Sono diventato Charlie
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Immaginiamo che Islam, Ebraismo e Cristianesimo siano un’aquila, un cervo e un delfino: tutti e tre vivono e si riproducono, ma uno si muove nell'aria, il secondo spazia per le selve, il terzo nuota nell'acqua. Il rapporto fra i tre monoteismi va posto per un po' in una simile prospettiva.
[Opinione]
Ho lasciato passare quasi due settimane dopo un evento di quelli che lasciano il segno su ogni macchina del tempo e le acque sono sempre più torbide. Charlie Hebdo lo conoscevo perché in genere mi piace spiare l’anima degli altri popoli e la stampa è sempre un buon modo per cominciare. Tuttavia non avevo mai comprato il settimanale satirico "dall’anima sessantottina mescolata con una vecchia tradizione di mangiapreti", per parafrasare Michel Houellebecq, scrittore del libro del momento Submission intervistato dal “Corriere della Sera” che descrive con queste parole Cabu, uno dei vignettisti uccisi.
Non lo avevo mai comprato perché, dal 2006, quando mi accorsi che esisteva a causa delle prime vignette satiriche, nutrivo una sorta di antipatia istintiva per chiunque si avventurasse a produrre delle raffigurazioni giudicate offensive su Maometto. Non tanto per un afflato di solidarietà religiosa per me impossibile, ma forse per quello spirito sinistroide e un po’ sinistro di vedere le colpe sempre dentro noi stessi e amare incodizionatamente l’altro perché è una nostra vittima, soprattutto se si tratta dell’Oriente che con le nostre incaute tradizioni occidentali abbiamo offeso. Per me Charlie Hebdo e i giornali danesi, nonostante avessero tutto il diritto di farlo, gettavano benzina sul fuoco dei fanatici della sharia.
L’Occidente, finanche quello laico (soprattutto quello), continua a leggere i fatti del mondo e i mondi altri con le lenti della cultura cristiana o della cultura cristiana secolarizzata. Lo scrittore, antropologo e orientalista Fosco Maraini in Paropàmiso dedica l’ultimo capitolo ad un interrogativo ancora aperto all’indomani delle Torri Gemelle: Le Torri di New York, cercando ancora di capire. Era il 2003 ma è un capitolo da leggere assolutamente. Mentre descrive le differenze fondamentali tra i tre monoteismi, Maraini si lascia andare una metafora che rende davvero giustizia alla realtà. Immaginando che Islam, Ebraismo e Cristianesimo siano un’aquila, un cervo e un delfino «tutti e tre vivono e si riproducono, ma uno si muove nell’aria, il secondo spazia per le selve, il terzo nuota nell’acqua; il rapporto fra i tre monoteismi va posto per un po’ in simile prospettiva».
Per questo continuiamo a non capire l’Islam che vive, al netto del capitalismo petrolifero e la geopolitica, uno stato di agitazione che solo dall’interno può essere risolto con coraggio. Forse proprio dalle nuove generazioni che vivono a cavallo tra due mondi, quello occidentale e quello orientale. A patto che si cominci a prestare attenzione a quelle banlieue delle metropoli europee globalizzate, troppo spesso ignorate e culla del disagio esistenziale di futuri esclusi della società.
La libertà di satira illuminista è sacrosanta ed è doveroso pretendere le condanne e la dissociazione del mondo musulmano che, tuttavia, non va chiamato moderato, perché questo implica una falsità e un ambiguità di fondo. Esistono tanti Islam, ma la variante fondamentalista non ha nulla a che vedere con Dio. Dall’altro lato, sempre per i discorsi di cui sopra, è impossibile pretendere che gli stati a maggioranza islamica mangino la foglia e dicano che le vignette che raffigurano Maometto siano accettabili con il sorriso perché satiriche, in quanto si tratta di una forzatura di laicità cristiana. E diciamocela tutta, anche nel mondo cristiano la satira religiosa è stata sdoganata ieri e la sua accettazione non è sempre scontata.
Allora Charlie Hebdo se l’è cercata? Niente di tutto ciò. Ha insegnato al mondo ancora una volta cosa significa libertà e qual è il suo prezzo, soprattutto la validità di quella frase di Voltaire tanto abusata quanto difficile da seguire nella realtà: «Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perchè tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente». Guai se un domani la satira e l’ironia dovessero arretrare sotto la minaccia medievale della violenza, delle armi, del manicheismo e dell’intolleranza.
Ho qui con me la copia milionaria di Charlie Hebdo, quelle poche pagine illustrate consegnate agli archivi della storia. Ho riso per alcuni istanti persino dinnanzi alla tragicità della morte violenta e penso che il disegnatore sopravvissuto, straziato dal dolore, abbia fatto lo stesso mentre le sue matite libere disegnavano il numero della rinascita. Sono diventato Charlie adesso, prima non lo ero. Lo stesso nome del grande Chaplin, che derideva i tempi moderni, ma in fondo ne era profondamente affascinato.