disperazione, oppure far prevalere la logica dell'illegalità che evidentemente emerge nella completa infondatezza del metodo stamina?
UN "NON DOTTORE"
La questione è anche un'altra: una persona qualsiasi, nello specifico un esperto di comunicazione, ha avuto la capacità di scuotere il mondo della ricerca scientifica, ed è stato l'unico in grado di dare un'alternativa, a quanto pare non troppo valida. Un quesito che ricorre per tutta la vicenda riguarda il modo in cui un trattamento non approvato sia riuscito ad entrare all’interno dell’ospedale pubblico di Brescia. Lo spaventoso scenario di un paese il nostro, in cui "chiunque", senza la conoscenza e la professionalità che il campo richiede, può farsi promotore di una cura, acquisire la fiducia di migliaia di persone (dal 2008 sono stati trattati 65 pazienti in Italia, ma a Stamina Foundation sono arrivate più di 10 mila richieste) ed essere capace di gestire decine di migliaia di euro senza troppi intoppi. Come ha fatto l’Italia a dare credito alla sua fondazione? “Fabbriche di cure”, gestite come un buisness, e magari con l'assenza della professionalità necessaria, potrebbero diventare un futuro non troppo improbabile.
Infine gli interessi. Vannoni ha sempre sostenuto la necessità della segretezza proprio per evitare che altri potessero approfittare della sua scoperta con l'intento di difendersi dal monopolio delle case farmaceutiche ma si è. La bilancia del torto e ragione sembra definita con Vannoni difensore del diritto al sapere, contro il gruppo chiuso della casta farmaceutica. Ma secondo alcuni, il metodo sarebbe stato già venduto da Vannoni, proprio ad un gruppo di ricerca e sperimentazione farmaceutica, quando lo stesso diceva che, nel caso fosse stata avviata una sperimentazione nazionale, le cure sarebbero state gratuire.
A prescindere dall'evoluzione di questa specifica vicenda, ancora una volta sorge un dubbio: quanto c'è di giusto e quanto di sbagliato nel voler divulgare autonomamente le proprie scoperte?Sarebbe scontato un giudizio positivo per la diffusione autonoma: se guardiamo al mondo della ricerca, fortemente influenzato dalle lobby, può non sembrare del tutto sbagliato che Vannoni o chiunque altro pensi di voler guadagnare su una scoperta condotta automomanete al posto di divulgarla e far sì che anche altri possano trarne beneficio. Il rischio in opposto è però questo: un alto livello di incertezza tra quello che è scientificamente valido e quello che non lo è. Il controllo sui contenuti e sulla professionalità rischierebbe di sfuggire di mano, come effettivamente è successo in questo caso.
Questa di Stamina potrebbe essere anche l'occasione per avviare un serio dibattito sull'argomento e risolvere la confusione sulla regolamentazione della sperimentazione e delle cure compassionevoli di cui (unico dato certo) Vannoni ha evidentemento approfittato. Restano quindi tanti dubbi, con la difficoltà di schierarsi e prendere una posizione in questo intricato schema di giusto o sbagliato. La domanda principale infatti resta: e la logica o etica a dover prevalere?