Salento, il teatro che viene da Odino
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Lecce. Si è appena concluso il Teatro dei Luoghi Fest, rassegna dei Cantieri Teatrali Koreja. Una compagnia teatrale che si ispira al leggendario Odin Teatret, la compagnia di esuli guidata da Eugenio Barba. Attori provenienti da storie diverse, ma tutti con lo scopo di "vivere vite sempre nuove, non solo sulle scene".
L’edizione 2012 si svolge in periferia, a Borgo Pace, sede dei Cantieri Teatrali Koreja, e vede sul palcoscenico un miscuglio di linguaggi e tradizioni teatrali, dalla Macedonia all’Inghilterra, dalla Francia alla Slovenia, con l’obiettivo di rivitalizzare la città attraverso il plurilinguismo e l’arte scenica.
Spettacolo di punta della prima parte del festival è stato “Hamlet” del Drama Theatre macedone, debutto nazionale per un capolavoro del bardo in chiave post-moderna e quasi apocalittica, dalle atmosfere inquietanti, con corpi nudi sotto vetro, attori in smoking e occhiali neri, macabra metafora di un mercato globale bulimico, ingordo di immagini, suoni, informazioni.
I Cantieri, compagnia riconosciuta come Teatro Stabile d’Innovazione, sono dal 1999 a Lecce, dove hanno recuperato un’ex fabbrica di mattoni. Il loro primo sipario si è aperto nel 1985 ad Aradeo, in una masseria fatiscente, punto d’appoggio per il loro teatro di strada. Quella è stata la prima tappa di una carriera internazionale, che continua oggi con Archeo.S, iniziativa sostenuta dal Programma di Cooperazione Transfrontaliero Ipa Adriatico, per la creazione di un teatro diffuso in tutti i paesi affacciati sull’Adriatico e la condivisione di risorse culturali comuni e palcoscenici inediti. Lo spettacolo di debutto è stato “La parola padre”, messo in scena da sei ragazze selezionate in un giro di seminari nell’Europa dell’Est, e approdato in Croazia e in Albania.
Odin Teatret, un teatro di esuli
Nomadi per vocazione, i cantieri Koreja si ispirano al leggendario Odin Teatret, un teatro di esuli concepito da un italiano della stessa area geografica, il Salento, che ha fatto della multiculturalità una regola e del miscuglio di lingue una forza. Era il 1964, quando a Oslo, Eugenio Barba, originario di Gallipoli, reduce dal teatro di Jerzy Grotowski, decise di dare forma a quel gruppuscolo di réfusés, scartati dalla Scuola Nazionale di Teatro norvegese per l’inquieta e sregolata eccentricità del proprio talento. Nacque così una drammaturgia che puntava sul solo attore, per sorvolare sulle incomprensioni linguistiche e convivere su quella straordinaria isola che non ha confini né nazionalità: il palcoscenico.
Approdato in Danimarca nel 1966, l’Odin Teatret/Nordisk Teaterlaboratorium è ufficialmente un’istituzione autonoma, ma riceve le sovvenzioni dal Ministero della Cultura norvegese e i finanziamenti del governo regionale di Hostelbro, un paesino mitteleuropeo, dal sindaco tanto lungimirante da capire come alla sua terra non fossero sufficienti solo le industrie. Proprio nella piccola cittadina danese, ogni anno si tiene la Odin Week Festival (dal 20 al 30 agosto), 10 giorni di spettacoli e incontri sul teatro di ricerca, che calamita teatranti da tutto il mondo, che giungono alla corte di Odino per “imparare ad imparare” il lavoro sul corpo dell’attore di Barba.
"Il Teatro di Odino è un eterno vagare tra i continenti"
Oggi, del teatro di Odino, fanno parte attori che arrivano da tutto il mondo, impegnati in spettacoli rappresentati in 63 nazioni e nei contesti sociali più disparati. Un approdo al teatro avvenuto per molti in maniera inaspettata, ma tutti con un solo proposito, come scrive il critico Franco Quadri, nel libro “Prediche dal Giardino” (L’Arboreto edizioni): “cambiare completamente [la sua] vita e concedersi a una vocazione totalizzante di studio e di creatività, dalla sede danese a un eterno vagare tra i continenti, senza mai smettere né di imparare né di insegnare, vivendo vite sempre nuove non solo sulle scene”. Una completa autonomia d’animo a disposizione della fantasia, per un teatro che s’ispira ai principi per la libertà di azione e di pensiero di Nietszche, indipendente da politiche e istituzioni. Un’arte libera che utilizza palcoscenici non convenzionali e subisce il fascino del teatro di strada, lo stesso che ha condotto Barba a inventare nel 1974, proprio in terra salentina, la pratica del “baratto culturale”, un manipolo di maschere, guitti e danzatori in cambio di una manciata di tradizioni culturali locali.
Lo scontro tra potere ed emarginazione
Eredi del teatro di Barba, che solo di rado ormai fa ritorno in Salento, i Cantieri Koreja hanno ripreso dai teatranti di Holstebro la curiosità verso le culture lontane, che li ha condotti in Iran, in Brasile, in Bolivia e nei Balcani. Proprio al di là dell’Adriatico, è nato “Brat”, tra gli spettacoli più intensi targati Koreja. “Brat” ha coinvolto attori professionisti e giovani rom in un rifacimento de “L’opera del mendicante” di John Gay, un metaforico scontro tra potere ed emarginazione, dove la soddisfazione maggiore, racconta Ungaro, direttore della compagnia, è stata vincere la sfida con le inibizioni dei ragazzi, discriminati e perseguitati a ogni latitudine, persuaderli a fermarsi di fronte a uno specchio per affrontare le proprie identità controverse con leggerezza, sottomessi alla sola disciplina del palcoscenico.
"Al di là dell’Adriatico, è natoBrat, tra gli spettacoli più intensi di Koreja"
Impegnata nello studio della tradizione europea alla scoperta di radici comuni e di un futuro condivisibile, Koreja ha lanciato lo scorso autunno il progetto PLOTS, insieme ai teatri di Inghilterra, Macedonia, Bulgaria e Polonia, per istituire un Centro di Ricerca Euromediterraneo per la Mobilità degli Artisti in tutta Europa e soddisfare l’esigenza delle platee internazionali di sentirsi parte di una storia comune. Ma, soprattutto, lasciare alla sola magia del teatro il compito di superare le barriere linguistiche e sociali.
Per chi è a Milano, da non perdere il prossimo appuntamento italiano con l’Odin Teatret è il seminario a cura di Roberta Carreri presso il Centro Teatro Attivo dal 10 al 14 dicembre.
Foto di copertina: © Teatro Koreja. Video: Odin Teatret/YouTube