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Salvare la seconda lingua comunitaria

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Le politiche linguistiche

Cari amici,

La recente politica linguistica stabilita per le scuole medie dal Ministro Gelmini, mira di fatto alla marginalizzazione dell’insegnamento della seconda lingua comunitaria dalla scuola italiana a favore della preminenza della lingua inglese.

Secondo le disposizioni previste nei recenti decreti ministeriali, infatti, a richiesta delle famiglie e compatibilmente con le disponibilità di organico e l’assenza di esubero dei docenti della seconda lingua comunitaria, è introdotto l’insegnamento potenziato dell’inglese per 5 ore settimanali complessive, utilizzando anche le ore d’insegnamento della seconda lingua comunitaria. Poiché la maggior parte degli insegnanti di seconda lingua sono assunti con contratti temporanei, il requisito dell’esubero è puramente formale e di fatto non vincolante. Inoltre, si conferma che la politica linguistica adottata va contro la libertà di scelta da parte delle famiglie, perché la prima lingua straniera, l’inglese, è imposta a tutti per decreto.

A mio avviso, si tratta di una scelta che per molte ragioni è economicamente, culturalmente e politicamente sconveniente. Non è infatti un caso che essa sia stata aspramente e apertamente criticata dal Commissario europeo per il multilinguismo, Leonard Orban.

Primo, da un punto di vista strategico ed economico, sono le competenze multilingue ad essere sempre più premiate sul mercato del lavoro. A mano a mano che la conoscenza dell’inglese si banalizza, infatti, è proprio la capacità di saper comunicare in altre lingue che garantisce un vantaggio comparato sui concorrenti. Se ne stanno rendendo conto anche il Regno Unito e gli stessi Stati Uniti. Secondo i dati di Eurydice, già oggi il 58% degli studenti europei studia almeno 2 lingue straniere nelle scuola secondaria. La politica linguistica del Ministro Gelmini, invece, seguendo dei modelli anacronistici, spinge gli studenti italiani a concentrarsi solo sull’inglese. Ma il mondo dell’economia va già in un’altra direzione.Secondo, da un punto di vista culturale, si tratta di una politica profondamente miope. Insegnare almeno i fondamenti di una seconda lingua comunitaria nella scuola media è il modo migliore per dare ai ragazzi una base su cui costruire nel tempo la propria conoscenza della lingua in questione. Chi invece non può godere di questo vantaggio avrà più timore a lanciarsi nell’apprendimento di una seconda lingua in futuro, e quindi sarà sempre più chiuso e confinato alla sola conoscenza dell’italiano e (forse) dell’inglese. Si tratta di un bagaglio di conoscenze linguistiche assolutamente insufficiente per cogliere e godere della ricchezza culturale dell’Europa e del mondo, e per capire veramente i nostri concittadini europei. È un paradosso, per esempio, che in Piemonte il francese sia lentamente abbandonato. Gli stessi paesi di lingua inglese ormai si rendono conto di essere rinchiusi in un “provincialismo” anglosassone. La politica linguistica del Ministro Gelmini, limitando l’importanza della seconda lingua comunitaria, disincentiva gli studenti ad aprirsi a nuovi orizzonti culturali.Terzo, da un punto di vista politico-diplomatico, si tratta di una politica singolarmente autolesionista. Non ci sarebbe nulla di sorprendente, infatti, se gli altri stati europei decidessero di applicare una politica linguistica simile nelle proprie scuole, rendendo opzionale lo studio dell’italiano o espungendolo direttamente dall’insieme delle lingue insegnate. La politica linguistica del Ministro Gelmini rischia di isolare politicamente l’Italia e di danneggiare l’insegnamento dell’italiano all’estero, mentre è ormai chiaro a tutti che la difesa dell’italiano passa attraverso la difesa della diversità linguistica europea.Quarto, si tratta di una politica in contrasto con i principi europei. La politica linguistica del Ministro Gelmini, infatti, invece di promuovere il pluralismo linguistico, rafforza l’egemonia della lingua inglese nell’insegnamento scolastico a danno delle altre lingue. Tutto questo è in aperta contraddizione con i principi stessi del multilinguismo sanciti dall’Unione europea.

Restano da chiarire quali siano le ragioni che hanno spinto il Ministero ad adottare una politica linguistica così controversa e per molti versi anacronistica, e resta parimenti indispensabile capire su quali analisi di politica linguistica il Ministero si è appoggiato nelle sue valutazioni.

È per questa ragione che guardiamo con favore alla manifestazione per salvare la seconda lingua comunitaria che sarà fatta a Roma, il 22 febbraio 2009 .