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SECOND HOME: Il Gran Finale

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BerlinoSecond Home

Il pro­get­to che da due anni ha im­pe­gna­to Cafébabel Ber­lino è giun­to al ter­mi­ne. Se­cond Home è il con­cor­so fo­to­gra­fi­co che rac­con­ta le sto­rie di gio­va­ni eu­ro­pei alla ri­cer­ca di una se­con­da casa nella tem­pe­sta della crisi eco­no­mi­ca. Sto­rie di mi­gra­zio­ni fo­to­gra­fa­te dai par­te­ci­pan­ti al pre­mio fo­to­gra­fi­co "Se­cond Home".

Sul podio c'è Jean-Paul Pa­stor Gu­z­mán il vin­ci­to­re del pre­mio. Egli rac­con­ta di come è ar­ri­va­to a que­gli scat­ti. Molti in­con­tri in rete e nelle stra­de di Ber­li­no lo hanno por­ta­to a rac­co­glie­re le sto­rie di per­so­ne so­spe­se tra la loro terra d’o­ri­gi­ne e la loro nuova se­con­da casa, “Se­cond Home” da cui il nome del con­cor­so fo­to­gra­fi­co e della re­la­ti­va mo­stra fo­to­gra­fi­ca.

Il pub­bli­co al Cen­tre March Bloch, dove si svol­ge la con­fe­ren­za di chiu­su­ra, è com­po­sto in larga parte da per­so­ne che si tro­va­no nella loro “Se­cond home”, la se­con­da casa, gio­va­ni eu­ro­pei che si tro­va­no a Ber­li­no per stu­dio, ri­cer­ca, la­vo­ro. Fra loro c’è Elena Tro­par­tz una ra­gaz­za te­de­sca cre­sciu­ta in Gre­cia, non­ché una delle fo­to­gra­fe in mo­stra. La sua casa è sem­pre con lei, af­fer­ma. Nes­su­na delle sue due pa­trie le è com­ple­ta­men­te fa­mi­lia­re, ma nep­pu­re com­ple­ta­men­te estra­nea. La sua casa non è le­ga­ta ad un luogo, ma alla sua per­so­na.

Dai vec­chi Ga­star­bei­ter al­l'at­tua­le Will­kom­men­skul­tur

La sala d’an­go­lo del Cen­tre March Bloch che do­mi­na dal­l’al­to la Frie­dri­ch­strasße, una delle stra­de prin­ci­pa­li di Ber­li­no, è af­fol­la­ta. Il luogo si ri­ve­la es­se­re un ot­ti­ma scel­ta, so­prat­tut­to per il pub­bli­co, che è molto coin­vol­to. Il di­bat­ti­to si ac­cen­de su­bi­to in­tor­no alle foto di Jean-Paul e agli in­ter­ven­ti dei re­fe­ren­ti sul­l’ap­por­to dei mi­gran­ti nella so­cie­tà te­de­sca. In­grid Tucci, so­cio­lo­ga fran­ce­se, de­scri­ve il cam­bia­men­to di men­ta­li­tà delle isti­tu­zio­ni te­de­sche dalla fred­da ac­co­glien­za ri­ser­va­ta ai vec­chi Ga­star­bei­ter, i la­vo­ra­to­ri ospi­ti let­te­ral­men­te, ar­ri­va­ti negli anni del boom eco­no­mi­co al­l’at­tua­le “Will­kom­men­skul­tur”, la cul­tu­ra del­l’ac­co­glien­za, che spera di trat­te­ne­re i nuovi ar­ri­va­ti per far fron­te al de­cli­no de­mo­gra­fi­co della na­zio­ne te­de­sca. La Tucci cri­ti­ca però le mi­su­re di in­te­gra­zio­ne, che non per­met­to­no an­co­ra ai nuovi gio­va­ni mi­gran­ti, spes­so molto qua­li­fi­ca­ti, di tro­va­re la­vo­ri ade­gua­ti. Que­sto causa se­con­do lei un fal­li­men­to del si­ste­ma e la fru­stra­zio­ne di molte aspet­ta­ti­ve. Il di­bat­ti­to con il pub­bli­co si ac­cen­de, non tutti cre­do­no alla “Will­kom­men­skul­tur”. Il dos­sier ha cen­tra­to uno dei prin­ci­pa­li pro­ble­mi sul ta­vo­lo.

