Russia: mela marcia dell’Ue?
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Adriano FaranoIl summit Russia-Unione Europea che si apre oggi a Roma potrebbe rafforzare i rapporti tra i due giganti commerciali. Ma, mentre infuria il caso Yukos, l’Ue non deve dimenticare di lesinare critiche alla discutibile democrazia russa.
La Russia ha dato l’ennesimo morso alla sua struttura oligarchica con l’arresto di Mikhail Khodorkovsky, il magnate della ricca compagnia petrolifera Yukos. Le successive dimissioni per protesta del potentissimo capo di gabinetto di Putin, Alexander Voloshin, non hanno fatto che alimentare l’uscita di scena degli apparatchiks dell’era Eltsin a tutto vantaggio della leale cricca di San Pietroburgo rappresentata dal nuovo capo di gabinetto Dimitri Medvedev.
Anche se alcuni partner occidentali credono, come dichiarato recentemente da Lord Robertson, che “la Russia è cambiata”, gli ultimi sviluppi dimostrano quanto questa idea possa essere messa in dubbio. Quando incontrerà i russi oggi a Roma, infatti, Chris Patten è certo di menzionare il caso Yukos: come dichiarato dal portavoce della Commissione Diego Ojeda, ciò che sta succedendo oggi in Russia “è lontano anni luce da ciò che può sembrare accettabile all’Ue”. E potrebbe impedire il miglioramento della cooperazione Russia-Ue. Dopo tutto, può uno Stato dai discutibili standard democratici e economici divenire un partner affidabile per l’Ue?
Indigestione di mele...
Ma cosa sta succedendo in Russia? Le speculazioni abbondano, ma le informazioni concrete restano poche. Khodorkovsky, arrestato il 25 ottobre scorso, sostiene di essere perseguitato dal Cremlino per motive politici, ma pochi dubitano delle accuse di Putin: il magnate del petrolio sarebbe effettivamente colpevole di frode e evasione fiscale. Nel frattempo Putin spera che il caso Yukos si sgonfi lentamente. Cosa che sembra però molto improbabile. Come nota l’Economist, gli investitori occidentali hanno recepito il messaggio che “in Russia ogni tipo libertà, compresa quella d’intraprendere è un mito”.
Ma il vero crimine di Khodorkovsky è stato quello di violare la legge non scritta: nella Russia di Putin gli oligarchi possono occuparsi dei loro affari a una condizione: tenersi alla larga dalla politica. Invece l’ormai ex-oligarca ha finanziato il partito liberale Yabloko (“mela” in russo) che non ha lesinato aspre critiche alla politica cecena di Putin e al suo eufemistico concetto di “democrazia sotto tutela”. E’ probabile che non sia una coincidenza che questo arresto – forse orchestrato dal Cremlino – avvenga alla vigilia delle elezioni parlamentari di dicembre nelle quali Putin cercherà sostegni per conquistare un secondo mandato alle presidenziali di marzo 2003. Putin non era disposto a lasciar finanziare Yabloko da una compagnia che assicura quasi la metà del fabbisogno energetico russo e il 7% del PIL dell Paese.
In un sistema in cui i partiti politici sono deboli, i media repressi e il presidente gode di un potere totale, solo gli oligarchi – col loro controllo dei settori strategici dell’economia – possono sperare di minacciare la macchina del Cremlino. E’ ciò che Vladimir Putin sta adesso cercando di eliminare. Mentre la mela è contesa e semina discordia, questa politica può assicurare una certa stabilità. Ma fin quando l’embrionale democrazia russa sarà in pericolo, è certo che non porterà i suoi frutti.
E’ per questo che nel vertice di oggi, l’Ue non deve dimenticare la questione della democrazia. Come dice il proverbio, ‘la mela marcia fa marcire tutte le mele buone”.
Translated from Russia – One Apple Short of a Fruit-Bowl