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Scalzi a Palermo per un'Europa senza muri 

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Palermo

Il 10 settembre 2015 verrà ricordato come quel giorno in cui migliaia di persone si sono radunate a Piazza Massimo e hanno marciato a fianco dei migranti con i piedi scalzi, attraversando il salotto della città per raggiungere il porto. Il racconto di una notte spontanea di solidarietà. 

Non tutti erano a piedi nudi, anzi una minoranza. Ma poco importa perché a Palermo alla Marcia delle donne e degli uomini scalzi erano davvero parecchi, forse 4 mila, forse qualcosa di più. Anche questa volta il Capoluogo siciliano è stato un avamposto, un’avanguardia, una sentinella della solidarietà. Perché la marcia organizzata da Andrea Segre a Venezia l’11 settembre – una data simbolica per l’Occidente chiamato a mostrare il suo volto umano – a Palermo è arrivata un giorno prima e ha offerto lo spaccato di una città che tra mille problemi non perde occasione di dimostrare il calore dell’accoglienza. Così, migliaia di volontari, associazioni, cittadini e anche rappresentanti del Comune, hanno risposto ad una manifestazione spontanea, nata da un post su facebook del giornalista e scrittore Davide Camarrone. E hanno sfilato scalzi a fianco dei migranti, ormai palermitani d’adozione, sbarcati con la propria storia e dignità.  

I nomi dei 23 mila morti delle frontiere

Si ritrovano tutti a piazza Massimo. Ci sono il Forum Antirazzista PalermoAmnesty International Italia, Alibi Altrove, Sprar Ballarò, Ciss, Addio Pizzo e Palermo Pride e tantissimi altri. Chiedono l'apertura immediata di corridoi umanitari per chi fugge da guerra e miseria, la chiusura dei luoghi di concentramento e detenzione dei migranti, la creazione di un sistema unico che superi il regolamento di Dublino e un'accoglienza degna e rispettosa. Poi c'è quello striscione lungo 22 metri, dove sono incisi i nomi dei 23 mila morti nelle frontiere europee dal 1993 ad oggi. Su quell'elenco della tragedia si legge la data, il luogo di morte e le fonti, ma ci sono tantissimi altri che non hanno un nome e sono stati inghiottiti dal mare o dalla dura legge dell'esodo. Quel lungo, indelebile documento della storia sarà portato dai volontari a piedi scalzi fino al porto dove quegli uomini non sono mai arrivati, per essere poi esposto a Palazzo delle Aquile.  

Le storie di chi è stato accolto

Ci sono anche i minori non accompagnati che studiano la lingua italiana alla Scuola italiana per stranieri (Itastra), con i loro giovani insegnanti, molto più di semplici maestri, degli amici. Sono arrivati in Italia da percorsi diversi quando erano minorenni e non potevano mancare. Così, qualche giorno prima hanno tradotto il loro messaggio di adesione in arabo, bengalese, mandinka, turco, inglese, francese e persino in cinese e giapponese.

Amma viene dalla Nigeria, è arrivata in Italia da 5 anni e giovanissima, ma adesso si è costruita una nuova vita, con il suo compagno e una figlia piccola. Ahmed, giovane tunisino in Italia dal 2011, ormai parla un italiano impeccabile e ha iniziato ad lavorare in una cucina dove sogna di diventare cuoco. “Sono qui perché è un’iniziativa molto bella, questa è un’Italia solidale”.

Poi si parte in un corteo con alla testa quello striscione inequivocabile: "Canali umanitari subito, Palermo accoglie, per un Europa senza muri", con il Sindaco Leoluca Orlando che ha tolto le scarpe, insieme ai rappresentanti della Consulta delle Culture.

Migliaia di persone attraversano a piedi il salotto elegante della città. Passano da via Ruggero Settimo, sotto lo sguardo dei passanti dediti allo shopping e i lavoratori che escono dagli uffici. Infine scendono per via Emerico Amari e si dirigono verso il mare, inizio e spesso tragica fine di chi parte in cerca della libertà o forse solo della speranza.

La lettera di Samyr

Ma il momento clou è al porto, dove qualche settimana fa sbarcava la morte. È una delle tante banchine del Mediterraneo che spesso significano salvezza e che hanno tutte lo stesso colore grigio e anonimo per chi viene dall’altra parte del mondo. Qui, alle 20:30 circa, cala il silenzio. Un minuto disturbato solo dal rumore dall’alimentatore elettrico dell’impianto di amplificazione, dagli echi lontani del traffico cittadino e dal brusìo della folla che continua ad arrivare e raccogliersi in un cerchio solidale. È a questo punto che un giovane bengalese di 16 anni, con ancora tutta la vita davanti, legge la lettera di Samyr, un migrante che non ce l’ha fatta e che ha lasciato il suo testamento sull’indifferenza di una geopolitica che non è stata costruita a misura d’uomo. Si conclude con la poesia commovente di una bambina di 5 anni, letta dal padre prima in italiano e poi in arabo e un applauso sincero e raccolto.

Ma nella banchina, vicino al molo Puntone, non prevale la tristezza. Risuonano invece i tamburi dei volontari, che aprono le danze mentre la folla si disperde lentamente.