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Siria: la guerra in musica degli esiliati a Parigi

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Politica

Da Da­ma­sco, pas­san­do per il Li­ba­no, per ar­ri­va­re fino a Pa­ri­gi. È la sto­ria di uno stu­den­te esi­lia­to che lotta a di­stan­za con la mu­si­ca, a fian­co del­l'E­ser­ci­to si­ria­no li­be­ro.

In­con­tro per la prima volta Walid (il nome è fit­ti­zio) in una stan­za del 18°ar­ron­dis­se­ment (settori in cui è divisa la capitale francese, ndr.) di Pa­ri­gi: tren­t’an­ni, si­ria­no, mu­si­ci­sta e ri­vo­lu­zio­na­rio, fi­ni­to sulle black list di Ba­char al-As­sad.

Lau­rea­to in chi­mi­ca, vince una borsa di stu­dio che gli fa ot­te­ne­re il visto stu­den­ti per la Fran­cia. At­tra­ver­sa il con­fi­ne li­ba­ne­se e vola a Pa­ri­gi per ini­zia­re un dot­to­ra­to di ri­cer­ca sulle nano par­ti­cel­le al­l’U­ni­ver­si­tà Pa­ris-Sud XI, solo dopo che la pre­fet­tu­ra gli con­ce­de un per­mes­so di la­vo­ro.

Walid la­scia la Siria nel 2011, quando la ri­vol­ta è ap­pe­na esplo­sa; il po­po­lo è trascinato nelle piaz­ze delle gran­di città, con l’E­ser­ci­to li­be­ro si­ria­no che com­bat­te con­tro Assad ri­ven­di­can­do la li­be­ra­zio­ne del suo Paese. Anche Walid ha un com­pi­to nella ri­vol­ta: pre­sta i primi soc­cor­si me­di­ci, pro­cu­ra i far­ma­ci e, sul campo di bat­ta­glia, guar­da, os­ser­va, rac­co­glie te­sti­mo­nian­ze, filma im­ma­gi­ni per do­cu­men­ta­re e re­sti­tui­re al mondo l’i­stan­ta­nea di una guer­ra.

Pre­ghie­ra not­tur­na

Men­tre par­lia­mo si ri­cor­da di una notte di ago­sto del 2011, quel­la­ del­l’ul­ti­mo ­gior­no di Ra­ma­dan. Era riu­ni­to con un folto grup­po di ma­ni­fe­stan­ti in una mo­schea di Da­ma­sco, a pochi metri dalle re­si­den­ze pre­si­den­zia­li. Du­ran­te i canti e le pre­ghie­re le forze del re­gi­me ir­rom­po­no fe­ro­ce­men­te. Un amico viene fe­ri­to, un altro ri­ma­ne fermo, im­mo­bi­le, non rie­sce a muo­ver­si: è trau­ma­tiz­za­to. Walid deve por­tar­lo via da lì; corre in stra­da e ferma un taxi. “L’au­ti­sta spe­gne il te­le­fo­no e la radio – rac­con­ta.– Poi mi ac­com­pa­gna a re­cu­pe­ra­re il mio amico e ci porta a casa sani e salvi. Non ha vo­lu­to soldi.​ Con le la­cri­me agli occhi mi ha spie­ga­to che a casa aveva solo fi­glie fem­mi­ne e che que­sto era il suo con­tri­bu­to alla ri­vo­lu­zio­ne”.

A circa 3 anni di di­stan­za le cose sono cam­bia­te pa­rec­chio: il re­gi­me di Assad con­trol­la il cen­tro delle città, men­tre i ri­bel­li re­si­sto­no nelle pe­ri­fe­rie; adesso, que­st’ul­ti­mi sono anche im­pe­gna­ti su un nuovo fron­te in­ter­no: i grup­pi ter­ro­ri­sti islamici. No­no­stan­te gli in­con­tri di Gi­ne­vra 2, i suoi com­pa­gni di lotta so­no im­mer­si in un pan­ta­no po­li­ti­co e mi­li­ta­re che stran­go­la le ori­gi­na­li am­bi­zio­ni della ri­bel­lio­ne si­ria­na.

