Se l’UE diventa un orologio svizzero
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rosaria sorrentinoEcco perché gli europeisti dovrebbero smetterla di guardare al modello americano e concentrarsi su un Paese molto più vicino: la Svizzera.
Anche se fosse vero, come scrive Marx, che “il peso morto del passato incombe come un incubo sulle menti umane”, la cosa certa è che il sogno americano ha causato qualche notte insonne a chi era impegnato nella costruzione della futura Unione Europea.
Un celebre libro di Siedentop,“La democrazia in Europa”, pubblicato prima dell’inizio della Convenzione, rimanda all’opera di Tocqueville “La democrazia in America”; la Convenzione è stata comparata a quella di Filadelfia del 1787e anche il titolo preferito da Giscard, “Stati Uniti d’Europa”, accantonato per il momento, sembra imitare i nostri più numerosi discendenti d’Oltreoceano.
Ovviamente, l’Europa non è l’America e quindi non ci si può aspettare che segua la stessa evoluzione. Gli Stati Uniti rappresentavano un territorio scoperto da poco, una fascia di terra da sviluppare, mentre l”Europa è un vecchio continente con nazionalità radicate, popolazioni storicamente formatesi, con una propria memoria collettiva e proprie tradizioni. Gli USA formano un blocco linguistico e culturale omogeneo; l’Europa è un miscuglio di gruppi linguistici che si intrecciano senza predominante comune. L’America era una nazione di immigrati, di viaggiatori alla ricerca di una nuova vita, pronti ad abbracciare una nuova cultura e una nuova identità; in Europa, la gente è profondamente legata alla propria terra e al proprio modo di vivere.
Basando la nostra visione dell’unità europea sul suo precedente americano, non facciamo altro che nutrire scetticismo nei confronti del progetto europeo. Per cui, mettendo subito in chiaro la diversità tra i due blocchi, restiamo privi di qualsiasi credibile visione per l’Europa.
Il modello svizzero
« I nuovi membri, governando l’Europa come se si trattasse della Francia, hanno incontrato più difficoltà del dovuto. Molto presto si dovrà imparare a governare l’Europa come se fosse la Svizzera… Più l’Unione diventa flessibile più si avvicina al modello svizzero” (Jonathan Steinberg, 1996).
D’altro canto, la Svizzera, con le sue quattro lingue e una confederazione in cui convergono ventisei gruppi politici, ognuno con una propria storia, sistema politico, costituzione e senso di identità, sembra anticipare di circa 150 anni il progetto europeo. Dal 1798 al 1815 i cantoni svizzeri hanno subito un processo di “allargamento”: la maggioranza tedesca si è impegnata nel processo di integrazione delle nuove aree francesi, italiane e ladine. Nel 1848 la Svizzera ha proclamato una costituzione scritta, una moneta unica, il franco svizzero, per rimpiazzare le diverse monete cantonali in circolazione.
Il modello svizzero è fondamentale perché fornisce un’idea del tipo di unione possibile tra stati sovrani, legati alla propria storia, lingua e identità. La Svizzera rappresenta un esempio reale per i grandi sostenitori del federalismo, speranzosi che Bruxelles con la sua amministrazione centralizzata riesca a trasformare l’Europa in una “Francia più grande”; e, così come la Confederazione elvetica , un’unione più vasta dovrebbe anche avere una struttura elastica.
Per gli euroscettici, che continuano a vedere l’Europa destinata al fallimento proprio perché non assomiglia agli Stati Uniti, la comunità svizzera offre una giusta smentita, ponendosi come esempio di ciò che una confederazione plurilingue, formata da entità politiche sovrane, è capace di fare.
Come accade per la nuova Europa, la maggior parte delle responsabilità politiche ed economiche è affidata ai singoli Cantoni e il governo centrale di Berna assume, piuttosto, il ruolo di supervisore. Fin ad ora i poteri del governo svizzero in materia di imposte dirette sono stati molto limitati; il Ministero delle Finanze elvetico non ha molta influenza sulle politiche fiscali dei singoli Cantoni. Inoltre, in Europa, l’esistenza dell’euro rende necessaria una sorta di “armonizzazione delle imposte” che, come per la Svizzera, sarà il risultato di difficili negoziazioni tra gli Stati.
