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Ritorno alla Città della Scienza: a Napoli va in fumo un pezzo d'Europa

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Politica

La notte del 4 marzo la Città della Scienza è stata distrutta da un incendio.

Tra le migliori eccellenze italiane nell’ambito della ricerca e della divulgazione scientifica, il noto Science Centre di Napoli rappresentava dagli anni Novanta un’opera innovativa fondata sul coinvolgimento generazionale che, grazie soprattutto al successo dei progetti realizzati, era riuscita ad ottenere una solida credibilità a livello internazionale. La causa dell’incendio è venuta dal mare.

Il rogo della camorra

(cc) Ilaria IzzoÈ domenica pomeriggio. Raggiungo Bagnoli in macchina. Strada facendo accendo una sigaretta, attento a tenere l’equilibrio del volante. Sprazzi di luce s’impennano sulla carreggiata. Il tragitto che porta a Via Coroglio offre squarci di paesaggio tra i più belli di Napoli, con il mare che scivola limpido sull’orizzonte del finestrino. Una mezz’oretta di viaggio. Senza l’ingolfo del traffico è facile trovare un parcheggio a due passi dalle macerie. L’intera area è circondata dal nastro del Sequestro Giudiziario. Tutti i cancelli sono chiusi. Poche persone in giro con poca voglia di commentare. Raggiungo la spiaggia, o almeno ciò che rimane di una strettissima cinghia di litorale completamente devastata dai rifiuti urbani. Solo Nisida di fronte allevia la pesantezza dello sguardo. Poi sul fondo le mura affumicate della struttura. Percorso qualche metro tra barche spezzate nella sabbia, solo una pericolante scaletta in legno separa il bagnasciuga dalla terrazzina panoramica del centro. Unico ostacolo le piantine di cactus disposte regolarmente sulla banchina. L’unica cosa rimasta ancora in ordine.

Dal portone distrutto è possibile scorgere i resti di ciò che fino a poco tempo fa era uno dei centri scientifici più importanti d’Europa. Un gruppetto di pescatori tristi commenta la vittoria del Napoli sull’Atalanta. Solo il più arzillo dei vecchietti accenna una risposta: “A camorr na vot’ er o’scuorn e Napule. Mo è o’velen rind e vene pe stà città!” (letteralmente, "La camorra una volta era la vergogna di Napoli, ora è il veleno nelle vene della città", ndr). Da lontano si sente il grattare di una gru a lavoro sul corpo esanime della Città della Scienza. Lamento metallico di ferraglie.

Parola d’ordine

“Crollano i muri, non il progetto”, le parole di Silvestrini. La parola d’ordine è una: ricostruire.

Ciò che resta della Città della Scienza sono i muri perimetrali di un’area estesa su circa 12.000 metri quadrati di cultura in cenere. La magistratura è al lavoro per individuare i responsabili di quella che è percepita come un’offesa alla dignità di tutti. Non più solo un regolamento di conti, o forse sì. La brutalità di quel potere invisibile che condiziona la realtà di tutti i giorni ha deciso di mostrarsi in tutta la sua ferocia, un gesto calcolato, preciso, curato nei minimi dettagli. Le tracce di solventi chimici ritrovate dalla perizia scientifica hanno accertato la natura dolosa dell’incendio, appiccato contemporaneamente da sei punti d’innesco. L’unica entrata possibile per un’azione così ben organizzata era proprio quella dal lato mare.

Il primo tweet di Roberto Saviano ha denunciato gli interessi della camorra nell’opera di bonifica dell’Italsider, la grande area industriale nel quartiere occidentale di Napoli ormai da tempo dismessa. Sin dagli inizi del Novecento, Bagnoli aveva, infatti, rappresentato, insieme a Piombino, uno dei punti strategici nel Mediterraneo, capaci di dotare l’Italia di grandi impianti costieri. Tra i primi in Europa, cui fecero seguito la costruzione degli impianti di Fos in Francia, Sagunto in Spagna e Eleosis in Grecia. La crisi degli anni Settanta provocò però l’arresto del settore siderurgico e lo smantellamento del progetto napoletano. Tra rimandi, speculazioni e interessi di vario tipo, l’idea di creare un polo scientifico sulla riva del mare ha rappresentato l’unica proposta seria in grado di riconvertire l’intera zona. L’intuizione visionaria di Vittorio Silvestrini, scienziato e mente del progetto, si è concretizzata a metà degli anni Novanta nella Fondazione IDIS, e nel 2001 il sogno di un’alternativa necessaria prese forma nell’inaugurazione della Città della Scienza, simbolo del riscatto di un’intera città che per anni ha intravisto nel successo dell’iniziativa un baluardo a difesa della propria redenzione quale centro d’interesse culturale a livello mondiale. Stessa iniziativa che nonostante lo sfregio sarà portata avanti con più vigore e determinazione di prima. “Crollano i muri, non il progetto”, le parole di Silvestrini. La parola d’ordine è una: ricostruire.

La solidarietà europea

La reazione napoletana non ha tardato ad arrivare, con flash mob, marce pacifiche e iniziative di protesta contro la onta della camorra. E la notizia ha subito fatto il giro del mondo: grande è stata la solidarietà della comunità scientifica internazionale. Non sarebbe potuto essere altrimenti per un progetto nominato tra le 100 eccellenze italiane nel 2010 da Eurispes. Senza dimenticare l’impegno profuso dal 2003 nella cooperazione euro-mediterranea attraverso accordi trilaterali con l’Università Al Quds e il Bloomfield Science Museum, palestinese la prima, israeliana la seconda. La più grande condanna per Napoli è stata da sempre l’errata convinzione che i suoi problemi riguardassero lei e lei soltanto. Grande è stata, invece, la solidarietà all’intera Napoli mostrata dal presidente Robert Firmhofer e la direttrice Catherine Franche del network europeo dell’ECSITE, di cui la Città ha occupato la presidenza pro-tempore dal 2007 al 2009.

Ciò che rimane dell’intera struttura è il cantiere da cui prenderà vita quella che sarebbe dovuta essere l’ultima parte del museo in costruzione, CORPOREA, un padiglione interamente dedicato allo studio del corpo umano. E il padiglione che ospita il Teatro Le Nuvole, la sala in cui generazioni di napoletani sono cresciuti nella spensieratezza di una gita scolastica. È da qui che si ripartirà. Il coraggio paziente di Napoli lo esige. Occorre ricostruire la Città della Scienza. Subito.

Foto: © Ilaria Izzo; spot © runcomunicazione/YouTube; spot ECSITE © Fondazione Città della Scienza/YouTube