Da qui mi sento de­bo­le – con­fes­sa Walid – men­tre cerco di avere no­ti­zie della mia fa­mi­glia, degli amici ri­vo­lu­zio­na­ri, per ca­pi­re se sono an­co­ra vivi, o se sono stati ar­re­sta­ti. Il re­gi­me di Assad gua­da­gna tempo e si con­so­li­da men­tre i ri­bel­li com­bat­to­no con­tro gli isla­mi­sti radicali… è fru­stran­te”. Se­con­do Walid, “Gi­ne­vra 2 è un’i­ni­zia­ti­va ipo­cri­ta da parte della co­mu­ni­tà in­ter­na­zio­na­le”; poi ag­giun­ge: “Trovo la forza, quan­do penso al po­po­lo si­ria­no, al tas­si­sta che ci ha ri­por­ta­to sal­vi a casa quel­la notte, quan­do sento che al­l’e­ste­ro la gente s’in­te­res­sa alla no­stra causa”.

Linee mu­si­ca­li

Il suo volto s’il­lu­mi­na ­men­tre rac­con­ta­ del­la sua vita a Pa­ri­gi, dove, nei gior­ni fe­ria­li, va al­l’U­ni­ver­si­tà per il suo la­vo­ro da ri­cer­ca­to­re. Le ore li­be­re in­ve­ce sono tutte per la ri­vo­lu­zio­ne: con­ti­nua a sot­to­ti­to­la­re video delle tor­tu­re ope­ra­te dal re­gi­me che dif­fon­de per sen­si­bi­liz­za­re il mondo e rac­co­glie­ fondi per spe­di­re me­di­ci­na­li nella sua patria. Walid ha anche for­ma­to 2 grup­pi mu­si­ca­li, uno dei quali è Sou­tour (“Linee” in ita­lia­no, nda.) con il quale sta per mi­xa­re il primo disco. Un brano è stato scel­to per il do­cu­men­ta­rio Sy­ria-In­si­de (2013) di Tamer al Awam, re­gi­sta e scrit­to­re si­ria­no, morto in se­gui­to a un’e­splo­sio­ne du­ran­te le ri­pre­se ad Alep­po. “Ab­bia­mo pro­va­to a par­te­ci­pa­re in modo umile alla ri­vo­lu­zio­ne si­ria­na. Ab­bia­mo for­ma­to Sou­tour con l’i­dea rac­con­ta­re le sto­rie della ri­vo­lu­zio­ne si­ria­na con la no­stra mu­si­ca”. Sono in 5: due si­ria­ni, due fran­ce­si e un egi­zia­no. Prima hanno crea­to la mu­si­ca per al­cu­ne ma­ni­fe­sta­zio­ni te­nu­te­si in Siria; poi hanno ri­pro­po­sto i brani per il pub­bli­co fran­ce­se. “Suo­na­re per la ri­vo­lu­zio­ne ­ha un sa­po­re spe­cia­le”, am­met­te Walid. È pro­prio con la mu­si­ca e i con­cer­ti che Walid rac­co­glie fondi per finanziare le sue attività di soccorso alle famiglie siriane. Inol­tre, Walid è re­spon­sa­bi­le di due as­so­cia­zio­ni uma­ni­ta­rie pa­ri­gi­ne, tra­mi­te le qua­li ­ge­sti­sce i ca­mion di­ret­ti a Da­ma­sco – fi­no­ra – che ri­for­ni­sco­no i pre­si­di me­di­ca­li.

Men­tre par­lia­mo suo­na­no alla porta di casa. È un ven­ten­ne di ori­gi­ne curda che pas­se­rà la notte lì. Walid mi spie­ga che il ra­gaz­zo ­non è riu­sci­to a tro­va­re la­vo­ro a Pa­ri­gi: “Fra qual­che gior­no parte per la Sve­zia. Lo aiuto come posso: quan­do si è in esi­lio si crea un ine­vi­ta­bi­le senso di so­li­da­rie­tà”.