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Ritratto di Lady Queer

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Palermo

In occasione del settantesimo anniversario del suffragio universale, Cafébabel propone un ciclo di interviste in cui donne palermitane raccontano loro stesse attraverso l'impegno sociale e culturale e il rapporto instaurato con diversi ambienti della vita cittadina. Questa settimana abbiamo conversato con Tatiana Lo Iacono, direttore organizzativo del Sicilia Queer Filmfest. 

Incontrare Tatiana Lo Iacono è un piacere. Si tratta di una donna combattiva, che subito dopo l'amministrazione Cammarata, in una scena culturale quanto mai asfittica per Palermo, ereditò nel 2013 da Alessandro Rais la direzione del Sicilia Queer Filmfest, in tandem con Andrea Inzerillo, direttore artistico. Un festival ormai noto, dedicato al cinema indipendente e a tematica lgbt, con giuria, opere e ospiti internazionali. Tatiana Lo Iacono e il suo staff – il festival è molto partecipativo, anche nei suoi luoghi fisici, come il cowork Re Federico dell’associazione Clac e i Cantieri Culturali alla Zisa - sono riusciti a portare a Palermo personalità quali Eva Truffaut (figlia del famoso cineasta francese), Alain Guiraudie (Lo Sconosciuto del Lago) e Melvil Poupaud (Laurence Anyways), solo per citarne alcune. Insieme a loro e a numerosi altri artisti, hanno fatto del cinema uno strumento d'indagine della società, costruendo una rete culturale palermitana attiva contro il bigottismo, il razzismo e l'omofobia. Con la coscienza di chi sa che l'arte può essere un'arma contro molti mostri del nostro vivere contemporaneo.

Cafébabel: Com’è iniziato il tuo amore per il cinema?

Tatiana Lo Iacono: Il mio amore per il cinema è cominciato relativamente da poco tempo. Fin da piccola sono stata educata al bello, ad appassionarmi a tutto ciò che poteva essere “messo in mostra”. Galeotti furono i viaggi con i miei genitori in giro per l’Europa, dove io e mia sorella ci siamo riempite gli occhi di arte in genere, architetture, musei, belle città. Dopo la laurea in architettura, la passione per l’arte contemporanea non è tardata a venire, e da lì quella per la video arte. Il passo successivo è stato nutrire interesse per la settima arte. Quell’arte per cui provi una sindrome di Stendhal costante che si protrae a lungo nel tempo.

Cafébabel: Cosa significa “queer”? Qual è la componente più queer della tua personalità?

Tatiana Lo Iacono: Il termine Queer per me è "inclusione". Letteralmente la parola originaria dell’inglese tradizionalmente ha un significato di “eccentrico” o “insolito”. Dal tedesco ha il significato di  “trasversale”. Poco c’è da spiegare se non il fatto che "inclusione" è la parola chiave che caratterizza una componente della mia personalità, altrimenti non penso che sarei mai stata capace di organizzare un evento di tale portata, sia sociale che politica.

Cafébabel: Sono tre le caratteristiche di questo festival: è internazionale, propone nuove visioni ed è a tematica lgbt. Se invece dovessi elencare tre aspetti che caratterizzano la tua personalità?

Tatiana Lo Iacono: È sempre stato difficile parlare di me stessa, da persona timida quale sono. Tre aspetti sono già tantissimi, non saprei da dove cominciare. Ma forse sono quelli che caratterizzano la mie “tipicità” lavorative, utili all’organizzazione del festival, le caratteristiche di me che preferisco: gestione dello stress, delle difficoltà organizzative e la capacità di trovare spesso il piano B.

Cafébabel: In quanto donna, secondo te, hai avuto difficoltà specifiche agli inizi? O anche oggi?

Tatiana Lo Iacono: Non credo di avere mai avuto difficoltà “in quanto donna” né agli inizi né oggi. Non credo in genere di avere mai avuto difficoltà nel lavoro per il sol fatto di essere donna. Forse nel periodo in cui svolgevo attività subacquea da professionista ho avuto difficoltà e dei ripensamenti a riguardo, appunto perché il tipo di attività era prettamente maschile. Fare certi tipi di lavori subacquei implicava avere una forza fisica che non sempre ho creduto di avere. In generale ho sempre fatto quello che ho desiderato, arrivando più o meno al risultato auspicato (sorriso).

Cafébabel: Lavori a fianco di Andrea Inzerillo, direttore artistico. A mio avviso sei riuscita a evitare un “effetto valletta”. Secondo te come ci sei riuscita?

