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Samaris: un talento ingenuo

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BrunchCultura

Poesie del XIX secolo, basi electro e strumenti di musica classica, in una parola: Samaris. Dietro al nome, si nasconde un trio giovane e talentuoso che ancora non si rende conto del suo successo. Proviamo a raccontarvelo noi, a Cafébabel. 

Parigi, Place de la Bastille, Cafè de l'Indutrie. I membri del gruppo islandese Samaris sembrano poco più che tre studenti eccentrici, incappati in un bistrot qualsiasi. E pensare che in realtà, hanno girato l'Europa in lungo e largo esibendosi un po' ovunque, tra discoteche e locali. Quando chiedo a Þórður Kári Steinþórsson (computer e strumentazione elettronica) – look da hipster con tanto di camicia a quadri, jeans slim, scarpe da skater – dove abbiano suonato fino a ora, la risposta è inverosimile: "Mah... non in molti posti". Giusto un secondo dopo, Jófríður Ákadóttir e Áslaug Rún Magnúsdóttir (rispettivamente clarinetto e voce del gruppo), elencano una serie infinita di Paesi e città. Scoppiamo tutti a ridere. Non è falsa modestia, ma ingenuità: i Samaris, nati nel 2011 a Reykjavik (estremità ovest dell'Islanda, n.d.r), sono più conosciuti di quanto loro stessi non credano. 

REMIX NATURALISTICO

Se vi dicessi che due elementi del gruppo hanno studiato il clarinetto, probabilmente non riuscireste a credere che si tratti di un gruppo di elettronica. Eppure, combinando strumenti classici e basi electro, è nato uno stile imprevedibile e commovente. I loro testi sono un continuo dialogo con la natura, come avviene in Gooda Tungla, il loro brano più conosciuto. "Non sono testi nostri, ma li prendiamo dalle poesie del XIX secolo", confessa Jófríður. "Per la melodia delle voci mi sono ispirata anche a Enya e Arthur Russler", continua. Le loro composizioni però "non seguono una logica precisa"; ognuno aggiunge e toglie secondo le proprie sensazioni: un processo orizzontale che potenzialmente non trova mai fine. Come se non bastasse, hanno deciso di affidare i loro brani anche ad altri dj. Il risultato? L'album di debutto prevede tracce in versione originale e remixata. "Un modo per ampliare il nostro pubblico", dice Þórður. 

album di famiglia

"Mi emoziono quando la gente è ansiosa di sentire il nostro prossimo lavoro: amo la pressione addosso", mi confessa Jófríður. Dal canto suo Áslaug ha già deciso che in autunno partirà per l'Oriente con altri amici: "magari tornerò con le tasche piene di melodie orientali". Questi musicisti guardano talmente all'avvenire che diventa difficile rintracciare il filo rosso che li lega assieme

Rotto il ghiaccio, i Samaris decidono però di aprire il loro diario segreto: "la musica è la mia famigliamio padre è compositore mentre mia madre suonava il clarinetto. Ho anche provato il pianoforte, ma mia sorella gemella era semplicemente più brava. Mi sentivo in imbarazzo a suonare con lei", ammette Jófríður. Áslaug la incalza: "l'interesse per l’electro è nato a causa di mio fratello che, negli anni '90, riempiva la casa con linee di basso a tutto volume". L'ultimo tratto di amarcord lo disegna Þórður che addirittura "odiava la musica elettronica fino a 5 o 6 anni fa". "Sono passato dal basso, al pianoforte e alla chitarra, prima di approdare al computer e all'elettronica. Ne ho improvvisamente compreso le potenzialità, l'enorme flessibilità!", racconta.

SPENSIERATEZZA OSCURA

Jófríður e Áslaug si incontrano a scuola di musica da adolescenti ed è soltanto durante il liceo che decidono di andare oltre la classica. "Un giorno ci siamo dette: dobbiamo fare qualcosa di diverso e abbiamo chiamato Þórður. Sapevamo che aveva talento nel comporre con il computer". 

Sebbene i Samaris nascano un po' per caso, come una qualsiasi band liceale, la spensieratezza adolescenziale si infrange contro un look dark e oscuro: la copertina del loro primo EP, Hljóma Þú, raffigura il volto di un poeta senza occhi, mentre la cover dell'album omonimo, Samaris, mostra un bambino in preda a un pianto isterico. "Non c'è alcun messaggio in tutto ciò, ma chi ha creato la nostra copertina è un fan del metal", spiega Þórður, come se fosse una giustificazione.                                                                                                                                                                                                                       

Come ogni gruppo d'avanguardia che si rispetti, anche i Samaris si sottraggono quindi al gioco delle definizioni. Non appena tocco il tasto dolente, si lanciano in una presa in giro delle "etichette" che gli sono state affibbiate: "qualcuno ci ha definito come 'glacial electronica'. Ma che cavolo vuol dire?", afferma meravigliata Jófríður, mentre Áslaug e Þórður non riescono a trattenere le risate. Eppure, quando li invito a descriversi da soli sembra di gettare un osso al di là del recinto di un canile: "dreamy, atmosphere, trip hoppish, melanchonic, emotional techno!", rispondono con entusiasmo, in modo rapido e confuso.

Tra remix, spensieratezza e composizioni a sei mani  viene da chiedersi come questi tre ventenni riescano a trovare un punto d'incontro in sala di registrazione. Ma, a ben vedere, ciò che conta è che abbiano messo d'accordo critica e pubblico: dagli amanti del rock, a quelli del pop e dell’electro. Come dice Þórður: "È questa la soddisfazione più grande"

Video Credits: Thora Hilmarsdottir/youtube