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Rosso Malpelo… per le lentiggini?

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Viola Fiore

Torre di BabelePolitica

Un viaggio nelle “macchie” estive: ovvero la vergogna di avere dei segni sulla pelle.

Spesso detestate da chi le ha, le lentiggini non sono una particolarità fisica come le altre. Abbinate di frequente ai capelli rossi, sono state considerate a lungo un segno sinistro o, meno scaramanticamente, una stranezza. La letteratura lo attesta: il poeta americano E.E. Cummings, ad esempio, scriveva «if freckles were lovely...» («se le lentiggini fossero amabili»), mentre l'italiano Giovanni Verga descriveva il disgraziato e vendicativo protagonista della sua novella, Rosso Malpelo, come uno che aveva «il visaccio imbrattato di lentiggini».

Un velo di disprezzo sulle piccole macchie cutanee lo gettano anche i francesi, che hanno le “taches de rousseur” (“macchie di rossore”). I tedeschi sono un po' più pragmatici e, quando il sole in estate arriva a

riscaldarli, vedono proliferare le “Sommersprossen” (“crescite estive”). Gli spagnoli, dal canto loro, hanno fatto derivare le “pecas” dal verbo “picar” che significa “bucare” alludendo ai buchi fatti dal

piccone.

Non tutti in Europa disprezzano le lentiggini, anzi alcuni preferiscono abbinarle al cibo. Ecco che i polacchi le chiamano “piegi”, mentre la persona che le ha è un “piegus” cioè un dolce tempestato di gocce di cioccolato. Un'altra metafora culinaria la troviamo in italiano, perché il termine lentiggini deriva dal latino “lens, lentis”, che significa lente ma da cui deriva anche la parola “lenticchia”.

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