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Sfatiamo i miti sullo sviluppo sostenibile in Bulgaria

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CulturaPolitica

Ah, i bulgari! Sono piuttosto apatici. La maggior parte delle aziende è interessata a svolgere per l’ambiente solo il minimo indispensabile legalmente richiesto, o a sfruttare le proprie attività “verdi” come mezzi di commercializzazione. Comunque, anche se può sembrare strano, la crisi finanziaria in realtà promuove l’ecosostenibilità.

Mito n°1: La Bulgaria non sta facendo nulla per essere ecologica

Falso. Il 10 dicembre Ivelina Vasileva, vice ministro bulgaro dell’ambiente, ha partecipato alla dodicesima riunione della Commissione Internazionale per la protezione del Danubio a Vienna, per aiutare a proteggere l’ecosistema del fiume e del Mar Nero. Stando a quanto riportato da un recente resoconto della Deutsche Bank, si prevede che la Bulgaria, tra il 2008 e il 2012, supererà considerevolmente il suo obiettivo del protocollo di Kyoto con l’8% di emissioni in meno rispetto al 1988, raggiungendo potenzialmente nel 2010 il 35% in meno rispetto al livello base annuo. Già nel 2002 il governo bulgaro attuò una nuova strategia energetica, rafforzata poi dal progetto di legge del 2007 che prometteva di accrescere la porzione di energia prodotta da fonti rinnovabili. Suona bene? Beh, frenate il vostro entusiasmo, perché il 1988 apparteneva ancora al cupo periodo comunista con la sua trascuratezza ambientale e un alto tasso di inquinamento industriale. Oltretutto, ancora oggi, la maggior parte dell’energia della Bulgaria proviene dalla lignite.

Mito n°2: In Bulgaria non esistono aziende ecosostenibili

“Ecosostenibile” significa zero impatto ambientale; anche se addirittura il più fedele sostenitore comprenderebbe che una cosa del genere è davvero difficile da realizzare. «Finché la nostra economia non rispecchierà nuovamente il metabolismo biologico, non solo seguendo il ciclo di vita di un prodotto “dalla culla alla tomba”, ma cercando di riutilizzare il prodotto stesso come materia prima “dalla culla alla culla”, non c’è molto altro che possa risultare efficace», osserva Georgi Stefanov, 32 anni, dell’Ong WWF (fondo mondiale per la natura). «Per ogni vagone di laptop, produciamo diciotto vagoni di rifiuti!». Ci sono pochi esempi internazionali di aziende realmente ecosostenibili, a parte Interface, un’azienda mondiale produttrice di moquette, che si avvicina sempre più al traguardo prefisso di zero emissioni l’anno.

Ecco quanto verde prova ad essere la campagna del gigante bulgaro delle telecomunicazioniLe aziende bulgare definiscono il termine “ecologico” ciascuna a proprio modo. Per quelle minerarie e industriali, ecologico significa conforme alla legge: «È un gioco di prezzi. Non vogliono ritrovarsi sul groppone multe dispendiose per il troppo inquinamento o costose battaglie legali», spiega Boyan Rashev, 32 anni, socio gerente della Denkstatt, società di consulenza sullo sviluppo sostenibile. Per la maggior parte degli erogatori di servizi, ecologico equivale a guadagno. Strategie di mercato creative aumentano i loro risultati ambientali per raggiungere un maggior consenso tra i clienti sostenitori dell’ecologia. Globul, il gigante della Telecom, oltre ad avere un logo ecologico, attua anche una campagna vasta e ambiziosa: riciclaggio del ricevitore, protezione del patrimonio ambientale.. qualunque cosa chiediate, loro la fanno!

Mito n°3: La crisi è dannosa per il futuro delle politiche ecosostenibili bulgare

Un tempo le regole ecologiche erano un male inevitabile. Oggi, le aziende fanno di tutto per tagliare i costi senza perdere la preziosa forza lavoro. Il modo più semplice di reagire ora in Bulgaria è diventare ecosostenibili; politiche ecosostenibili per aumentare l’energia e l’efficienza dell’uso delle risorse, li aiutano a rimanere in affari e tutelare i posti di lavoro.

Mito n°4: L’ecosostenibilità dipende soprattutto dal miglioramento industriale

«160 milioni di edifici europei utilizzano il 40% di energia e producono il 40% di emissioni», riferisce Petar Tashev, 27 anni, della rivista Facilities. Rendere ecologico il patrimonio immobiliare è un passo molto importante. In Europa è più facile prendere decisioni riguardanti il restauro e l’aumento dell’efficienza energetica di vecchie abitazioni. «Qui sarebbe più difficile, perché diversamente dall’Europa occidentale, dove solitamente il proprietaro possiede un intero blocco di appartamenti, in Bulgaria è tradizione possedere personalmente la propria abitazione», osserva Tashev. Per il restauro degli edifici e delle facciate, bisogna assicurarsi che tutti i proprietari siano d’accordo ad investire.

In linea con la direttiva del 2002 sul rendimento energetico nell’edilizia, entro il 2018 in Europa tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere efficienti dal punto di vista energetico. Dopo sette anni di limbo politico, questa direttiva è stata varata nuovamente a novembre 2009 dal Parlamento Europeo e dalla Commissione Europea. Per la Bulgaria si tratterà sicuramente di cambiamenti radicali. «Quando le aziende occidentali vogliono comprare degli uffici, cercano edifici con sistemi di gestione centrali che siano anche redditizi dal punto di vista energetico», osserva Tashev.

Mito n°5: Le aziende bulgare non vogliono essere ecologiche

In parte è vero. Sono necessari più piani d’azione per guidare la transizione dal combustibile fossile alle energie rinnovabili. «Le nostre aziende non vogliono essere ecologiche. Il nostro governo non usa i giusti mezzi per convincerle ad essere ecologiche», spiega Borislav Sandov, 26 anni, del partito dei Verdi. Rashev precisa che il governo dovrebbe intervenire tassando gli inquinatori: «Esistono progetti ingegnosi in Bulgaria - dice - ma sono in pochi a conoscerli. Un’azienda industriale usa il calore del rame fuso per generare la propria elettricità, che ora copre oltre il 40% dei suoi bisogni. La soluzione migliore? Incoraggiare le aziende a diventare ecologiche ciascuna a modo suo».

La domanda per la Bulgaria è come continuare ad aumentare questo slancio ecologico. Dovrebbero imparare la lezione dai loro vicini dell’Europa occidentale, economicamente più avanzati e le cui politiche ecologiche sono molto più sviluppate. Ci vuole tempo ed è necessario un approccio multiplo adatto al contesto specifico. «Con un insieme di Ong molto efficaci puoi coinvolgere altre persone a finanziare le tue idee e diventare partner», osserva Stefanov. Così il problema arriva sulla scena nazionale, specialmente in Bulgaria, dove nessuna questione acquista interesse pubblico senza considerevoli interessi economici che la sostengano.

(Foto dell'auto Globul Nedko/ Flickr/ http://nednet.us/)

Translated from Kinda green: five myths about sustainable development in Bulgaria