Tatiana Lo Iacono: Non sapevo neanche che avrei potuto esserlo, una valletta (ride). Probabilmente ci sono riuscita perché io e Andrea ci siamo presi le medesime responsabilità quando Alessandro Rais ha dovuto lasciare la direzione artistica del festival. Infatti con Andrea, la gestione è stata condivisa sia nelle gioie che nei pochissimi dolori. Le decisioni sono ponderate e prese in modo comune. Non solo con Andrea, ma la gestione del festival continua a essere del tutto associativa. Cioè l’associazione Sicilia Queer è composta da persone che sostengono e portano avanti  il festival con spirito di sacrificio volontaristico.

Cafébabel: Qual è il tuo rapporto con la città di Palermo? Ad esempio ti senti sicura o ti privi di alcune libertà in quanto donna?

Tatiana Lo Iacono: Palermo odiata e amata da sempre. Mi sento sicura sì, nonostante i costanti accadimenti estremamente gravi. Diciamo che è una città che riesco a trattare e a prendere nel verso giusto. Come tipicamente succede, durante il periodo univerisitario, l’ho odiata più che amata. Ci sono voluti però pochi anni di lontananza perché la potessi considerare una città, a tratti, molto vivibile. Il festival, insieme alla mia famiglia, è stato uno dei motivi per cui sono tornata e sono rimasta.

Cafébabel: Essere donna aiuta o ostacola nei rapporti tra un’associazione culturale, le istituzioni e la burocrazia?

Tatiana Lo Iacono: Con una attimo di “civetteria”, direi che essere donna aiuta. Anche se l’affermazione appena fatta mi fa inorridire, nonostante sia stata io a farla. Direi che aiuta la gentilezza, la pazienza (ce ne vuole tanta), la buona fede, il buon senso, quel pizzico di “scaltrezza” nel saper interpretare sia il problema che la persona che hai di fronte. Da entrambe le parti, si deve capire come aggirare l’ostacolo improvviso, pragmatismo e lucidità sono ingredienti necessari.

Cafébabel: Celebre la frase di Rita Levi Montalcini: “Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza”. Hai un commento?

Tatiana Lo Iacono: La Montalcini parla delle donne che silenziosamente, giorno dopo giorno, pensano all’atto pratico delle cose e che non hanno bisogno di grossa risonanza mediatica, perché il loro progetto di vita incida su dei cambiamenti. Questa affermazione mi fa pensare a Aung San Suu Kyi e al suo impegno politico.  

Cafébabel: Tornando un attimo alla tua vita all’estero, quali sono le città che ti sono rimaste di più nel cuore?

Tatiana Lo Iacono: Bruxelles come città estera. Venezia come città italiana. Sono state quelle che mi hanno aperto il mondo dell’arte contemporanea e della settima arte. Le due città in cui il cuore batteva ad ogni mostra vista, ad ogni film guardato, ad ogni concerto ascoltato. Sono città vetrine di un panorama culturale europeo ampio e irrinunciabile. Ma in fondo Palermo, a volte, con il contributo di tutti, sembra che sia sulla buona strada. Pensare Bruxelles in stato d’assedio è per me una ferita. Non la riesco ad immaginare così trasformata. Per me era la città rappresentativa della primavera, la città in cui era possibile un’integrazione sociale. Infatti, da buona palermitana all’estero, vivevo a Molenbeek.

Cafébabel: E guardando al futuro, come ti vedi tra 5 anni?

Tatiana Lo Iacono: Vorrei vedermi ancora appassionata e soddisfatta del mio lavoro, dei risultati ottenuti e dei miei colleghi. Circondata da affetti, anche pochissimi, ma concreti. Sono le uniche due cose che più mi interessano.

Cafébabel: Il primo consiglio che daresti a una tua ipotetica figlia?

Tatiana Lo Iacono: Cercherei di non dare dei consigli espliciti. Un po’ come hanno fatto con me i mie genitori. Mi hanno silenziosamente supportato, sempre, forse strabuzzando gli occhi all’occorenza (o qualcosa di più). Facendomi sbagliare, ma dandomi consenso implicito nel fare una cosa piuttosto che un’altra. Come si fa a non perdere le staffe? Non lo so, imparerei vivendo. Inoltre le direi semplicemente di sbranarsi il mondo per superare limiti e pregiudizi.

Cafébabel: Una donna palermitana che stimi?

Tatiana Lo Iacono: Non sono poche le donne palermitane che stimo. Per lo più parlo di coloro che lavorano nel sociale e che attraverso progetti a base culturale tentano di ricucire un territorio, quello palermitano, ferito e zoppicante. Citarne solo una sarebbe ingiusto. Ce ne sono tante, tantissime, quindi ne citerò una che non è palermitana, ma che stimo moltissimo: Giusi Nicolini, che per riuscire in quello che fa, credo appunto che il mondo se lo sbrani!