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Se Berlusconi affossa il bipolarismo all’italiana

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A pochi mesi dalle elezioni politiche in Italia, il premier italiano vuole cambiare le regole del gioco per tornare a un sistema elettorale di tipo proporzionale. E all’instabilità che lui stesso aveva combattuto. Ecco perché.

Confusione dei poteri, conflitto d’interessi, disprezzo della magistratura: di tutto si poteva accusare Berlusconi. Ma in verità – almeno fino ad oggi – un merito ce l’aveva: l’aver favorito, con la sua ascesa politica, l’emergere di un sistema bipolare in Italia. Dopo anni di inciuci e instabilità senza pari in Europa.

Val bene un Mattarellum

Con la sua inattesa “discesa in campo” a pochi mesi dalle elezioni politiche del 1994, il miliardario di Arcore seppe creare dal nulla una coalizione di centro-destra, il Polo delle Libertà, alternativa a quel centro-sinistra che già pregustava una vittoria senza avversari di rilievo. Il risultato fu sorprendente: il Polo colmò il vuoto lasciato dalla dissoluzione della Democrazia Cristiana tra l’elettorato moderato, conquistando la maggioranza al Parlamento e, quindi, la Presidenza del Consiglio. Certo, quel governo sarebbe durato pochissimo a causa, tra l’altro, dello scontro con i sindacati in merito alla riforma delle pensioni. Ma Berlusconi riuscì dapprima a consolidare la sua coalizione – passata all’opposizione fin dalla fine del ’94 – nonostante l’uscita dei regionalisti della Lega Nord, e poi a convincere lo stesso partito di Umberto Bossi ad un’alleanza decisiva per la vittoria elettorale del 2001. Che stavolta avrebbe portato al governo più longevo della storia della Repubblica italiana e che sarà probabilmente il primo a terminare l’intero ciclo dei cinque anni di governo previsti dalla Costituzione. Se tutto ciò è stato possibile, però, Berlusconi lo deve innanzitutto al sistema elettorale detto Mattarellum: un sistema prevalentemente maggioritario che gli italiani avevano preferito, col referendum del 1993, al vecchio proporzionale. Quest’ultimo infatti aveva garantito solo governi instabili come il primo governo Andreotti del 1972, durato solo nove giorni.

Premi di maggioranza o stabilità della democrazia?

Oggi, invece, il leader del centro-destra italiano pare voler distruggere quel capitale di credibilità internazionale che l’Italia ha faticosamente guadagnato – soprattuto grazie al suo ruolo – dal 1994 ad oggi: in questi giorni sta cercando di far approvare una riforma elettorale che prevede il ritorno al proporzionale puro con uno sbarramento al 2% per i partiti collegati a una coalizione, e al 4% per gli altri. Il disegno di legge è stato approvato dalla Camera e l’iter continua nelle sale del Senato della Repubblica. Certo, il nuovo sistema prevede un (magro) “premio di maggioranza” per la coalizione vincente, ma gli effetti resterebbero devastanti per la stabilità della democrazia italiana. Non solo perché i partiti tornerebbero protagonisti assoluti in quanto sarebbero loro a compilare le liste di candidati. Ma anche perché si favorirebbe l’emergenza di un terzo polo d’ispirazione democristiana, capace di diventare l’ago della bilancia di qualsiasi coalizione di governo. Distruggendo così quel bipolarismo tanto faticosamente conquistato.

Ma ciò che suona più sorprendente è che questo cambiamento intercorre poco più di sei mesi prima dalle elezioni politiche del 2006, e senza il minimo accordo con l’opposizione. Obiettivo di Berlusconi è infatti di scombussolare la strategia del leader di centro-sinistra, Romano Prodi che, fin dal principio, era basata sul sistema maggioritario, in quanto l’ex Presidente della Commissione Europea non ha alle sue spalle un partito “unico”, ma si è sempre proposto come il leader di una coalizione ampia formata da diversi soggetti politici. La mossa di Berlusconi appare quindi tesa a recapitare un regalo avvelenato a un Prodi che secondo i sondaggi viene designato come il vincitore delle elezioni. E che dichiara che legge elettorale in questione è «fatta apposta perchè chi vince vinca male e governi a fatica». Suo obiettivo è incrinare la strategia del leader del centro-sinistra e renderne impossibile l’esercizio del potere con una legge proporzionale mirante di fatto all’instabilità. Il problema è che chi ne risentirà, ancora una volta, sarà un’Italia già in declino in termini di competitività e di riforme da effettuare. E la sua credibilità nel contesto europeo.