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Serie web Made in Milano. Quando la città diventa protagonista

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Milano

Tre produzioni indipendenti ambientate in città tra budget limitato e voglia di sperimentare

Qual è la differenza fra una serie tv e una serie sul web? Facile: i soldi. Se infatti una serie tv in Europa può affrontare costi di produzione che si aggirano attorno ai 2 milioni di euro a puntata (negli Stati Uniti si superano i 5), le serie web hanno un budget che di solito non supera i 50.000 euro per l’intera stagione. È evidente che con possibilità di produzione così risicate le webseries puntano su stratagemmi di comunicazione diversi rispetto alla tv: niente attori famosi, niente effetti speciali, niente set mastodontici dove ricreare ambienti fantascientifici. Insomma, niente di costoso: solo la fantasia e l’originalità sono permesse, perché sono gratis. Oppure, come stiamo per vedere, si cerca di puntare sull’ambientazione.

Sanguigna è una serie di 10 episodi ambientata nella zona dei Navigli. Come si desume dal nome, è una serie ad alta tensione: racconta gli omicidi seriali di cui è vittima uno sventurato gruppo di amici. La serie gioca molto sulla fotografia e sul montaggio, alternando spesso il video reale con fotogrammi disegnati. Gli stacchi hanno spesso un ritmo sostenuto che tiene alta la suspense e vi sono spesso flashback, sogni e incubi dei protagonisti che intervengono per pochi istanti. Molto evidenziato quindi il lato fotografico, spettacolare e sanguinoso della serie, nella quale però risaltano meno la sceneggiatura, l’intreccio e l’ambientazione a Milano: il killer del Naviglio Grande potrebbe annidarsi in realtà ovunque, sono poche le scene di esterni in cui Milano è effettivamente riconoscibile.

In Milano Underground invece l’ambientazione milanese è molto più accentuata: nelle 4 puntate che compongono la serie, la metropolitana (underground, appunto) della città meneghina è ben più che una semplice ambientazione. È la vera protagonista della serie, è il collante fra le storie che si rincorrono contemporaneamente fra le stazioni della metro. I nomi dei luoghi di Milano sono sottolineati spesso dalle fermate omonime e, soprattutto, la telecamera non esce mai dalle stazioni o dai treni, rimanendo sempre nel sottosuolo. La fotografia e la regia restano nei ranghi, senza appesantire l’occhio dello spettatore con effetti che risulterebbero forse superflui: quello che davvero risalta qui è invece l’intreccio e, appunto, l’ambientazione.

Astrid Casali (22 anni, attrice), protagonista del secondo episodio della serie, ci ha dato qualche parere da addetto ai lavori.

Astrid, hai avuto la possibilità di recitare sia per una fiction Mediaset (in uscita nei prossimi mesi, ndr) che per una serie web. Ci sai dire quali sono le differenze più rilevanti secondo te?

Ovviamente in televisione girano molti più soldi. Questo influisce non solo sulla qualità delle attrezzature di cui dispone la troupe per girare, anche sul ritmo con cui si lavora: nelle produzioni web i tempi sono sempre strettissimi e si ha pochissimo tempo per girare. Facendo una proporzione, possiamo dire che le serie web stanno alla televisione come la tv sta al cinema: per il grande schermo in un giorno di riprese spesso si gira qualche secondo di pellicola effettiva. Il ritmo di riprese in televisione è molto più frenetico, ma non ha nulla a che vedere con quello di una serie web.

Per una webserie invece quali sono le tempistiche? Tu quanto hai lavorato per ricavare otto minuti di puntata con stacchi di montaggio abbastanza frequenti?

Un paio di giorni. Sembra tanto, ma per ottenere quella puntata abbiamo corso come dei matti: il set in metro vuol dire anche girare in movimento con pochi minuti a disposizione nei quali percorri il tragitto che gli sceneggiatori hanno previsto. Dopodiché torni indietro, ricambi verso e ricominci a girare, e lo stesso deve fare tutta la troupe. Una grande trottola insomma, senza contare che gli inconvenienti non mancano mai.

A proposito della troupe: che ambiente di lavoro hai trovato in Milano Underground?

Spesso chi lavora ad una webserie si conosce già da prima: magari un gruppo di amici, appena usciti dalle rispettive scuole professionali di formazione nei campi televisivi o cinematografici. Spesso sono prime esperienze, e vengono affrontate con gli errori e l’entusiasmo di chi inizia ad affacciarsi per la prima volta nel mondo dello spettacolo; del resto, i soldi sono pochi, e il motore principale di queste serie sono la passione e la voglia di mettersi in gioco.

Un ulteriore tipo di realizzazione è, per concludere, quella che caratterizza L’apprendista umano, serie girata nei dintorni di Milano a cavallo fra 2014 e 2015, le cui puntate (ne sono previste dieci) sono in uscita sul web proprio in questi mesi. La serie si caratterizza per una realizzazione estremamente lineare. “Un cinema per sottrazione, essenziale e così sicuramente sincero”: così i creatori definiscono la serie sul sito. Effettivamente molte inquadrature sono lasciate a camera fissa per lunghi minuti, creando dei piani sequenza in cui gli attori si divertono a mettere in scena il comico-grottesco mondo del lavoro in Italia. Il risultato è che la scrittura e la recitazione vengono lasciate volutamente a nudo, in un minimalismo cinematografico liberamente ispirato, a detta degli autori stessi, alla Trilogia dell’esistenza di Roy Robinson. Una realizzazione che sprizza originalità e freschezza per il fatto stesso di non cercare di imitare linguaggi televisivi preesistenti: si volge infatti alla ricerca di una propria modalità e identità di comunicazione, nella quale la “sottrazione” dovuta ai pochi mezzi, anziché un handicap, diventa il marchio di fabbrica e il trampolino di lancio per sperimentare nuovi linguaggi, che non troverebbero mai posto in un prodotto televisivo.

Il web vuol dire libertà, almeno per ora. L’importante è incontrare il favore del pubblico: la sfida è trovare il modo più efficace e meno costoso per andarvi incontro.