Una ri­fles­sio­ne di Ca­fé­ba­bel sulla mi­gra­zio­ne in Eu­ro­pa

Tutto ha ini­zio a Bru­xel­les nel 2012, du­ran­te la Ca­fé­ba­bel Aca­de­my, l'an­nua­le riu­nio­ne delle re­da­zio­ni lo­ca­li. Lì nasce l’i­dea di una serie di re­por­ta­ge e in­ter­vi­ste per rac­con­ta­re le sto­rie dei gio­va­ni la­vo­ra­to­ri dei vari paesi eu­ro­pei che de­ci­do­no di la­scia­re le loro terre d’o­ri­gi­ne per cer­ca­re una se­con­da casa. L’han­no tro­va­ta? A che prez­zo? Cosa si sono la­scia­ti in­die­tro e cosa hanno rac­col­to? La rea­liz­za­zio­ne del dos­sier coin­vol­ge ini­zial­men­te le re­da­zio­ni lo­ca­li di Ber­li­no, Vien­na, Bu­da­pe­st, Bel­gra­do, Var­sa­via e Na­po­li. Pas­sa­no poi mesi di coor­di­na­zio­ne, ri­cer­che, in­ter­vi­ste e viag­gi alla ri­cer­ca delle sto­rie che me­glio rap­pre­sen­ti­no un’in­te­ra ge­ne­ra­zio­ne in mo­vi­men­to. L’i­dea fun­zio­na e pro­du­ce un cor­po­so dos­sier, che viene pre­mia­to dalla ri­vi­sta set­ti­ma­na­le te­de­sca “der Frei­tag” con il pre­mio “Eu­ro­pa der Bürger” – Eu­ro­pa dei cit­ta­di­ni – La giu­ria se­le­zio­na il pro­get­to coor­di­na­to da Ca­fé­ba­bel Ber­lin come uno dei mi­glio­ri pro­get­ti de­di­ti alla crea­zio­ne di una pub­bli­ca opi­nio­ne eu­ro­pea.

"Porto con me la mia pro­pria pa­tria"

Con i soldi del pre­mio la re­da­zio­ne di Ca­fé­ba­bel de­ci­de di in­di­re un con­cor­so fo­to­gra­fi­co per rac­con­ta­re i pro­ta­go­ni­sti di quel­le sto­rie, che sono an­co­ra alla ri­cer­ca di una se­con­da casa. Il pre­mio lo vince il fo­to­gra­fo te­de­sco-ci­le­no Jean-Paul Pa­stor Gu­z­mán. Che ora è sul podio a rac­con­ta­re di come quel­le foto sono nate. Il suo la­vo­ro ini­zia dalle sta­ti­sti­che sulle mi­gra­zio­ni in Eu­ro­pa. De­ci­de di farle di­ven­ta­re delle sto­rie vi­ven­ti, di cer­ca­re dei volti da fer­ma­re sulla pel­li­co­la. Rac­con­ta del lungo la­vo­ro di ri­cer­ca dei con­tat­ti, tra scuo­le di lin­gua, in­ter­net e la stra­da. Rac­con­ta delle lun­ghe in­ter­vi­ste e della ri­cer­ca degli scat­ti nelle case delle per­so­ne che de­ci­do­no di apri­re la porta della loro vita e rac­con­ta­re al gio­va­ne fo­to­gra­fo la loro sto­ria.

C’è chi porta con se la pro­pria pa­tria per­ché non sente di aver­ne una. Persa nello spo­sta­men­to di una vita. Persa nello spa­zio, nel tempo. Persa da qual­che parte tra due di­ver­se cul­tu­re che si sono at­tra­ver­sa­te per un trat­to della pro­pria vita. En­tram­be hanno il sa­po­re di casa, ma allo stes­so tempo sono così stra­nie­re. Alla ri­cer­ca di un luogo in­te­rio­re che per molti è un dato di fatto scon­ta­to, le pro­prie ori­gi­ni, così chia­re, scol­pi­te den­tro di noi e tutto in­tor­no a noi. Per altri, figli del mo­vi­men­to, un luogo così sfug­gen­te. In­ter­ro­ga­ti­vi pro­fon­di e il ten­ta­ti­vo di una ri­cer­ca fo­to­gra­fi­ca, che fermi le emo­zio­ni di quei volti so­spe­si.