Il Governo svizzero funziona anche in maniera molto simile alla Commissione europea: un consiglio direttivo guidato da un Presidente che è un “coordinatore” più che un “leader” e da commissari che sono eccezionalmente indipendenti dal resto del sistema politico. Altra analogia con la Commissione europea è la rappresentanza di ogni gruppo: la stessa proporzione di italiani, tedeschi o francesi e l’esatta riproduzione dei rispettivi partiti politici.
Una Costituzione molto flessibile
La Costituzione europea appare inadeguata, se paragonata a quella degli Stati Uniti. Quest’ultima è il risultato delle idee illuministe, fondata sui principi di libertà e di governo democratico, fondamentali a quel tempo. E’ un testo sacro, insegnato a scuola, imparato a memoria dai cittadini e modificato solo con estrema cura, con discussioni e decisioni meditate. D’altro canto, come sottolinea Habermas, quando la Costituzione Europea dichiara “la democrazia in Europa” ribadisce semplicemente quello che già esiste a livello nazionale, proponendo alcuni ricchi passaggi sull’uomo, i suoi diritti o la sua libertà, e sicuramente non dichiara “una nazione, unita nel nome di Dio”. Se guardiamo troppo al modello americano, perdiamo di vista il compito della Convenzione. La sua importanza risiede nella messa in atto di nuovi meccanismi che coordinano le politiche degli Stati membri, i loro obiettivi e aspirazioni.
Confrontata con la Costituzione svizzera, quella europea appare perfettamente adeguata.
Non tanto sul piano di una radicale dichiarazione di principi, ma, soprattutto, per il tentativo di coordinare delle strutture democratiche già esistenti. Questo sfata le critiche non fondate del caro Economist.
Simile al modello svizzero, la costituzione europea è un documento privo di ispirazione, ma, in realtà, non era previsto che fosse un trattato di fede. E sull’esempio degli svizzeri che, a differenza degli americani, hanno modificato centinaia di volte la loro Costituzione, gli europei dovrebbero adottare un sistema ugualmente flessibile. In realtà, nel 1874, solo 26 anni dopo la sua prima stesura, la Costituzione svizzera dovette essere totalmente rivista, per poter prendere in considerazione tutti i cambiamenti sopraggiunti all’interno della Confederazione. E’ molto probabile che l’Europa, tra 26 anni, si ritrovi nella stessa posizione.
Un esercito e una ventina di lingue?
L’altro pilastro dell’Unione è la Politica estera e di Sicurezza Comune. E’ scontato che l’Unione Europea non potrà mai dar vita a qualcosa di così formidabile come l’esercito federale americano, ma è interessante scoprirne il perché. Il problema non sarebbe finanziario, poiché se si mettessero insieme tutti i budget degli Stati dell’Unione destinati alla difesa, si arriverebbe alla stessa cifra stanziata dagli americani. Non ci sarebbero neanche delle difficoltà sul piano dell’organizzazione, perché gli austro-Asburgici ieri, e gli svizzeri oggi, hanno dimostrato che si può guidare un esercito che parla 20 lingue diverse.
L’ostacolo più grande sarebbe, piuttosto, di natura politica: in un’area così sensibile all’impegno militare, dove i politici si assumono la responsabilità di giovani compatrioti che ritornano a casa avvolti nella bandiera, sarebbe impossibile per una confederazione, divisa da forti nazionalismi, prendere delle decisioni all’unanimità. L’alternativa potrebbe esser costituita da un’inattività istituzionalizzata come quella decisa dalla Svizzera. In effetti, la politica di neutralità è risultata fondamentale perché un qualsiasi impegno militare in Europa avrebbe generato divisioni insostenibili all’interno di una Confederazione, formata da membri di etnie diverse e confinanti, che avrebbero potuto trovare un accordo solo su una politica di rigorosa difesa dei confini. Anche la Forza di Difesa Europea si limiterà a situazioni di non intervento: l’assistenza umanitaria, il mantenimento della pace, la difesa dei confini. In breve, nel mondo assumerebbe lo stesso ruolo che la Croce Rossa Svizzera aveva sui campi di battaglia europei del ventesimo secolo: curare le ferite recate da altri, anche se è un dovere morale non infliggerle.
Esiste, comunque, una grande differenza tra l’Europa e la Svizzera: quest’ultima è stata fondata su una democrazia diretta e la sua Costituzione è stata varata col sistema referendario. A questo punto dovremmo guardare alla Svizzera, non solo, come predecessore storico ma come una possibilità futura e così, forse, tra svariati anni, l’Europa avrà un “demos” per le sue poleis.
Translated from Running like Clockwork: The Swiss Model for Europe