Ritorno a Pristina: il Kosovo cerca ancora la sua identità
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garbSono già passati cinque anni. Il 17 febbraio 2008, nove anni dopo la fine della guerra, il Kosovo dichiarava unilateralmente l'indipendenza. A tutt'oggi, solo un centinaio di paesi – fra cui Francia e Stati Uniti – hanno riconosciuto il Kosovo come nazione. I vicini serbi, dal canto loro, continuano a rifiutare l'autorità di Pristina.
Da settembre il Kosovo ha acquisito la piena sovranità in seguito alla partenza degli osservatori internazionali, ma i Kosovari sono ancora alla ricerca di un'identità.
“Il 17 febbraio 2013 è stato un giorno importante perché ci ha permesso di riunirci, dopo tutto quello che abbiamo passato”. Affermarsi e farsi carico della propria storia è quello che vuole Resarta, che oggi ha 24 anni, ma ne aveva dieci nel periodo della guerra. Questa graziosa brunetta, originaria del nord del paese, che abbiamo incontrato davanti alla celebre scultura Newborn, è venuta fino a Pristina per celebrare il quinto anniversario dell'indipendenza del Kosovo. Vicino a lei, c'erano decine di giovani che, pennello alla mano, hanno ricoperto una per una le sette lettere che compongono il Newborn. Questo edificio, eretto nel 2008, è diventato il simbolo di questo nuovo paese, ultimo nato in Europa. La scultura, che è abitualmente gialla e coperta di graffiti, è stata ridipinta per l'occasione con i colori delle bandiere dei 98 paesi che hanno riconosciuto il Kosovo.
Il giorno dei festeggiamenti, a qualche centinaio di metri, lungo via Madre Teresa, sfilavano i militari kosovari. Poliziotti, soldati, tank, sembrava di essere sugli Champs-Elisées il 14 luglio. Solo per terra la pavimentazione, sempre incompleta, ricordava quanto c'è ancora molto da costruire. Accalcati dietro le transenne, palloncini e bandiere. Quella del Kosovo, ma anche quella del fratello maggiore albanese. “Siamo originari del Kosovo, ma la nostra nazione è l'Albania. In origine noi siamo un solo paese”, spiega Xherdan, un giornalista di 32 anni, presente tra la folla.
“Ah! Quindi sarebbero indipendenti?”
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Cinque chilometri più a Nord, a Mitrovica. In questa città vicino alla frontiera con la Serbia, culminano gli attriti fra albanesi e serbi in Kosovo. Tagliata in due dal fiume Ibar, Mitrovica, un tempo unita, è ormai divisa. Al nord la maggioranza serba proclama il proprio attaccamento a Belgrado. Per le strade, il ritratto di Tomislav Nikolic, presidente serbo, è affisso dovunque, e la maggior parte della popolazione ha apertamente manifestato il proprio disinteresse per i preprativi della festa sull'altra riva. “Ah! Dicono di essere indipendenti? A noi non importa. È un giorno qualunque”, ha commentato Arsenia.
“La repubblica del Kosovo è una realtà irrefutabile e irreversibile”
Durante l'anniversario d'indipendenza, le poche famiglie albanesi dell'enclave a nord della città hanno attraversato il ponticello in legno che passa sull'Ibar. "Lo scorso novembre ero a Tirana per i cento anni dell'Albania e il giorno dei festeggiamenti in Kosovo sono andata nella parte sud di Mitrovica. Mi dicono che sono del Kosovo, quindi per me è normale celebrare l'indipendenza del mio nuovo paese”, racconta Agron, 29 anni, con un sorriso. Altri invece non sembravano avere il cuore in festa. Erdan, ingegnere di telecomunicazioni nato a nord della città, se ne è andato da Mitrovica allo scoppio della guerra. Oggi ha abbandonato del tutto la speranza di riattraversare,un giorno o l'altro, il fiume. “Il ponte era stato costruito per riunire la città. E invece è diventato una frontiera", si lascia sfuggire, disilluso, mentre da lontano risuonano colpi di mitra.
Una festa senza fervore
Di ritorno a Pristina. Nella sala ovattata del Parlamento risuonavano le note dell'inno europeo, senza parole per rispettare le differenti minoranze del Kosovo. La presidente, Atifete Jahjaga, 37 anni, ha preso poi la parola. Questa ex agente di polizia, formata dall'FBI, è a capo del paese dal 2011, in seguito all'invalidazione dell'elezione del presidente precedente. In presenza di Bujar Nishani, il capo di Stato albanese invitato per la cerimonia, Atifete Jahjaga ha riaffermato la sua volontà di combattere la corruzione che si incancrenisce nel Kosovo. Ha evocato la Serbia, con la quale auspica migliori rapporti, ricordando che “la repubblica del Kosovo è una realtà irrefutabile e irreversibile".
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Al calar della notte, una marea umana si è riversata nuovamente verso via Madre Teresa per un concerto. Tuttavia, nonostante i vocalizzi di Vesa Luma, pop-star locale, la festa non sembrava decollare. “È difficile fare festa con tutti i problemi che ha il paese. Il 40% della popolazione è senza lavoro, nessuno mangia secondo le sue necessità”, rivela Lorik, di giorno studente, autista di taxi la notte. A Newborn si è lontani dall'euforia manifestata cinque anni fa, al momento della dichiarazione di indipendenza. Anche i fuochi d'artificio, fatti esplodere verso mezzanotte, faticavano a illuminare questa notte d'anniversario. Ergul, poco interessato ai festeggiamenti, con lo sguardo nel vuoto, confida: "Non riesco a capire se è un giorno speciale perchè quel che conta davvero per me è l'Albania. Prima ero iugoslavo, poi serbo ed ora kosovaro. Oggi non so più neanche da dove vengo".
Foto: copertina (cc) rasha/flickr; testo © Thomas Lecomte e Antoine Védeilhé; Video: (cc) ZekaYlli/YouTube
Translated from Kosovo : un joyeux anniversaire ?